Tra cazzeggio e goliardia prosegue a tutto vapore la sagra della sardina. Per la verità il pesce che i simpatici ragazzotti hanno scelto per identificarsi non sembra particolarmente azzeccato. La sardina in fondo è un pesce modesto e sostanzioso, ricco di nutrimento e vitamine ma povero di apparenza, alimento molto apprezzato in epoche caratterizzate da modestia e povertà ma irrimediabilmente fuori moda in un tempo in cui prevalgono benessere, apparenza e superficialità.
In realtà per l’ immaginario movimento, che sta intasando più i media e i cervelli politicamente corretti che la vera politica, sarebbe più adatta un’altra immagine: quella della mongolfiera, cioè un grosso pallone, vistoso e colorato, fatto di materiale sottilissimo e leggerissimo, pieno solo di aria, quindi vuoto, che si solleva solo perché qualcuno, nel nostro caso il conformismo dei media asserviti e il solito vecchio baraccone politico-intellettuale, si prende la briga di riscaldare, o meglio friggere, l’aria che contiene.
Ben sapendo che non appena l’aria fritta che lo tiene in aria verrà a mancare il pallone smetterà di svolazzare e si affloscerà schiantandosi a terra come un sasso. Per ora il riscaldamento forzato del vuoto pneumatico delle pseudo sardine è in pieno svolgimento e inverosimili sondaggi prêt-à-porter spacciati da giornaloni compiacenti vorrebbero farci credere che un italiano su quattro, quindi una percentuale del 25% al momento seconda solo alla Lega, si riconosce nell’aria fritta del movimento e sarebbe pronto a votarlo.
In effetti se c’è una cosa che l’epopea tragicomica dei grillini ha dimostrato è che oramai tutto è possibile per tutti, basta cogliere l’attimo, farsi furbi e sapersi muovere; nel caos generale un futuro se non da piccolo Di Maio almeno da piccolo Toninelli è oramai alla portata di tutti. Un pensiero che, al di là delle dichiarazioni di facciata, avrà sicuramente fatto il leaderino dei pescetti che fino a poche settimane fa si dibatteva nell’anonimato e nella precarietà, tra articoli per riviste on line e l’attività di istruttore di frisbee, e ora colpito da fama improvvisa si ritrova al centro della (cattiva) politica italiana, conteso come una rockstar da talk show e notiziari.
A rigor di logica, se la logica avesse ancora un valore, in una situazione sociale difficile come la nostra un movimento giovanile di protesta dovrebbe avere a cuore il futuro e la condizione dei suoi aderenti, rivendicare i propri diritti ed avere come bersaglio il potere costituito, politico, economico, culturale che ne ostacola le legittima aspirazioni.
Invece il verbo rumorosamente annunciato all’umanità dal capo sardina è solo un misero campionario di banalità vuote e inconsistenti, solide come un gelato sotto il sole di agosto:
1. Pretendiamo che chi è stato eletto vada nelle sedi istituzionali a lavorare.
2. Pretendiamo che chiunque ricopra la carica di ministro comunichi solamente nei canali istituzionali.
3. Pretendiamo trasparenza dell’uso che la politica fa dei social network.
4. Pretendiamo che il mondo dell’informazione traduca tutto questo nostro sforzo in messaggi fedeli ai fatti.
5. Pretendiamo che la violenza venga esclusa dai toni della politica in ogni sua forma. La violenza verbale venga equiparata a quella fisica.
6. Chiediamo che il decreto sicurezza venga abrogato.
In pratica una sequenza di pretese inutili e infantili, che più che altro riprendono pappagallescamente i più triti e ritriti slogan della propaganda anti Salvini, un superficiale fiancheggiamento della peggiore vulgata pidiota senza il minimo accenno a questioni serie e concrete né a problemi reali e neppure a proposte utili a qualcosa o a qualcuno, salvo forse l’appoggio allo ius soli.
In realtà invece di pomparli come una mongolfiera, bisognerebbe spiegare ai pesciolini che se detestano il modo di fare politica del leader dell’opposizione non c’è bisogno di ingombrare le piazze con carnevalate fuori luogo e fuori tempo, basterebbe invece votare contro di lui, senza “pretendere” (il verbo è alquanto sintomatico) di costringerlo a comportarsi come vogliono loro. Fedele alla propria insulsa tradizione la compagnia di giro dell’intellighenzia progressista si sdilinquisce dietro a queste stupidaggini spiegandoci, come fa una giornalista di Repubblica, che “Pretendiamo dalle sardine risposte che non possono dare. Non sono nate per questo. Sono la gigantesca domanda di un’altra politica. Sono un No finalmente urlato al razzismo, alla grettezza, al qualunquismo. Una domanda e un No che la politica farebbe bene ad ascoltare“.
Interpretazione bizzarra e alquanto paradossale, visto che non si vede cosa ci sia da ascoltare e con quale altro termine (educato) se non “qualunquista” si possa definire la sbobba sotto culturale al gusto di sardina. Molto meglio, piuttosto, la spiegazione di Marco Travaglio che senza inutili giri di parole spiega perfettamente a cosa servano veramente le sardine: “Siccome la politica è anche e soprattutto comunicazione, l’unica buona notizia dell’ultimo paio di mesi sono le piazze piene di sardine. Che saranno pure debolucce sui contenuti, ma una cosa chiara e semplice la dicono: no alla Lega di Salvini.”
Certo, i precedenti di (pseudo) movimenti di piazza che protestano contro l’opposizione per puntellare i governi o i detentori del potere non sono molto rassicuranti. Accade di solito in luoghi e situazioni poco raccomandabili, come nella Romania ai tempi di Ceausescu con i famosi minatori della valle di Jiu e oggi nel Venezuela di Maduro o anche nell’Iran khomeinista, tutti posti nei quali mettere in piedi proteste “popolari” per far tacere anche con le cattive il dissenso è una pratica abituale.
Fortunatamente siamo in Italia e anche frasi di per sé inquietanti come “grazie ai nostri padri e nonni avete il diritto di parola, ma non avete il diritto di avere qualcuno che vi stia ad ascoltare” qui più che preoccupare fanno ridere, sono solo una battuta del copione di una sceneggiata, di una farsa, di una parodia, una manifestazione dell’eterna commedia all’italiana, indicatore solo dell’inconsistenza culturale, dell’ingenuità e dell’infantilismo di chi le pronuncia e della malafede di chi le spaccia come dichiarazioni politiche serie. Presto sapremo se, ancora una volta, si avvererà la vecchia massima di Pietro Nenni: piazze piene e urne vuote.