Nelle elezioni britanniche di ieri, gli inglesi hanno dimostrato di aver molta fiducia di David Cameron, una specie di Matteo Renzi locale, capace però – a differenza del suo omologo italico – di produrre risultati in campo economico, e di non limitarsi alle roboanti promesse.
In Scozia, lo SNP, il locale partito nazionalista, ha fatto il pieno di voti, conquistando 56 seggi sui 59 disponibili e spazzando via, di fatto, la presenza laburista da quell’area.
Nicola Surgeon, la nuova leader del partito (Alex Salmond, il suo predecessore, si era infatti dimesso dopo la sconfitta dei “Sì” nel referendum sull’autonomia; da quelle parti ancora usa dimettersi…), ha ottenuto un successo travolgente, uno “tsunami” elettorale, promettendo indipendenza e welfare, vale a dire coniugando contemporaneamente due fattori, uno nuovo (l’indipendenza nazionale) e l’altro vecchio (lo Stato sociale), soluzione che – in un’ottica metapolitica – si dimostra spesso vincente, perché sa abbinare voglia di innovazione e desiderio di sicurezza.
Nota comunemente come “la pasionaria”, la Sturgeon ha dimostrato che la passione è una delle poche cose che può riuscire a muovere gli elettori.
In Inghilterra, invece, lo scarso carisma personale di Nigel Farage – ovviamente unito alla natura del sistema elettorale maggioritario – non è giovato al leader nazionalista e l’opinione pubblica ha preferito la rivendicata normalità di un “cretino di successo” come David Cameron, le cui peculiarità personali (scarsissime) sono però quelle che fanno maggiormente comodo ai potentati finanziari che controllano la City. Continuerà, ovviamente, lo smantellamento dello Stato britannico – che Cameron ha già portato molto avanti – ma il Regno Unito (almeno fino a quando resterà unito…) potrà accrescere il suo ruolo di formidabile hub finanziario internazionale, che è esattamente ciò che vogliono i conservatori e chi li controlla.
Mi pare una analisi con un paio di semplicismi eccessivi.
Anzitutto la definizione “cretino di successo” (3 milioni di voti sono sempre un bel bottino anche se vanificato dalla legge elettorale, pur rimanendo un’ondina rispetto allo tsunami che molti preconizzavano alcuni mesi fa) mi pare si attagli assai meglio a Farage che a Cameron. Allearsi in Europa con un personaggio ambiguo e inattendibile come Grillo, evidentemente è stato un grossolano errore politico non senza conseguenze.
Quanto alla sudditanza pedissequa di Cameron nei confronti della oligarchia criminale finanziaria che di fatto comanda a Bruxelles, non sarei così tetragono.
Certo, molto dipende dalla serietà con cui Cameron lavorerà davvero – o no – per un referendum sulla UE fra due anni, ma se manterrà le sue promesse elettorali, l’assoggettamento della Gran Bretagna agli attuali, devastanti trattati UE potrebbe cambiare davvero in modo sostanziale. Verso cosa? Non lo sappiamo, ma sempre meglio di qualunque cose abbia in mente l’Euromafia per le sue 28 colonie.