L’altro sabato, su RAI3, ho visto un gramellino. Anche sul Corriere della Sera, in fondo alla prima pagina, ho visto un gramellino. Oh, quanto vorrei che se ne andasse!
Qualcuno predica che l’umanità deve imparare molto dalla pandemia. Qualcuno dice che diventerà più saggia, altri dicono più cattiva. Secondo me l’umanità non è un blocco unico, e chi ragiona così semplifica; qualcuno, temo, trova una convenienza in questa uniformazione. Se però dobbiamo generalizzare, credo che questa pandemia abbia tracciato una linea di demarcazione: tra uomini e gramellini. Gli uomini sono liberi, o meglio: provano a esserlo – il che è già una prova di libertà. Affrontano i problemi, le difficoltà; non si rintanano.
I gramellini no. I gramellini sono prigionieri e, in fondo, se ne vergognano: sanno che il loro non è un comportamento da uomini – perciò si vendicano: tutti devono comportarsi come loro (essendo, i comportamenti più degni, la riprova della viltà dei gramellini), nessuno può avere ciò cui i gramellini, per codardia e accidia, rinunciano: la libertà.
Così il gramellino va in tv (e può farlo, perché altri gramellini hanno spinto il dibattito pubblico abbastanza in basso), dove sputacchia (e può farlo, perché della forma ai gramellini non importa più) le stesse scemenze che scribacchia, facendosi strapagare, su quotidiani a tiratura nazionale.
Ho visto, su RAI3, un gramellino, predicare (sputacchiando) che bisogna crepare di paura. Il solo rimedio alla pandemia, diceva il gramellino, è che tutti i gramellini d’Italia obbediscano: e che i gramellini con compiti educativi insegnino ai gramellini ancora minorenni l’importanza della mansuetudine, della paura e dell’obbedienza. Aspetto mediocre, loquela sputacchiante e mediocre, mentalità mediocre, cultura mediocre, il gramellino, tolta la parola ai suoi mediocri ospiti (loro stessi un po’ gramellini) che tanto non avevano nulla da dire (Mamma RAI regala i gettoni di presenza a chiunque sia abbastanza gramellino), attende che la regia diffonda una musica drammatica ma non troppo, tenue e poco espressiva (insomma: gramellina), si alza in piedi, mantenendo comunque un’andatura scomposta (la postura eretta è fascista), e sputacchia la storia di un’insegnante di musica che ha predicato agli allievi l’accettazione del vaccino Astra Zeneca: l’insegnante è morto dopo l’iniezione, ma il suo esempio di obbedienza resta. Guai a voi, dice il gramellino, sputacchiando in tv e ripetendolo sul giornale: se avete la minima perplessità siete degli idioti no-vax (pazienza che tra avere dubbi riguardo una delle case farmaceutiche coinvolte, la cui formula si sta dimostrando dannosa, e l’essere no-vax, ne passa). Bisogna invece, dice il gramellino, obbedire. Non lo sputacchia solo in questa, triste e macabra, occasione.
Lo ha sputacchiato anche da ospiti di trasmissioni, sempre con la solita loquela sputacchiante: chiudere, bisogna chiudere, quelle povere merd… ehm, i cittadini devono obbedire. Lo ha scribacchiato tante di quelle volte: ci vuole accettazione, obbedienza.
Il gramellino è coerente, la condotta che predica in questo frangente è in linea con la sua mentalità di sempre: con le sue trasmissioni, i suoi editoriali, i suoi romanzi e i film che se ne traggono. Bisogna essere buonini, bravini, mai troppo su e mai troppo giù, restare grigi, né belli né brutti: bruttini, vestirsi male, parlare sputacchiando, leggere ma nulla d’impegnativo, essere modesti. Gettando via carattere, coraggio, vigore, avventura… cose fasciste, da “mascolinità tossica”. Il gramellino è un uomo, ma ha paura della virilità, e se ne sbarazza etichettandola come “retaggio fascista”.
Le crisi mostrano sempre chi può cavarsela e chi no. Questa pandemia ci mostra chi ha cara la libertà, non si rinchiude nelle paure ma affronta i problemi, non si nasconde, prima di accettare qualcosa considera ciò che ha di fronte; e i gramellini, contenti di essere schiavi, e feroci soltanto quando trovano chi non vuole esserlo.