Intervistare il professor Martino Mora è, a tutti gli effetti, un privilegio e questo per due fondamentali motivi: il primo è l’assoluta originalità dei pensieri espressi, davvero positivamente molto lontani dal conformismo globale di questi tempi; il secondo che la gentilezza e l’educazione dell’intervistato sembrano addirittura catapultarti in un’altra epoca. Forse però a colpire di più il lettore, sarà la totale assenza di banalità nelle sue parole.
A beneficio dei nostri lettori e per correttezza di presentazione: raccontaci tu stesso chi è Martino Mora e perché, ultimamente, sei diventato così famoso…
Son un docente di scuola superiore, insegno storia e filosofia. Amo il mio lavoro. Ho scritto tre libri e molti articoli. Sono anche un convinto cattolico della Tradizione. Sono diventato famoso, mio malgrado, per avere rifiutato di tenere lezione, in occasione della giornata del 25 novembre, in presenza di allievi vestiti da donna. Da qui lo scontro radicale con la mia dirigente scolastica e la sua richiesta all’ufficio scolastico di duri provvedimenti nei miei confronti. Ma anche lo sciopero degli studenti, che ora continua ad oltranza, anche se in una sola classe.
Perché no al travestitismo in classe?
Prima di tutto per difendere la dignità e la decenza dell’istituzione scolastica. Non si possono tollerare il carnevale, il circo o l’avanspettacolo a scuola. Questo principio varrebbe anche per chi si vestisse da clown o da Babbo Natale durante le lezioni. In secondo luogo, perché questo “travestitismo” ha anche una forte connotazione ideologica, che ne siano o meno consapevoli i suoi attori. C’è infatti un’ondata di trans-omo-femminismo, mirante alla distruzione delle differenze costitutive tra i sessi, che dal mondo anglosassone si sta diffondendo a macchia d’olio in tutto il mondo occidentale, quindi anche qui da noi, attraverso la musica, i videoclip, il cinema, la tv, gli spettacoli. Tutte le identità, compresa quella sessuale, sono sotto attacco. Devono rimanere sono atomi, “fluidi” e intercambiabili.
Secondo te, oggi in Italia, è possibile costruire e, soprattutto, difendere un pensiero alternativo a quello di regime?
È quello che bisognerebbe fare. Con forza e con coraggio. Il grosso problema è che l’alternativa “populista” o “sovranista” appare refrattaria al pensiero.
L’utilizzo del linciaggio mediatico nei tuoi confronti e nei confronti di altri dissidenti avrà come conseguenza il totale asservimento o la ribellione?
Nel mio caso e in quello di altri la conseguenza sarà la ribellione all’ingiustizia. In altri casi, purtroppo, vi è e vi sarà totale asservimento. La logica del linciaggio mediatico è sempre quella del “colpirne uno per educarne cento”.
La spasmodica necessità di imporre un pensiero unico evidenzia, a tuo parere, forza o debolezza di questo sistema?
Purtroppo, credo che si tratti di un sistema forte, che utilizza la colonizzazione delle menti assai più della coercizione violenta. Il suo nucleo fondante è l’immenso potere del denaro che giustamente anche Georges Sorel, cento anni fa, definiva “plutocrazia”. Le devastazioni portate avanti dai totalitarismi comunista e nazista ci hanno fatto dimenticare il pericolo che “il regno del denaro” e il suo immensopotererappresentano per la libertà degli individui. Soprattutto da quando è avvenuta la saldatura tra il capitalismo finanziario e il pensiero “liberal”, il pensiero dissolutivo post-sessantottesco, viviamo nell’epoca del pensiero unico, del politicamente corretto anglosassone e dei suoi grotteschi ed inferi codici. Il governo del banchiere dei banchieri, Mario Draghi, uomo della finanza di Wall Street, rappresenta perfettamente, come lo fu il governo Monti, questa completa sottomissione della politica all’economia, e in particolare all’economia finanziaria.
Quali sono le ragioni storico-culturali che hanno portato all’imposizione di questa nuova agenda culturale?
Senza dubbio l’assoluta egemonia culturale (o meglio sottoculturale) dell’americanismo e del suo sinistrismo liberal, fucsia-arcobaleno. Siamo un Paese di colonizzati, anche sotto il profilo culturale e mentale. E poi in una prospettiva più ampia, l’ulteriore avanzata di quel grande processo dissolutivo, che avanza da secoli, che fa tutt’uno con l’avanzata della secolarizzazione e della scristianizzazione. È un processo plurisecolare, che parte almeno dal XV secolo, se non prima, anche se solo negli ultimi decenni è arrivato a minacciare dall’interno la Chiesa cattolica, la famiglia, la scuola. Cioè le ultime strutture di senso rimaste.
Perché gli italiani sono sempre intellettualmente e acriticamente dalla parte del più forte? Per comodità o per ignoranza?
Probabilmente per entrambe le cose. Amano molto stare dalla parte del vincitore e dalla parte “giusta”, cioè vincente, della storia. Ma bisogna constatare che altri Paesi occidentali sono, da certi punti di vista, messi peggio di noi. Il “dirittismo” arcobaleno, per esempio, in alcuni Paesi europei ha raggiunto vette insuperabili.
Un giorno Indro Montanelli disse «Il gusto d’esser in disaccordo col gregge, l’anticonformismo, la lucidità», tu ritieni che oggi gli intellettuali non allineati possano ripartire da questa frase?
Come punto di partenza va benissimo. Ma poi occorre una riflessione “metapolitica” che vada ben oltre lo stesso Montanelli, che molti pregiudizi della modernità se li teneva ben stretti.
Perché in Italia l’errore commesso a sinistra non è mai errore?
A sinistra hanno l’egemonia culturale dal 1945. Era il progetto di Gramsci poi realizzato dai suoi successori. Ma il paradosso è che oggi Gramsci prenderebbe a calci i suoi indegni eredi fucsia, se non altro per motivi di decenza culturale. Ce lo immaginiamo Gramsci in gonnellino?
Come uscire da questa follia culturale?
Prima di tutto dicendo dei NO. Poi elaborando un pensiero alternativo, radicalmente alternativo. Infine, ma è la cosa più importante, affidandosi a Dio, unico Signore della storia.