Dai fumetti delle sorelle Giussani, già portati sullo schermo da Mario Bava nel 1968. L’alta società di Clerville (la Milano – piazza Missori e dintorni – degli anni ’60) vive nel terrore di Diabolik, ladro dall’identità misteriosa che armato di pugnale, tuta aderente nera, Jaguar (anch’essa nera) e maschere ne depreda i tesori più ricchi, senza avere alcuno scrupolo nell’uccidere chiunque rappresenti un ostacolo. L’arrivo a Clerville di Eva Kant, vedova dal fascino superbo, attira l’attenzione di Diabolik – sulle tracce del Diamante Rosa, gioiello che lady Eva porta con sé, e attratto da costei – e del viscido Caron, viceministro che prova a legare a sé Eva Kant (soltanto una delle vittime della sua rete di ricatti) con le prove dei suoi trascorsi nei night club e di una truffa ai danni del defunto marito. Sia a Clerville che a Ghenf (il porto di Trieste) il superladro è braccato dal suo degno avversario, l’ispettore Ginko.
Il cuore del film è Miriam Leone – bravura notevole, grande carisma e bellezza annichilente – nel ruolo di Eva Kant. L’impassibile Luca Marinelli rende l’inumanità di Diabolik. Sprecata Serena Rossi, ridotta in un ruolo (Elisabeth, la moglie succube e nevrotica di Walter Dorian alias Diabolik) troppo piccolo per lei. Vanessa Scalera, nota al pubblico televisivo per la fiction Rai “Imma Tataranni”, è la segretaria maneggiona di Caron; Claudia Gerini è la finta signora Morel (Eva Kant mascherata); Daniela Piperno (caratterista spesso al fianco di Checco Zalone) è la direttrice della banca di Ghenf. Roberto Citran è il direttore dell’Hotel Excelsior, Pier Giorgio Bellocchio è l’agente Palmer, spalla di Ginko. Valerio Mastandrea (Ginko) è sempre identico a se stesso; inaccettabile la prova di Alessandro Roja (Caron). Brutte le due canzoni di Manuel Agnelli per i titoli.
Prima ancora che il film (accompagnato da un volume a fumetti, con 128 tavole a colori ispirate alle foto di scena) uscisse al cinema, sono cominciate le riprese del primo di due sequel, con Marinelli sostituito dall’italo-canadese Giacomo Keaton Gianniotti.
I fratelli Antonio e Marco Manetti, il cui maggior successo resta il geniale telefilm “L’ispettore Coliandro” (con l’ottimo Giampaolo Morelli nei panni d’un poliziotto ossessionato da Clint Eastwood e che, pur incompetente e imbranato, in una Bologna che sembra l’anticamera dell’Inferno sconfigge criminali temibilissimi e conquista la bellona di turno), coronano le loro escursioni nell’immaginario pop: dalla cinefilia (“Zora la vampira” e, appunto, “Coliandro”) alla scena neomelodica (“Song’e Napule”, “Ammore e malavita”) approdano al fumetto. Alla leggerezza dei riferimenti che affollano il loro immaginario fa da contraltare la lentezza per la quale il film è stato, piuttosto legittimamente, criticato.
Si simpatizza, non tanto per il sociopatico Diabolik, quanto per la sua amante: dotata di gran carattere, e contrapposta al bieco Caron. Ottima la resa delle atmosfere del fumetto “vintage”, tra avventure un po’ infantili e crudezza.