C’è uno strano odore, un misto tra puzzo di soldi e olezzo ideologico, che si espande nelle cucine dell’Europa. Proprio da noi, nel vecchio continente, quello dei sapori e dei profumi, quello delle tradizioni culinarie e dei prodotti agricoli di alta qualità.
È un odore mefitico, di quelli che prendono prima al naso e poi al cervello, perché è difficile rimanere impassibili quando l’Unione Europea decide di dare il via libera all’utilizzo degli insetti come risorsa alimentare del prossimo futuro.
La scelta è inaccettabile per un semplice motivo: non ne abbiamo alcun bisogno. Ci sono Paesi dove il consumo di insetti fa parte della tradizione, nessun problema, ma che resti una loro specifica alimentare. Da noi no. E non solo perché si tratta di un’aberrazione in termini, ma perché la vera battaglia non è inondare di insetti le nostre tavole, ma combattere gli sprechi agricoli. Educare ad una sana alimentazione non può ridursi a costringere i cittadini europei a consumare cibi culturalmente inaccettabili, ma far capire dove l’errore viene commesso.
Facciamo chiarezza. La maggior parte degli sprechi alimentari a livello mondiale è legato alle coltivazioni estensive e agli allevamenti intensivi di carne e pesce, per due fondamentali motivi.
Primo: la quantità smisurata di acqua, mais, soia e altri cereali utilizzata per l’alimentazione animale, potrebbe essere riconvertita in gran parte per l’alimentazione umana, contribuendo in maniera considerevole alla risoluzione, almeno parziale, del problema fame (e della sete) nel mondo. A questo proposito bisogna anche tenere conto del fatto che secondo il report del WWF “The global impact of food loss and waste on farms”, ogni anno vengono distrutti 1,2 milioni di tonnellate di cibo ancora prima che escano da aziende agricole e allevamenti e che 1 milione di tonnellate ca. viene gettato nell’immondizia da GDO, ristoranti e consumatori. E allora perché dovremmo mangiare insetti, quando potremmo semplicemente migliorare i nostri comportamenti dall’origine alla tavola?
Secondo: la causa principale dello spreco è la sovrapproduzione di eccedenze, ogni anno ad un aumentare di fabbisogno (vero o presunto, cioè indotto dai marketing aziendali) il relativo aumento di produzione è maggiore rispetto alle necessità e ciò comporta un progressivo aumento degli sprechi. Tutto questo si traduce in un maggiore utilizzo di risorse (che andrebbero invece destinate a scopi alimentari reali) con la triste conseguenza che buttiamo, senza rimorsi, carne e pesce nel cestino, ma consideriamo con attenzione che il nostro futuro alimentare possa essere costituito da farina di grilli e pasta con farina di larve. Su, siamo seri…
A spingere verso il consumo di insetti, oltre all’Unione Europea, è anche la Fao (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) che, anziché occuparsi di correggere tutti gli sprechi di cui sopra, non fa altro che supportare l’iperconsumo inutile di taluni prodotti e cerca di deviare le nostre abitudini alimentari a favore di cibi prodotti da Paesi (Cina e Thailandia su tutti) che non hanno alcun rispetto delle principali norme igienico sanitarie e che sono “da anni ai vertici delle classifiche per numero di allarmi alimentari” (Roberto Moncalvo, presidente Coldiretti).
La battaglia non sarà facile, perché i principali sponsor di queste politiche alimentari scellerate sono proprio quelle aziende che incentivano preoccupanti abitudini alimentari, quelle stesse aziende (colossi di livello mondiale, non le botteghe sotto casa…) che hanno fatto dell’aggressività un modus operandi sui mercati mondiali e che oggi determinano le scelte dei grandi organismi sovranazionali a suon di dollari: Coca-Cola, Mars, Nestlè, Sumitomo Chemical, Unilever…
Buon appetito.
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Il problema è che qui si mangia sempre meno e sempre più scadente, perfino i macellai piangono la contrazione degli stomaci, quindi tutto il polverone mediatico che colpevolizza la “grande produzione alimentare” (per l’80% destinata ad altri continenti) è teso unicamente allo scopo di Affondare l’Europa.
Capita quando si vuole fare i ragionieri di mercato che a forza di raschiare il fondo del barile lo si sfonda, ed è proprio la marmaglia di Bruxelles che da ormai decenni sta penalizzando i settori primari della catena economica e tutto il resto con i suoi cavillosi regolamenti studiati ad arte per far fallire tutto e tutti in nome di un “ecologismo della fame”, ovvero: cassonetti e tasche vuote salvano il mondo. Ma pare che nessuno voglia accorgersene. Punto.