Il Ministro della Difesa Guido Crosetto ha ricevuto, dopo averlo abbondantemente malmenato mediaticamente e professionalmente, il Generale Roberto Vannacci che gli aveva chiesto, come previsto dall’art. 735 del “Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare” (TUOM – D.P.R. 15 marzo 2010 n. 90), un colloquio dichiarandone il carattere privato.
Poco opportunamente e con molto cattivo gusto, però, il ministro ha pensato bene di parlarne in televisione – a “In mezz’ora” su RaiTre – riferendo in particolare di aver somministrato al generale un bel cazziatone: “Vannacci è arrivato vestito in abiti civili. Gli ho detto ‘Scusi come mai non ha la divisa?’ ‘Mi hanno detto di non metterla i miei superiori perché venivo da lei come se fosse una cosa privata e non mi hanno dato neanche il rimborso del treno. Gli ho detto no perché, quando uno chiede il rapporto con il superiore gerarchico rientra in servizio anche se lei momentaneamente non è in servizio. Quindi doveva venire con il foglio di viaggio e vestito in divisa”.
Anche stavolta il comportamento del ministro si rivela maldestro, vessatorio e fuori luogo sia nella forma che nella sostanza.
E’ una grave scorrettezza formale riferire pubblicamente, addirittura ad una platea televisiva, i rimproveri fatti ad un militare sottoposto.
Non è solo una questione di correttezza e rispetto, sempre dovuti ad un dipendente, ma anche un preciso obbligo sancito dai regolamenti militari, in particolare dall’articolo 725 (“Doveri propri dei superiori”) del citato TUOM il cui secondo comma recita:
“Il superiore deve […] in particolare:
a) rispettare nei rapporti con gli inferiori la pari dignità di tutti e informare sempre le proprie valutazioni a criteri di obiettività e giustizia;
b) evitare, di massima, di richiamare in pubblico il militare che ha mancato. Per riprenderlo, sempre se possibile, deve chiamarlo in disparte e usare, nel richiamo, forma breve ed energica, riferendosi unicamente al fatto del momento”.
Una regola fondamentale che chi ha fatto il militare impara al primo giorno di caserma e che vale per tutti, dal capo di stato maggiore al caporale di giornata, e a maggior ragione deve valere per il ministro piazzato al vertice delle Forze Armate.
Sin dall’inizio della vicenda, invece, Crosetto ha preferito dare il generale in pasto a media compiacenti, alla strumentale e virulenta cagnara politica e al branco urlante dei social.
Il problema non è solo formale. Quanto riferito dal ministro in TV fa acqua anche sul piano sostanziale.
La maldestra cazziata del ministro, che pretendeva che il generale si presentasse al suo cospetto in divisa considerandolo solo per quello tacitamente e momentaneamente riammesso in servizio, non ha nessun fondamento.
Secondo la normativa vigente non esiste e non può esistere una tacita e/o implicita riammissione in servizio per un colloquio, oltretutto di natura privata, col ministro. Sarebbe stato necessario un provvedimento formale, come è sempre d’obbligo in materia disciplinare.
L’art. 720 comma 5 lettera a) del TUOM addirittura vieta l’uso dell’uniforme ad un militare “quando è sospeso dall’impiego, dal servizio o dalle funzioni del grado”, cioè esattamente la condizione di Vannacci.
Non a caso è quello che avevano ritenuto anche i superiori del generale, che avevano infatti disposto che si presentasse dal ministro in borghese e con spese del viaggio a suo carico.
Curioso che Crosetto sollevi, senza fondamento, il problema con Vannacci ed in TV e non con i suoi superiori gerarchici nelle sedi opportune.
L’atteggiamento decisamente sopra le righe del ministro, sempre aggressivo e troppo ostentato, ha caratterizzato questa vicenda sin dall’inizio.
“Farneticazioni personali di un Generale in servizio […] che screditano l’Esercito, la Difesa e la Costituzione”, aveva tuonato il 17 agosto appena scoppiato il caso, rimuovendo rapidamente dal comando il generale, sospendendolo dal servizio senza nemmeno avere letto il libro incriminato, appiattendosi sul giudizio, fazioso e strumentale, della sinistra politica e mediatica, abilissima come sempre a manipolare i fatti e a monopolizzare i temi e toni del dibattito pubblico, che lo aveva sbrigativamente definito “razzista, omofobo e antiambientalista”.
Il solito giochino che vede la “destra” (le virgolette sono d’obbligo) sempre succube e subalterna, incapace di reagire sul piano delle idee e della dialettica per mancanza di capacità, di preparazione e di strumenti culturali.
“Il mondo al contrario” di Vannacci, in realtà, si limita a riprendere, in modo anche abbastanza semplicistico, posizioni e opinioni tutt’altro che estreme condivise dalla grande maggioranza degli elettori di destra, gli stessi che hanno votato per Giorgia Meloni e i suoi fratellini convinti che una volta al governo questi le avrebbero difese.
“Non esistono processi sommari fatti su social o media ma solo leggi e codice dell’ordinamento militare” aveva poi aggiunto il ministro un po’ paradossalmente, visto che proprio lui aveva iniziato il processo sui social e che leggi e Codice dell’Ordinamento Militare (COM -D.Lgs 15 marzo 2010, n. 66) non giustificano le sue decisioni.
L’art. 1472 del COM stabilisce infatti che: “I militari possono liberamente pubblicare loro scritti, tenere pubbliche conferenze e comunque manifestare pubblicamente il proprio pensiero, salvo che si tratti di argomenti a carattere riservato di interesse militare o di servizio per i quali deve essere ottenuta l’autorizzazione.”
Una disposizione fondamentale dell’ordinamento militare, evidentemente non del tutto chiara al ministro quando dichiarava, sempre via social, che “Ognuno può dire e pensare quello che vuole. Ma quando uno porta una divisa rappresenta lo Stato” (sottintendendo che quindi non potrebbe più dichiarare quello che vuole), dimenticando che quando, come nel caso di Vannacci, il militare si toglie la divisa, esce dalla caserma e agisce da privato cittadino – anche scrivendo un libro – rappresenta solo sé stesso e le sue opinioni la cui libera espressione è garantita, come tutti gli altri, dall’art. 21 della Costituzione di cui l’art. 1472 COI è una applicazione.
Un principio assoluto riveniente dalla legislazione sovranazionale, da quella costituzionale, dalla normativa ordinaria e dalla giurisprudenza.
Lo ha ben sintetizzato, ex multis, la sentenza 6 giugno 2023, n. 5566 del Consiglio di Stato, secondo la quale “negli ordinamenti liberali – al novero dei quali quello italiano va ascritto, quantomeno in ragione della sua adesione alle testé evocate organizzazioni e convenzioni internazionali – in linea di principio non è vietato al cittadino avere opinioni personali di qualsiasi contenuto, anche dissonante dai principi costituzionali fondanti, né esprimerle”, purché non si tratti di argomenti di carattere riservato militare o di servizio.
Applicando questo principio il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 1905 del 16 marzo 2022, aveva annullato, ad esempio, la sanzione disciplinare comminata ad un appuntato dei Carabinieri per affermazioni ritenute di stampo razzista e fascista rilasciate ad un giornalista; per lo stesso motivo poche settimane fa il T.A.R. Sicilia con la sentenza n. 2233 del 4 luglio 2023 ha giudicato leciti i commenti su politici e magistrati pubblicati da un sottufficiale dei Carabinieri sulla propria pagina Facebook ritenuti invece illeciti ed inopportuni dall’Arma che li aveva sanzionati.
Né può soccorrere il ministro l’art. 713 comma 2 del TUOM: (Doveri attinenti al grado) “[Il militare] deve astenersi, anche fuori servizio, da comportamenti che possono comunque condizionare l’esercizio delle sue funzioni, ledere il prestigio dell’istituzione cui appartiene e pregiudicare l’estraneità delle Forze Armate come tali alle competizioni politiche”, la cui formulazione, eccessivamente generica, è stata a volte utilizzata per tentare di dilatare il concetto di illecito disciplinare dei militari colpendone comportamenti privati:
In realtà, come affermano chiaramente sia la dottrina che la giurisprudenza amministrativa, essendo una norma regolamentare, quindi di “natura meramente attuativa”, non può definire autonomamente fattispecie di illecito né contraddire principi fondamentali, ma deve solo conformarsi alla sovra-ordinata legislazione di riferimento (Consiglio di Stato Sent. 12 dicembre 2017, n. 5845).
Tale essendo lo stato della questione sul piano giuridico e normativo, resta da chiedersi perchè in questa vicenda il Ministro Crosetto abbia tenuto e tenga una condotta così eccessiva e fuori luogo e la risposta non può che essere di natura politica.
L’unica colpa di Vannacci è quella di avere ed avere manifestato idee non conformi, di avere sfidato apertamente il conformismo politicamente corretto e la dittatura mediatica e sottoculturale che lo sorregge.
Un peccato mortale di questi tempi ed anche un pericolo politico per un governo insicuro ed inesperto, alle prese con problemi molto più grandi di lui, continuamente alla ricerca di legittimazione e omologazione presso l’establishment.
Non è certo un caso che la questione Vannacci veda come protagonista (negativo) un consumato galleggiatore democristiano lontanissimo dalla storia e dai valori originari (su quelli attuali meglio sorvolare) del partito che aveva stranamente contribuito a fondare.
Figlio di una tradizione politica basata sulla mediazione, sul compromesso, sul cedimento e sull’opportunismo, abituato a piacere alla gente che piace (chiunque sia), sprovvisto di solide basi ideologiche e di veri riferimenti culturali, a parte generici e superficiali richiami a moderatismo e liberalismo, quando si è trattato di scegliere tra il rispetto di un principio e di una persona e la convenienza politica del momento il ministro Crosetto non ha avuto esitazioni e si è subito schierato con la seconda.
Anzi, come quei cristiani prigionieri dei Saraceni che quando si convertivano diventavano i più fanatici nemici dei loro vecchi amici, Crosetto ha ecceduto nello zelo politicamente corretto andando oltre i limiti della correttezza e del buon gusto di modo che non ci fossero dubbi sulla sua scelta della parte “giusta”.
Il caso Vannacci è solo la spia di un problema molto più grande: iper-atlantista appiattito sugli interessi americani in politica estera, russofobo nella guerra in Ucraina, liberista e continuatore della linea Draghi in economia, inconcludente e accomodante nei rapporti con la UE, tollerante o impotente sul problema dell’immigrazione clandestina; sono molti oramai, forse troppi, i compromessi ai quali il governo di “destra” (sempre tra virgolette) ha dovuto cedere o che ha dovuto accettare ritrovandosi in posizione subalterna. E molti altri ne verranno.
Dal caso Vannacci si è tenuta ben lontana Giorgia Meloni facendo intendere, per bocca dello stesso Crosetto, di avere cose più importanti di cui occuparsi.
Basterà a non condividerne errori e responsabilità? Agli elettori di destra (ammesso che interessino ancora) l’ardua sentenza.
Per ciò che conta spero che questo governo cada al più presto non resta che anticipare gli eventi per costringere il regime allo scoperto, ormai l’unica speranza è “Muoia Sansone con tutti i filistei” purtroppo là qualità umana politica di questa gente è emersa in tutta la sua mediocrità, resta da capire (forse) se la Meloni è parte di questo disegno….