Sono mesi oramai che il prof. Galli della Loggia ronza intorno alla destra di FDI invocando, con le argomentazioni più varie, la sua trasformazione in un partito “perbene” – moderato, europeista, liberale, conservatore, atlantista – presentabile nei salotti e capace di stare politicamente a tavola senza fare rutti o mangiare con le mani come fanno gli odiati buzzurri populisti.
Quello della destra che piace alla gente che piace è un vecchio e consunto ritornello, lo intonava già Indro Montanelli negli anni ’70, che riemerge periodicamente quando le condizioni politiche lo richiedono, cioè quando la destra cresce e rischia di andare al governo. In questi casi spuntano sempre zelanti esaminatori che pretendono di verificare l’idoneità della destra ad accedere al potere valutandone le intenzioni sulla base di un parametro ben preciso e sempre uguale: il pedigree antifascista.
Una questione che in teoria avrebbe dovuto essere superata, almeno nelle intenzioni di chi allora promosse trionfalmente l’operazione, con la svolta di Fiuggi e che invece 25 anni dopo si ripresenta puntualmente e sempre uguale, a dimostrazione del fallimento di quel tentativo di adeguarsi a modelli omologati e politicamente corretti e dell’inutilità di tutti i successivi e ricorrenti episodi di subalternità al conformismo dominante.
Galli della Loggia aveva già dato qualche settimana fa una sua personale interpretazione, invero alquanto singolare, della pregiudiziale antifascista che FDI dovrebbe superare per legittimare con l’imprimatur della presentabilità democratica la sua crescita politica (virtuale).
Un problema che per Guido Crosetto, da buon vecchio e duttile galleggiatore democristiano, non si pone: “FdI nulla ha a che fare col fascismo. Siamo un partito nuovo. Non c’è nessuno, qui, che pensa che il fascismo possa essere punto di riferimento cultural-politico […] nessuno ha mai accettato coinvolgimenti con estremisti”.
L’illustre editorialista del Corrierone, però, non la pensa così ed è perciò tornato sul tema prendendo spunto dalle elezioni francesi e dalle vicende di Marine Le Pen per poi, però, sbandare malamente producendosi in una performance alquanto grottesca e sicuramente ridicola.
Ma andiamo con ordine. Seguendo il suo collega Antonio Polito, Galli della Loggia si rallegra per il recente risultato delle elezioni amministrative francesi interpretandole come una sconfitta del bieco “populismo”, visto come una specie di internazionale nera, un terribile fantasma che si aggira per l’Europa minacciando la buona e ragionevole politica dei partiti omologati.
Troppo concentrati sul dito, e su una narrazione superficiale e rassicurante, i due commentatori non si sono accorti della Luna, cioè del vero problema saltato fuori al di là delle Alpi: l’astensione record che nei due turni ha portato alle urne meno di un terzo degli elettori dei quali solo un misero 7% si è espresso a favore del partito del presidente in carica, già idolo dei liberisti-europeisti di casa nostra.
Dovrebbe essere questo l’oggetto di una seria riflessione sulle elezioni in Francia, un paese per mesi in rivolta per questioni sociali i cui elettori, evidentemente, non si riconoscono più in un sistema politico bloccato e scarsamente rappresentativo.
Per Galli della Loggia, invece, l’unico dato rilevante è la sconfitta della Le Pen (che ha certamente commesso errori) dovuta al suo populismo antieuropeo e, udite udite, alle sue simpatie per la collaborazione petainista (tralasciamo qui la superficialità del riferimento storico) che assimilano ipso facto la sua situazione a quella della destra italiana che, secondo il professore, avrebbe lo stesso identico problema col Fascismo.
La lezioncina che Galli della Loggia impartisce alla Meloni è quindi molto semplice, addirittura banale: se non vuole fare la fine della Le Pen Giorgia Meloni deve subito fare abiura e pubblica professione di fede antifascista, magari non quella sguaiata degli estremisti antifascisti con la bava alla bocca, ma almeno quella colta e ragionevole degli intellettuali liberali come lui: “l’alleanza con il nazismo e le leggi razziali, l’aggressione bellica a mezzo mondo e poi Salò, hanno reso la vittoria alleata del 1945 un evento, per quanto anche pieno di dolore, per noi fortunato e positivo. Anche perché senza una tale vittoria — particolare non proprio insignificante — non esisterebbero neppure la stessa Repubblica e il suo regime democratico. Fino a quando un partito che ambisce a guidare il Paese può continuare a non esprimersi nel modo che ho detto su questo punto?” declama il professore.
Il quale, però, ad un certo punto perde il contatto con la realtà e si lancia a corpo morto in una incredibile ed assurda esternazione.
Perché la conversione alla fede antifascista sia credibile occorrono fatti concreti ed ecco allora la geniale trovata: “Basterebbe che al prossimo comizio lei [cioè Giorgia Meloni ndr] preghi qualche decina di suoi giovani iscritti di tenersi pronti, e appena arrivano quelli di Forza Nuova o di Casapound li mandino via. Come immagino che ahimè sarebbe sicuramente il caso nel modo più convincente: a botte. Le assicuro che una cosa del genere avrebbe un effetto politico assai superiore a qualsiasi dichiarazione o ricostruzione storica”.
Da non credere: FDI dovrebbe quindi sottoporsi ad una specie di violento rito di iniziazione antifascista e la Meloni dovrebbe ordinare ai suoi di prendere a botte i militanti di Casapound o Forza Nuova che dovessero (chissà perché) presentarsi ad un suo comizio.
Così grazie al potere catartico della violenza in nome dell’antifascismo, evidentemente legittima e sacrosanta (siamo tutto sommato all’ingresso del tunnel in fondo al quale c’è il vecchio uccidere un fascista non è un reato), FDI sarebbe mondato di ogni peccato e potrebbe finalmente sedersi a tavola con la democratica gente perbene.
Affermazioni ridicole e assurde, oltre che fuori dalla realtà, che lasciano basiti soprattutto perché provenienti non dal solito fanatico dell’ANPI ma da un commentatore solitamente serio ed equilibrato.
Casapound e Forza Nuova sono realtà piccole o/e marginali sul piano politico e nulla hanno mai avuto a che fare, per reciproco rifiuto, con FDI. Non si capisce, perciò, per quale motivo e a quale titolo dovrebbero frequentare i comizi della Meloni, da loro sempre snobbata con antipatia cordialmente ricambiata. Pare di capire che Galli della Loggia invochi un gesto simbolico (ma violento) contro quelli che la volgare e superficiale narrazione di questi ultimi tempi ha strumentalmente dipinto come pericolosi nemici pubblici della democrazia ben al di là della loro reale consistenza ideologica, del loro effettivo peso politico e, soprattutto, delle loro azioni.
In pratica con qualche bastonata ben diretta al “giusto” bersaglio FDI conquisterebbe una invidiabile ed utilissima verginità politica, un po’ come i prigionieri convertiti dei pirati saraceni che erano chiamati a dare prova della loro nuova fede accanendosi crudelmente contro i loro ex compagni di sventura. Un approccio squinternato e senza senso che forse solo il caldo di questi giorni può spiegare.
Caro il mio professore, deve andare a zappare i pomodori. Una sx pericolosa per se e per tutto il popolo. Ormai radicati sulle lore poltrone dorate lontani anni luce dai problemi del popolo, e non avendo argomenti se non ddl zan e jus soli continua a decantare chi non è con noi è fascista. Le ribadisco vada a zappare le verze