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Dibattito/ Afghanistan: ripensare la missione o ritirarsi

di Dario Macchi
10 Giugno 2013
in Home
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Dibattito/ Afghanistan: ripensare la missione o ritirarsi
       

 “La missione in Afghanistan è da ripensare, lasciamo questo teatro di guerra”. Così Roberto Maroni, Presidente di Regione Lombardia in un’ intervista a Maria Latella su Sky. Ma basta dare uno sguardo a come i nostri ragazzi hanno perso la vita e agli obiettivi, che non sembrano certo raggiunti, per capire che non basta più giustificare una presenza solo per salvare gli accordi internazionali.  Un sito molto ben informato sui problemi della Difesa e sull’attività dei militari in Missione “Congedati Folgore” ha pubblicato questa tabella, terribile ma che serve a capire quello che alcuni fessi continuano a chiamare “missioni di pace”, gente peggio dei pacifisti, perché non è vero: in Afghanistan siamo in guerra con una parte di un paese che non ci vuole, non vuole gli italiani non in quanto tali, ma i soldati stranieri a casa loro.

Il Capitano La Rosa è la prima vittima del 2013. L’ultima risale al 25 ottobre scorso, il caporale Tiziano Chierotti, morto in uno scontro a fuoco a Bakwa, nella provincia di Herat, nel corso di un’operazione congiunta della Task Force South Eastcon.
2004: Il 3 ottobre del 2004 un mezzo su cui viaggiavano 5 soldati esce di strada e uccide il caporal maggiore Giovanni Bruno, mentre gli altri 4 militari restano feriti.
2005: Il 3 febbraio del 2005 un velivolo civile precipita a 60 km a sud-est della capitale: a bordo perde la vita il capitano di vascello Bruno Vianini. L’11 ottobre dello stesso anno a causa di un incidente perde la vita il caporal maggiore Michele Sanfilippo.
2006: Il 5 maggio del 2006 a seguito dell’esplosione di un ordigno perdono la vita il capitano Manuel Fiorito e il maresciallo capo Luca Polsinelli. Il 2 luglio il colonnello Carlo Liguori muore per un malore. Il 20 settembre perde la vita in un incidente stradale a Kaboul il caporal maggiore Giuseppe Orlando. Il 26 dello stesso mese a seguito dell’esplosione di un ordigno al passaggio di una pattuglia del Contingente perde la vita il caporalmaggiore capo scelto Giorgio Langella e successivamente il caporal maggiore Vincenzo Cardella.
2007: Il 24 settembre del 2007 viene ferito mortalmente l’agente del Sismi Lorenzo D’Auria, che morirà il 4 ottobre. Il 24 novembre un kamikaze si fa saltare in aria a Pagman, uccidendo il maresciallo capo Daniele Paladini.
2008: Il 13 febbraio 2008, durante un attentato nella valle di Uzeebin, muore il maresciallo Giovanni Pezzulo e rimane ferito il maresciallo Enrico Mercuri. Il 21 settembre, a causa di un malore, muore a Herat il caporal maggiore Alessandro Caroppo.
2009: Il 15 gennaio del 2009 muore per arresto cardiocircolatorio il maresciallo Arnaldo Forcucci. Il 14 luglio un attentato costa la vita al caporalmaggiore guastatore paracadutista Alessandro Di Lisio. Il 17 settembre un attentato suicida nella capitale uccide sei paracadutisti della Folgore: Antonio Fortunato, Matteo Mureddu, Davide Ricchiuto, Massimiliano Randino, Roberto Valente e Gian Domenico Pistonami.
Il 15 ottobre in uno spostamento notturno si ribalta un Lince, uccidendo il caporal maggiore ranger alpino paracadutista Rosario Ponziano.

2010: Il 26 febbraio Pietro Antonio Colazzo, un funzionario dell’Agenzia di informazione e sicurezza esterna, perde la vita in una attentato suicida a Kaboul. Il 17 maggio un veicolo blindato salta in aria su un ordigno uccidendo il sergente Massimiliano Ramadù e il caporal maggiore Luigi Pascanzio. Il 23 giugno il caporal maggiore Francesco Saverio Positano perde la vita per un forte trauma cranico. Il 25 luglio Marco Callegaro, di stanza a Kaboul, si suicida con un colpo d’arma da fuoco. Il 28 luglio l’esplosione di un ordigno improvvisato provoca la morte di due specialisti del Genio, Mauro Gigli e Pierdavide De Cillis. Il 17 settembre nella provincia di Farah muore l’incursore paracadutista della Folgore tenente Alessandro Romani in un attentato.Il 9 ottobre l’esplosione di un ordigno provoca la morte di 4 caporal maggiori degli alpini: Sebastiano Ville, Gianmarco Manca, Marco Pedone e Francesco Vannozzi. Il 31 dicembre il caporal maggiore Matteo Miotto rimane ucciso dal colpo di un cecchino.
2011: Il 18 gennaio 2011 il caporal maggiore Luca Sanna perde la vita nell’avamposto di Bala Murghab. Il 28 febbraio un ordigno provoca la morte del tenente Massimo Ranzani. Il 4 giugno il tenente colonnello dei Carabinieri Cristiano Congiu viene ucciso a colpi di arma da fuoco mentre tenta di difendere una donna americana. Il 2 luglio il caporal maggiore Gaetano Tuccillo muore per l’esplosione di una bomba. Il 12 luglio muore il caporal maggiore guastatore paracadutista Roberto Marchini. Il 25 luglio uno scontro a fuoco nel villaggio di Khame Mulawi costa la vita al caporal maggiore paracadutista David Tobini. Il 23 settembre il tenente Riccardo Bucci, il caporal maggiore scelto Mario Frasca e il caporal maggiore Massimo Di Legge perdono al vita in un incidente stradale nei pressi di Herat.
2012: Il 24 marzo 2012 un soldato italiano è morto e altri 5 sono rimasti feriti a Herat a seguito di un attacco a colpi di mortaio: il sergente Michele Silvestri. Il 25 giugno 2012 muore un carabiniere in seguito ad un attentato al campo di addestramento della polizia afghana a Adraskan: Manuele Braj. Il 25 ottobre il caporale Tiziano Chierotti rimane ferito in uno scontro a fuoco, morendo il giorno stesso in seguito alle ferite riportate.
2013: Il 13 gennaio 2013 il tenente colonnello Giovanni Gallo muore colpito da un malore. Il 20 febbraio tre militari italiani muoiono in un incidente stradale nei pressi di Shindand.

E il giornalista Walter Amatobene che l’Afghanistan lo conosce bene, scrive ancora: «con la morte del Capitano Giuseppe La Rosa, 31 anni, capitano del Terzo Bersaglieri i militari italiani caduti sono 53 in tutto. I feriti oltre 130. Nell’attacco di sabato 8 giugno sono rimasti coinvolti altri tre commilitoni di La Rosa, due dei quali hanno riportato ferite gravi. Preoccupano soprattutto le condizioni del maresciallo capo dei bersaglieri (ottavo reggimento) Giovanni Siero, di Desenzano del Garda, sottoposto a un delicato intervento chirurgico. Nessuno di loro è in pericolo di vita,comunicano dallo Stato maggiore della Difesa».

12 ANNI DI MISSIONE

Le Forze armate italiane partecipano alla missione in Afghanistan da quasi dodici anni. Il 20 dicembre 2001 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite aveva approvato la Risoluzione numero 1.386, con la quale autorizzò il dispiegamento nella città di Kabul e nelle aree limitrofe di una Forza multinazionale denominata International security assistance force (Isaf), con il compito di assistere le istituzioni politiche provvisorie afghane a mantenere un ambiente sicuro, nel quadro degli Accordi di Bonn del 5 dicembre 2001. In base a quanto previsto dall’articolo 7 della Carta dell’Onu i soldati sono autorizzati a un uso ragionato della forza. L’11 agosto 2003 la responsabilità delle operazioni è passata nelle mani della Nato.
I militari italiani sul campo nel 2013 sono circa 3.100. Il personale militare italiano presente nell’area di Kabul ricopre prevalentemente incarichi di staff presso il quartier generale di Isaf. Nello stesso comando di Kabul c’è anche una aliquota della NRDC comandata dal Generale di ca Battisti.
Il contingente nazionale di stanza a Herat è da Marzo al comando del generale Ignazio Gamba, comandante della Brigata alpina Julia. Il Regional Command West (RC-W), la zona sotto la responsabilità italiana, è un’ampia regione dell’Afghanistan occidentale (grande quanto il Nord Italia) che si estende sulle quattro province di Herat, Badghis, Ghowr e Farah.
La componente principale delle forze nazionali attualmente impiegate è costituita da alpini che si muovono su veicoli blindati del tipo Lince e Freccia. Alcuni reparti dei bersaglieri ,invece, hanno i Dardo. Ci sono anche uomini e mezzi della Marina militare, dell’Aeronautica militare, dell’Arma dei Carabinieri e della Guardia di finanza. Uno schieramento (per le possibilità nazionali) di tutto rispetto che inorgogliscono i vertici militari, come conferma l’intervista di Gian Micallesin al generale Battisti Capo di Stato Maggiore di ISAF: «Gli obbiettivi raggiunti non sembrano molti?

«Dal 2001 quando sono venuto qui per la prima volta ad oggi la trasformazione delle forze di sicurezza afghane è stata impressionante. Grazie alla missione Nato sono oggi in grado di compiere missioni su larga scala e difendere il territorio».

In compenso abbiamo abbandonato basi come Bala Murghab, Bakwa il Gulistan costate sangue, vite umane e milioni di euro ?

«Non le abbiamo abbandonate, abbiamo semplicemente rispettato il processo di transizione che prevedeva il passaggio nelle mani degli afghani. Oggi grazie all’addestramento ricevuto sono in grado di tenerle meglio di noi perché conoscono il territorio». Ma gli alti comandi sembrano non capire.

IL RITORNO DEI TALEBANI

I militari italiani hanno lasciato diverse postazioni tenute nel passato anche a costo di gravi perdite. Tempo fa è accaduto con una Fob (Forward operative base, Base operativa avanzata) costruita nella valle di Mushay dagli alpini sul finire del 2006 a Sud di Kabul e chiamata Sterzing (il nome tedesco di Vipiteno). Questa struttura, strategica per il controllo dell’asse viario Nord-Sud, nell’ottobre 2009 è passata agli afghani. In quell’area aveva operato il 186mo Reggimento che aveva creato una ampia zona di sicurezza a prezzo di un incessante controllo del territorio con pattuglie a lunga percorrenza. Oggi è occupata dagli “insorti”, come si definiscono gli elementi ostili, in parte talebani veri e propri, in parte milizie che rispondono ai vari signori della guerra, in parte bande di briganti al servizio dei narcotrafficanti e delle mafie locali.
Bala Murghab, a Nord , fu restituita nel settembre 2012. La Fob Columbus fu occupata sia nel 2009 che nel 2011 dal 183mo Nembo paracadutisti che aveva esteso la zona di sicurezza a prezzo di grandi sacrifici e numerosi scontri a fuoco. Attorno a Bala Murghab la porzione di territorio messa in sicurezza consentì il ritorno a casa di molti civili afghani scappati per colpa dei combattimenti. Ora la FOB COLUMBUS è sotto assedio e l’area pacificata a fatica metro dopo metro, giorno dopo giorno, non esiste più.

Gianandrea Gaiani sul suo sito web “Analisi Difesa” scrive: “La situazione in tutta la provincia di Farah è tornata ad essere incandescente dopo il ritiro degli italiani dai distretti orientali di Bakwa e Gulistan. Il mese scorso i talebani hanno effettuato uno spettacolare assalto al tribunale di Farah City e il 27 maggio un’autobomba è esplosa contro un Lince ferendo due bersaglieri. La situazione in Afghanistan sembra destinata a peggiorare nei prossimi mesi e la missione dell’Onu a Kabul (Unama) ha registrato nelle ultime settimane un aumento degli attacchi talebani del 24 per cento rispetto all’anno scorso”. Il definitivo disimpegno militare -secondo alcuni analisti di politica italiana- si rende necessario non solo per motivi di opposizione di diversi partiti in parlamento, ma anche per gli alti costi economici, ora insopportabili in epoca di crisi.

I SOLDI DELLA GUERRA

Dal primo gennaio 2002 al dicembre del 2011, dispiegamenti di reparti, caccia, elicotteri e tank, blitz e bombardamenti aerei, esercitazioni a fuoco hanno comportato una spesa per i contribuenti italiani di circa 3 miliardi e 800 milioni di euro. E le operazioni tricolori in Afghanistan hanno assorbiranno più della metà delle spese previste per pagare le missioni all’estero nel 2012 (complessivamente 1,4 miliardi di euro).Si ipotizzano  50 milioni di Euro al mese nel corso dell’anno.

“In Afghanistan, – racconta Massimo Fini che ha scritto una biografia del Mullah Omar – dove spendiamo circa 800 milioni l’anno (ma probabilmente sono molti di più perchè dubito che vengano registrati quelli che diamo ai Talebani perchè non ci attacchino). Con un miliardo non si risana un’economia, pero’ qualche problemino potrebbe essere risolto, poniamo quello degli esodati. Ma se una guerra è giusta non se ne puo’ fare una questione contabile, anche se, per la verità, l’art.11 di quella Costituzione che le sinistre sbandierano ogni giorno ci vieta la partecipazione a qualsiasi guerra che non sia difensiva. Ma, al di là di questo, che pur non è poco, il fatto è che la guerra all’Afghanistan, che dura da dodici anni, è la più infame delle guerre. Era cominciata col pretesto della lotta al terrorismo, ma a dodici anni dall’11 settembre, in cui i Talebani non ebbero alcuna parte, questa motivazione non regge più. Allora l’abbiamo trasformata nella proterva pretesa di imporre a quella popolazione le nostre istituzioni, i nostri valori, costumi, consumi. Ed è per questo che l’occupazione occidentale è stata molto più devastante di quella sovietica che fece danni materiali enormi ma, non avendo questa pretesa, non ha stravolto la vita afgana. Noi, oltre a quelli materiali, abbiamo fatto enormi danni sul piano sociale, economico e morale. La disoccupazione, che sotto i Talebani era all’8%, oggi è al 40. Kabul aveva un milione di abitanti, adesso ne ha più di cinque milioni. Nell’Afghanistan talebano si poteva viaggiare sicuri anche di notte. Non c’era corruzione. Infine nel 2000 il Mullah Omar aveva proibito la coltivazione del papavero e la produzione di oppio era scesa quasi a zero. Oggi l’Afghanistan produce il 93% dell’oppio mondiale. Ma la cosa forse più grave è il degrado morale che abbiamo portato in quel Paese. Corrotto è il governo fantoccio di Karzai, corrotte sono le amministrazioni locali, corrotta è la polizia, corrottissima è la magistratura, al punto che gli afgani preferiscono rivolgersi alla giustizia talebana, che è spiccia ma almeno è una giustizia”.

 

Tags: AfghanistanAnalisi difesaEsercito italiano
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