Lo scenario in cui viviamo oggi è fortemente caratterizzato dall’innovazione. È stata chiamata Quarta rivoluzione industriale: ma perché si parla di rivoluzione? Ma soprattutto: come possono beneficiarne le aziende italiane che al 95% dei casi occupano fino a 9 addetti?
Il mondo è cambiato così come è cambiato con le rivoluzioni industriali precedenti. La Prima fu caratterizzata dall’introduzione di macchinari a vapore che utilizzavano il carbone- in sostituzione dell’acqua, della legna e del vento- in grande quantità disponibile dalle colonie e dagli ingenti traffici commerciali. Una significativa condizione di questa fase fu proprio la disponibilità di capitali che permetteva l’acquisto di grandi quantità del combustibile con la conseguente sovra produzione, sovra-offerta che stimolò il traffico commerciale e la nascita delle banche private. Ma andiamo avanti.
La Seconda rivoluzione industriale fu caratterizzata da un largo impiego di elettricità, quale fonte di energia meccanica, e si ottenne con la costruzione di potenti centrali idroelettriche. La Terza è sicuramente più interessante e innovativa: ci riguarda tutti da vicino perché vede l’introduzione del computer. Da qui in poi una rapida trasformazione del settore delle telecomunicazioni che ha permesso la nascita del moderno settore terziario, ossia il campo dei servizi di ogni tipo. Le prestazioni lavorative oggi sono molto più semplici da richiedere e da fornire e si sono separate con decisione dai lavori fisici-meccanici. Il settore terziario, infatti, è un insieme di lavori “immateriali”: consulenze, comunicazioni, assicurazioni e assistenze digitali post-vendita, servizi bancari, fornitura attrezzature informatiche o elettroniche, i servizi sanitari, o ancora i web designer o i modernissimi social media manager. La rivoluzione industriale modifica continuamente il mercato del lavoro.
Le conseguenze sociali sono andate di pari passo. La prima rivoluzione fu caratterizzata da crisi e disoccupazione. Si verificavano così vere e proprie ribellioni degli operai contro le macchine che in esse vedevano la causa della propria miseria. Nella Seconda invece si è registrata la crisi del lavoro artigianale e la nascita di nuove classi sociali come gli operai di fabbrica e la borghesia industriale con la conseguente trasformazione dei contadini in operai. La Terza ha avuto il suo culmine con internet, da questo punto di vista, è un fortissimo spartiacque in questo campo: la sua diffusione esponenziale ha pesantemente modificato il modo di vivere le relazioni sociali nonché il modo di cercare informazioni, a discapito del generale cartaceo. Anche il settore dei trasporti ha subito un forte incremento capillare.
Ed eccoci alla Quarta Rivoluzione: Industry 4.0. In effetti la rivoluzione c’è stata. Pensiamo a settori come il mondo del trasporto di persone: non è forse vero che Uber e Lyft- anche se ancora non è arrivato in Italia il ride sharing con i mustache rosa fa parlare di se tra chi esplora le tendenze internazionali per importarle -lo hanno trasformato? E come Amazon e Alibaba hanno creato nuovi mercati grazie all’e-commerce?
Ci sono degli alimenti che caratterizzano questa rivoluzione. Vediamoli. La robotica, ossia la riproduzione del lavoro umano ma in automatico. L’Internet delle cose (da cui l’acronimo IOT- Internet Of Things): penso alla sveglia che anticipa l’allarme perché ha calcolato il traffico nel percorso stabilito in agenda, oppure alle scarpe conta passi, alla confezione di medicinali che ti avvisa della somministrazione. I Big Data: l’analisi di una grande mole di dati per scoprire i legami tra fenomeni diversi e la possibilità di prevenire quelli futuri. L’Intelligenza Artificiale (AI) che non solo pensa e agisce umanamente ma pensa e agisce razionalmente. E last but not least la Customer experience: non solo shopping on line ma la costruzione di una relazione con il brand.
E quindi non si tratta di una sola soluzione ma è una rivoluzione generale che non riguarda solo le scelte tecnologiche ma riguarda anche e soprattutto nuovi modelli organizzativi che le aziende devono adottare se vogliono stare al passo con la trasformazione e la concorrenza.
Ma anche l’autorità pubblica, il Governo per capirsi, deve fare la sua parte. Sia sul fronte degli incentivi all’investimento in tecnologia rendendo strutturale il Piano Industria 4.0 ma anche e soprattutto sulla formazione professionale e universitaria che risponda all’esigenza di avvicinare il sistema educativo al mondo dell’economia e delle imprese in un sistema organizzato. Perché la sensazione è che il profilarsi dei più disparati corsi universitari si stia evolvendo con modalità episodiche e sperimentali e che non confluiscano in un sistema organizzato che non consente il loro inserimento in un ampio quadro programmatico.