Insieme a Detroit, vi è un’altra città che simboleggia il declino americano e il fallimento delle politiche sociali e industriali democratiche: questa città è St. Louis. Iniziamo col dire che St. Louis è stata inserita fra le dieci città più violente del mondo tenendo conto del tasso di omicidi commessi nel 2019: 64,5 ogni 100.000 abitanti. Per fare un semplice confronto, Città del Guatemala si ferma a 43,5. Questo non è un buon biglietto da visita ed è davvero difficile da contestare, trattandosi di un dato oggettivo che riguarda la sicurezza dei cittadini. Stan Kroenke, proprietario dei Los Angeles Rams, squadra professionistica di football americano che per venti anni (1995-2015) ha avuto St. Louis come sede, giustificando l’addio alla città, ha dichiarato: “St. Louis sta lottando, ma è in ritardo e continuerà a rimanere indietro, molto indietro”. Come possiamo dargli torto?
Rispetto alle altre grandi aree metropolitane degli USA, St. Louis è quella che ha perso più terreno di tutte negli ultimi anni. L’occupazione non dà alcun segno di ripresa, la popolazione si è ridotta vertiginosamente rispetto ai decenni precedenti e non vengono effettuati interventi sulle infrastrutture da molto tempo, nonostante i milioni di dollari dei contribuenti destinati agli “aggiornamenti strutturali della città”. Il reddito pro-capite dell’area metropolitana è sceso al 77% rispetto a quello di New York, mentre nel 1980 era circa al 90%. Questa disfatta non può essere solo un problema di recessione industriale, la spiegazione è molto più ampia e riguarda le politiche sociali ed economiche complessive dal dopoguerra ad oggi. I politici nazionali, ma ancor più quelli locali, hanno avallato politiche di acquisizione aggressive da parte dei colossi finanziari che hanno depredato la città di siti produttivi e aziende fiorenti, trasformando il tessuto imprenditoriale della zona in un deserto privo di qualsiasi attrattiva.
Nel 1900 la popolazione era di 575.000 abitanti, facendone la quarta città più grande della nazione. Questo grazie alla sua posizione centrale nel Paese, vicino alla confluenza di due fiumi come Missouri e Mississippi, che avevano contribuito ad attirare una presenza industriale e mercantile di primario livello. St. Louis ha progressivamente visto nascere industrie e società commerciali di ogni tipo, grandezza e potenza, donando alla città un’aura quasi magica tanto che il giornalista L.U. Reavis la definì “la futura città imperiale del mondo”.
Oltre a ciò una serie di strumenti politici favorì il fiorire dell’economia locale: il Federal Reserve Act del 1913 (sul sistema bancario), il McFadden Act del 1927, il Packers and Stockyards del 1921 (industria alimentare), il Wheeler-Rayburn Act del 1935 (elettricità, gas, acqua), il Robinson-Patman Act del 1936 (piccoli rivenditori), il Miller-Tydings Act del 1937 (prezzi/prodotti) e il Celler-Kefauver Act del 1950 (anti monopoli). Queste leggi consentirono lo sviluppo di ogni settore, senza che vi fosse possibilità di dover cedere alle grandi multinazionali. Nel 1970, il reddito pro-capite dei cittadini di St. Louis era superiore a quello di New York dell’85% circa.
Poi il disastro: alla fine degli anni ’70 i politici hanno silenziosamente ribaltato tutte le leggi anti-monopolio e “riaperto la caccia”. A titolo esemplificativo nel 1978 il presidente Jimmy Carter firmò l’Airline Deregulation Act: TWA (con sede a St. Louis) acquista OZARK (St. Louis), American Airlines (Forth Worth, Texas) acquista TWA. Risultato finale: compagnie aeree, traffico civile e commerciale ed occupazione spariscono. E via così, in ogni settore dell’economia. Tra il 1980 e il 1985, sessantadue società Fortune 500 lasciano la città.
Oggi St. Louis conta purtroppo soli 300.000 abitanti che dal 1949 ad oggi hanno avuto solo ed esclusivamente sindaci democratici. L’attuale sindaco, Tishaura Jones, è lo specchio dell’incompetenza dei politici locali che si sono susseguiti alla guida di questa realtà, un tempo eccellenza dell’economia a stelle e strisce. Figlia di un revisore dei conti pubblici condannato per frode, rispondendo al maggior quotidiano della città (St. Louis Post-Dispatch) sui precedenti del padre ha risposto: “nessuna società è perfettamente pulita”, accusando poi i giornalisti di essere razzisti e sessisti (?!). Il suo curriculum vitae è esemplificativo: dopo la laurea breve in scienze, apre un ristorante e dichiara fallimento, diventa infermiera e fa tirocinio per due anni. Nel 2002 inizia la carriera politica nel Partito Democratico diventando membro della Camera dei Rappresentanti del Missouri e successivamente Tesoriere di St. Louis (fatto assai curioso per la figlia di un condannato per frode e con un fallimento finanziario alle spalle). Forse la città avrebbe davvero bisogno più che mai di reale competenza economica e di una seria pianificazione per lo sviluppo industriale e commerciale. Criminalità e povertà viaggiano sempre in parallelo.