Un pezzo di storia rischia di essere sradicato, cancellato, annientato dall’avanzata implacabile della moderna globalizzazione. Il celebre Caffè Giubbe Rosse di Firenze è in via di fallimento e rischia di chiudere definitivamente con tutte le sue opere d’arte ancora custodite al suo interno, e un’importantissima pagina di storia d’incalcolabile valore artistico e culturale rischia di essere brutalmente strappata per sempre dal libro della storia.

Il locale fu fondato dai fratelli tedeschi Reininghaus nel lontano 1897, all’epoca fabbricanti di birra, e il nome lo si deve alle giubbe rosse che seguendo la moda viennese del tempo, i camerieri indossavano. Dal 1913 il locale diventò il ritrovo preferito dagli artisti futuristi fiorentini, e il “Caffè” divenne così luogo d’incontro per letterati e artisti italiani e internazionali. Celebre fu la rissa tra i futuristi milanesi Carrà, Boccioni, Russolo capitanati dal fondatore del movimento Filippo Tommaso Marinetti, e i rivali fiorentini raccolti intorno alla rivista fondata da Giuseppe Prezzolini e Giovanni Papini, “La Voce”, sulle quali pagine Ardengo Soffici aveva pubblicato un articolo dove attaccava duramente i milanesi; e fu proprio Soffici a ricevere da Marinetti in persona un pugno in piena faccia che lo fece barcollare. Successivamente i due gruppi fecero amicizia e collaborarono insieme per modernizzare l’arte italiana secondo i principi del futurismo.
L’avanguardia artistica anticipò e influenzò fortemente il nascente fascismo, anche se la parte più avveniristica del movimento non trovò mai sbocco anche a causa del forte legame ideologico del regime con la tradizione rurale italica. La maggioranza dei futuristi comunque, aderirono al fascismo. Dopo la Seconda Guerra Mondiale il locale “Caffè Le Giubbe Rosse” subì vari cambiamenti di gestione, fino ad arrivare ad oggi alla sua probabile chiusura.
A dare la funesta notizia di queste ore, il movimento studentesco vicino a Fratelli d’Italia, Gioventù Nazionale e il centro sociale di destra Casaggì Firenze. All’interno del locale vi erano contenute ben 286 opere d’arte, molte di queste futuriste, che avrebbero bisogno d’essere salvate e valorizzate. A preoccuparsi della vicenda anche il capogruppo di Fratelli d’Italia in consiglio comunale Francesco Torselli, che denuncia: «A leggere le parole dei gestori dello storico caffè letterario di Piazza della Repubblica, il primo pensiero che viene in mente è che Nardella e tutta la sua giunta, a cominciare dall’assessore allo sviluppo economico e a quello ai lavori pubblici, dovrebbero avere il coraggio di rassegnare le proprie dimissioni oggi stesso, senza prolungare l’agonia di questa città a maggio del 2019. Invece, questi, mentre le Giubbe Rosse abbassavano per l’ultima volta il bandone, erano intenti a festeggiare l’approvazione di un bilancio che condanna Firenze ad altri 5 anni di cantierizzazione selvaggia, con danni irreparabili per chi lavora. Con le Giubbe Rosse se ne va uno degli ultimi angoli di fiorentinità».
Che il mondo della destra sia particolarmente sensibile al problema è comprensibile, ma l’arte è di tutti e dalle pagine di questo giornale, mi rivolgo a tutte le parti politiche e soprattutto a tutte le persone di cultura, affinché si tenti fino all’ultimo di salvare il salvabile. Probabilmente una battaglia persa in partenza, perché, laddove non hanno potuto le guerre e altre avversità, può riuscire la tirannide della globalizzazione modernista, dove tecnica e finanza sono innalzate come unici valori di riferimento, magari per lasciar spazio agli usuali negozi appariscenti multinazionali.
Barbarie. E così paradossalmente, il futurismo che era l’esaltazione della macchina e della modernità, rischia di essere considerato d’improvviso, un’arcaica testimonianza di una tradizione d’archiviare in nome di un futuro ben meno idealistico e decisamente più cinico di quello immaginato dai profeti dell’avanguardia artistica.