Ho avuto il piacere sere or sono di presentare nella “sala del Cenacolo” della Camera un breve e succoso saggio di Giuseppe Gargani, esponente della DC irpina, più volte deputato e parlamentare europeo e sottosegretario alla Giustizia, dal titolo “Io e il partito. Dal partito “forza politica” al partito “indistinto”.
Pur essendo logicamente e comprensibilmente lontano miliardi di anni luce, ho apprezzato sin dall’avvio il senso di appartenenza difeso e mantenuto con orgoglio da Gargani. Erano me Marcello Sorgi, moderatore piuttosto disattento sui tempi, Pierluigi Castagnetti, Francesco Paolo Sisto. Miguel Gotor, pronti a sproloqui diffusi quanto generici e l’unico concreto sul tema, il presidente emerito dell Corte costituzionale Cesare Mirabelli. Con fine educazione e tatto, ultimo fra cotanto senno, ho potuto parlare pochissimi minuti, in cui ho avuto modo di riprendere un paio di passaggi di Gargani contrari a Renzi, rispettato e sostenuto con infondati apprezzamenti persino da Gotor, reduce dall’aver presentato l’attacco per la riforma del Senato, il problema angoscioso dell’astensionismo, sinonimo di rifiuto del voto, contro cui nulla ha potuto e possono le liste civiche, altra versione del trionfo del campanile e dell’egoismo civico.
Non ho avuto poi tempo di fare altre considerazioni, che non posso non svolgere. Debbo dire che l’avvio del libro era stato per me ostico, dal momento che Gargani definisce nel 1994 l’”armata” berlusconiana “destra”, in effetti, come ha confermato Sisto, orgogliosamente allievo e seguace di Moro e Dell’Andro, macedonia di ex socialisti, ex democristiani ed ex liberali. Avrei modo di condividere due giudizi espressi sui due autocrati, il lombardo ed il toscano: il patto del Nazareno è un accordo tra due persone, in cui l’uno “porta con sé il fallimento della rivoluzione liberale promessa sin dal 1994 e la responsabilità del Governo per circa quindici anni nei quali non è riuscito a creare condizioni di stabilità con una classe dirigente adeguata, l’altro ha destrutturato il suo partito e lo ha annullato”.
Come non condividere poi il parere sulle riforme di Renzi “quelle sul lavoro e le riforme costituzionali, in contraddizione con l’esperienza democratica del nostro Paese”? Avrei voluto suscitare obiezioni e perplessità sulla considerazione espressa di “Renzi uomo solo al comando” mentre in effetti riceve consigli e suggerimenti, per non dire ordini da staff attrezzati e collegati non solo sul piano nazionale e gestisce il potere attraverso l’uso disinvolto dei voti di fiducia e dei decreti delegati. L’inadeguatezza del “premier” viene per così dire consacrata nel momento Gargani riconosce che le riforme progettate e sostenute e decantate alla noia dal “Granduca, “servono ad indebolire la democrazia, a comprimere il ruolo del Parlamento e a rafforzare non il ruolo ma il potere dell’esecutivo”. L’elenco, sintetizzato, non può che essere concluso sull’ esperienza Letta interrotta “perché Renzi [ma solo lui ?] non voleva e non vuole la pacificazione italiana ed un rapporto corretto con l’Europa ma voleva e vuole alimentare il suo protagonismo con una rottura dentro la società”.
Non solo soltanto gli attacchi sulla pubblicistica e suoi giornali (pochi e timidi) a segnare un brusco ridimensionamento del protagonismo. Dopo il fallimento della politica dell’immigrazione, sulla quale è caduto il più agghiacciante silenzio, e sull’impotenza mostrata sul caso dei marò, secondo,infatti, un sondaggio della Tecné per “Porta a Porta” il PD è sceso al 32,5% (-2,5%). Della medesima percentuale cresce il movimento grillino (25%), il minestrone di Berlusconi è confinato al 12,5%, la Lega sale al 15,5% (+ 1,5%) mentre persino FdI, nonostante la linea inconcludente e lontana per ignoti o misteriosi motivi dall’approdo della riorganizzazione della Destra , tocca la quota tranquillizzante ma meschina del 4%.
Purtroppo la somma del 35,3% contro il 32,5 % del Pd è raggiunta con l’apporto dell’NCD (3,0%) ed è questo un nodo, che Berlusconi dopo averlo creato, non ha saputo, voluto o potuto risolvere.
“Il problema per il centrodestra – sostiene la nota – è la nuova legge elettorale con il premio di maggioranza assegnato alla lista”. Si tratta di una questione estremamente complessa e quasi impossibile. Grazie ancora una volta a Berlusconi e al suo Nazareno.
Appaiono altre notizie, che hanno dell’incredibile e dell’inaccettabile: Berlusconi loda il nuovo progetto politico di Della Valle “Noi italiani”, che si abbina al certo favore espresso sempre da ambienti centristi (v. articolo di “Formiche) per le candidature a Roma di Marchini e a Milano di Passera. “Contro i disastri di Renzi è nato il fronte del Nord”: è una iniziativa pericolosa e disgregante contro cui se ci esistesse un partito o un settore di destra dovrebbe far risuonare e attivarsi per una condanna e una motivata riprovazione.
Giuseppe Gargani
IO E IL PARTITO
Dal partito “forza politica” al partito “indistinto”
Edizioni il Papavero, Avellino 2015
Euro 12.00