Un altro muro si alza ai confini dell’Europa, dopo quello costruito dall’Ungheria al confine con la Serbia sei anni fa, dopo quello tra Estonia e Russia, tra Turchia e Grecia e tra Turchia e Bulgaria. L’ultimo annuncio arriva dalla Polonia, alle prese con la crisi dei migranti mediorientali che premono alla frontiera e che il leader bielorusso, Aleksandr Lukashenko, usa come arma per destabilizzare l’Unione Europa e per ottenere la fine delle sanzioni contro il suo regime. E invece proprio nel giorno in cui la UE approva un nuovo pacchetto di sanzioni contro funzionari, compagnie aeree e agenzie di viaggi dei flussi di migranti da Minsk, Varsavia fa sapere che i lavori per il muro partiranno a dicembre. Sarà lungo 180 chilometri, alto oltre cinque metri e per realizzarlo “verranno utilizzate le soluzioni più moderne”, per un costo di oltre 350 milioni di euro. Fine lavori previsti nella prima metà del 2022. “Gli accordi con i contraenti saranno conclusi entro il 15 dicembre”, ha comunicato il governo. “I lavori saranno eseguiti in parallelo da diverse società. In quattro sezioni, 24 ore al giorno su tre turni”, ha affermato il ministro dell’Interno polacco Mariusz Kaminski.
Tredici Stati europei hanno chiesto risorse alla Ue per potersi proteggere. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha dichiarato, aprendo uno spiraglio, che è “legalmente possibile finanziare infrastrutture per la protezione dei confini dell’Unione”. Ma la presidente della Commissione Ursula von der Leyen è stata chiara sul fatto che la decisione di non costruire barriere è di natura politica, una “posizione di lunga data” delle istituzioni europee.
Con le pressioni per il finanziamento europeo dei muri monta anche la tensione al confine tra Polonia e Bielorussia e l’indignazione per la situazione di migliaia di migranti, tra cui molti bambini, respinti dai militari e dalle forze di frontiera polacche e costretti a trascorrere ore e ore alle intemperie. Da Bruxelles l’Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri spiega: “Dobbiamo fare qualcosa e aiutarli. Non possono morire congelati nei boschi”. I governi europei sono all’opera per una de-escalation mentre la Lituania preme per una “no-fly zone” su Minsk “per tutti i voli che potrebbero portare migranti”.
Si è registrata anche una telefonata di oltre un’ora tra la cancelliera Merkel e Lukashenko. Il dittatore bielorusso ha negato la regia della crisi, aprendo all’arrivo di operatori umanitari dell’Onu, minacciando però proprio la Germania, se la Polonia non aprisse un corridoio umanitario: “Invieremo i migranti a Monaco con i nostri aerei, se necessario”. In queste ore si stanno registrando sensibili posizionamenti di truppe polacche, lituane e lettoni nei pressi del confine con la Bielorussia.