Ci fu un tempo in cui il popolo viveva momenti difficili. Passata la guerra, combattuta contro un nemico invisibile per chi viveva in trincea, scoppiò una crisi economica che non risparmiava nessuno. Fu così che qualcuno cominciò a dire che era tutta colpa loro, che occorreva discriminarli, colpirli senza pietà. Loro erano uguali a tutti gli altri, non c’erano differenze somatiche o di ceto sociale a renderli differenti; solo avevano un diverso credo, e celebravano i loro riti di sabato.
Un leader di grande carisma, dai capelli lisci e neri nonostante l’età, affermò che costituivano un pericolo per tutta la società, e poiché era un uomo di grande credibilità , nessuno ebbe il coraggio di smentire; lui aveva sempre ragione. Così qualcuno disse che dovevano andare in giro con un marchio giallo sul bavero delle loro giacche affinché fossero riconoscibili. Una specie di passaporto interno li discriminava dal resto del popolo. Era loro vietato entrare nei negozi e qualcuno arrivò a mettere una targa “permesso a uomini e cani” ma non a loro. Poi non poterono più viaggiare sui treni e sui mezzi pubblici; in America negli anni ’50 i neri almeno avevano carrozze riservate.
Furono negate le cure mediche, che si arrangiassero, la crisi l’avevano creata loro. In tutto il mondo si diffuse l’odio verso di loro, che non avevano luogo dove rifugiarsi. Autorità pubbliche non nascosero il più forte disprezzo verso quella parte di popolo. Chi li voleva rinchiusi in galera “come sorci”, chi addirittura ne avrebbe fatto “poltiglia verde”, chi li avrebbe “schiacciati come mosche”, chi li voleva “sfamare con il piombo”, chi invocò la “pulizia etnica”, fino a chi auspicò i “campi di sterminio” e chi le “camere a gas”.
Correva l’anno 2022.