Ridurre il numero e, soprattutto, le funzioni dei deputati che rappresentano le minoranze nazionali nel parlamento di Zagabria. Questo l’obiettivo principale del referendum proposto da tre partiti della destra nazional-conservatrice e cattolica croata – U ime obitelj (Nel nome della famiglia) Neovisni za Hrvatsku (Indipendenti per la Croazia) e Most -, formazioni che, per di più, possono contare sul sostegno non troppo nascosto dell’ala più radicale dell’HDZ (l’Unione democratica croata). Il partito del premier Plenković e della presidente della Repubblica Kolinda Grabar-Kitarović è da tempo lacerato dallo scontro delle due anime che lo compongono, quella moderata del capo del governo e quella nazionalista del capo dello Stato. Con quest’ultima che appoggia apertamente la proposta referendaria.
Ma cosa prevede esattamente il referendum di riforma costituzionale? Accanto alla riduzione del numero dei parlamentari, da 150 a 120, il punto maggiormente caratterizzante è costituito dalla riduzione da 8 a 6 dei deputati rappresentanti delle minoranze nazionali. E, soprattutto, della drastica riduzione dei loro poteri. Il progetto di riforma, infatti, prevede che i rappresentanti delle minoranze nazionali non possano esprimersi in occasione del voto di fiducia o sfiducia al governo e sulla legge di bilancio. Di fatto il ruolo di questi deputati risulterebbe svuotato, finendo per relegare i rappresentanti delle minoranze nazionali ad un ruolo marginale, incapace di incidere realmente nel “gioco” politico croato.
Inutile dire che vittima di questa limitazione di poteri e competenze sarebbe anche la comunità italiana che, ad oggi, esprime un proprio deputato al parlamento di Zagabria. Sono circa 20mila i cittadini croati che, in occasione del censimento, hanno dichiarato la propria appartenenza al gruppo etnico italiano, la terza minoranza presente in Croazia dopo serbi e bosniaci. E se la comunità italiana al momento non sembra rischiare la perdita del proprio rappresentante a Zagabria, di certo non può rallegrarsi per il clima politico generale che ha accompagnato la campagna di raccolta firme a sostegno della proposta referendaria. Una campagna caratterizzata da un acceso nazionalismo e, soprattutto, dalla chiara ed evidente volontà di ridimensionare in generale il ruolo delle minoranza nazionali in Croazia. Un tema delicato cui, probabilmente, il governo di Roma ben farebbe a prestare attenzione.