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Dagospia racconta il licenziamento di Belpietro. Su ordine di Verdini e Renzi

di Redazione
18 Maggio 2016
in Rassegna Stampa
4
Dagospia racconta il licenziamento di Belpietro. Su ordine di Verdini e Renzi
       

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 Altro che pranzetto al Baretto di Milano come peraltro Dago aveva anticipato, era il de profundis per Maurizio Belpietro quello celebrato a Milano tra Antonio Angelucci, parlamentare ondivago nel centrodestra ed editore di Libero, Vittorio Feltri, che ci siamo persi quante volte abbia fatto il tour Libero Giornale negli ultimi anni. Mancava il terzo convitato, di vera pietra, ovvero Denis Verdini, che con loro aveva concordato col piglio del leader che Libero s’ha da fare nuovo, e renziano, perché il referendum fa paura al premier, e giornali ossequienti non ce ne sono abbastanza per PittiBullo, soprattutto a destra, essendo ‘’il Foglio’’ fiancheggiatore del renzismo senza limitismo ma poco venduto.

E Verdini era latitante perché il suo compito lo aveva già portato a termine: alcuni giorni fa il “macellaio toscano” aveva messo intorno a un tavolo Antonio Angelucci e Renzi. Con il premier cazzone che aveva tuonato la qualsiasi contro il quotidiano diretto da Belpietro, a partire dagli attacchi sullo scandalo di Banca Etruria (cosa che in vista del voto amministrativo e poi del referendum, lo angoscia giorno e notte).

Da quel summit era partita la decisione di tagliare la testa di Belpietro. Anche perché, dall’altra parte, c’era un Berlusconi che non apprezzava per nulla la linea del quotidiano meneghino tutto mirata a portare in trionfo ogni giorno in prima pagina le gesta del duplex Salvini & Meloni, ribelli al diktat del Banana di puntare tutto su Marchini.

Quindi Belpietro preso tra due fuochi, Renzi e Berlusconi, è stato in sostanza licenziato dal suo editore. Aggiungere che domenica scorsa brillava sulla prima pagina del quotidiano di Angelucci, proprietario di cliniche varie in convenzione con il Ministero della Salute, un articolo sferzante di Giancarlo Perna che illustrava le doti di trasformismo e arrembaggio, della ministra Beatrice Lorenzin, “la Meg Ryan che ama Renzi e odia Padoan” che siede al vertice del ministero.

Perché Forza Italia avrebbe chiesto a Belpietro un bell’attacco alla ministra, che finirà coll’essere catalogato come il canto del cigno di Belpietro? Perché il vero problema a Roma di Arfio Marchini sta nel rapporto con Ncd, voti utili non si sa quanti, problemi, anzi cazzi, molti. Marchini l’ha capito a sue spese, il suo capolista, Onorato, ha rischiato anche le botte, i rapporti con una parte del gruppo alfaniano sono freddi, neanche buongiorno e buonasera, e tutto riconduce al ministro della Salute, che sembra guardare più al Pd che al suo partito, che ha litigato praticamente con tutti.

Fatto fuori Belpietro, accontentata Beatroce, Feltri e compagni si preparano a non potersi non dire renziani. Ma soprattutto verdiniani. La redazione di ‘’Libero’’ è allibita, aveva già fatto un comunicato duro contro il fondatore, un tempo molto amato, ora diventato una vera sanguisuga agli occhi di chi stringe la cinghia da anni, vive in regime di assistenza statale, è costretto ogni due mesi a ferie forzate e non pagate.

Maria Giulia Monella per Dagospia, 18 maggio 2016

Tags: Banca EtruriaBeatrice LorenzinBerlusconiDagospiaDenis VerdiniLibero quotidianomass mediaMaurizio BelpietroPartito DemocraticoVittorio Feltri
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Commenti 4

  1. ego2 says:
    6 anni fa

    Che ne penso? Penso che è uno schifo. Ritengo che il quotidiano “Libero” dovrà cambiare nome.

    Rispondi
  2. ferdinando says:
    6 anni fa

    Mi dispiace ma va a finire che non compro piu’Libero

    Rispondi
  3. giuseppina cassani says:
    6 anni fa

    Penso che un giornale abbia bisogno di vendere e che i lettori di Libero non siano coglioni,come qualcuno pensa.Non compreremo più il giornale,così Libero finirà come Il Corriere della Sera.

    Rispondi
  4. Amedeo says:
    6 anni fa

    La libertà di stampa non esiste più. Chi non si vende ai padroni di turno, si fa tacere.

    Rispondi

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