Se c’è un dato di questa ultima tornata elettorale amministrativa, che poteva forse destare qualche preoccupazione nel premier Giorgia Meloni era certamente il risultato che avrebbero potuto ottenere alle urne, Forza Italia e soprattutto la Lega. I sondaggi della vigilia, infatti, parlavano della possibilità che Fratelli d’Italia doppiasse i consensi della Lega anche nella roccaforte lombarda. In caso di un trionfo della Meloni e di un crollo di Forza Italia e Lega, è indubbio che gli equilibri all’interno della coalizione avrebbero potuto far scricchiolare la solidità della maggioranza. La vera questione di questa tornata elettorale (considerando che al di là delle scaramanzie di rito sul risultato finale vi erano davvero pochissimi dubbi) stava tutto qui, e non è un caso se la tenuta della Lega è stata salutata con enorme soddisfazione forse più dalla stessa Meloni, rispetto allo stesso leader leghista. Difficile trovare una sola ragione per quello che appare come un buon risultato ottenuto dal partito di Salvini. Qualcuno dirà che la grande astensione potrebbe avere favorito proprio chi, come la Lega, comunque mantiene sempre un certo radicamento sul territorio (anche se negli ultimi anni in parte perso, a causa del desiderio di puntare ad un partito diverso e meno identitario).
E questo in parte può essere vero, ma certo è che il buon risultato della Lega, soprattutto se rapportato alle pessime previsioni della vigilia e al deludente risultato delle politiche, va ben al di là di quella che appare come una eccessiva semplificazione. Il dato che emerge dal voto parla di una Lega che non solo è cresciuta rispetto al voto del 25 settembre in Lombardia, dove con i voti della lista Fontana, va quasi a pareggiare i consensi del partito della premier, ma tiene bene anche nello stesso Lazio, dove la Lega certo non ha mai brillato eccessivamente.
Sono molteplici allora gli aspetti da considerare per cercare di capire i motivi che si celano dietro a quella che può apparire come una sorta di resurrezione di un partito, che secondo alcuni pareva destinato ormai al declino inesorabile.
Il primo aspetto che va tenuto presente in questa buona tenuta della Lega, è certamente legato alla capacità da parte del segretario di cambiare atteggiamento, postura e visione di un partito, che da troppo tempo aveva perso la sua identità forte, per correre dietro alle sirene di un partito nazional popolare, che potesse magari sostituire la vecchia Forza Italia. Non è un caso se qualche mese fa lo stesso Salvini aveva tentato un’operazione proprio per lanciare quella che sembrava una sorta di opa sul partito di Silvio Berlusconi. L’exploit delle europee del 2019 aveva evidentemente illuso Salvini e parte del suo cerchio magico che l’idea di abbandonare alcune delle battaglie storiche, come l’autonomia, per fare un esempio, poteva aiutare a costruire un partito non più con una forte connotazione territoriale, come fin dalle origini è sempre stata la Lega.
Non è un caso che l’approvazione in CDM della prima bozza sulla autonomia differenziata, ha certamente contribuito a fare da traino per il voto. Ma certamente tutto questo è anche la naturale conseguenza di un approccio adottato dal segretario leghista, fina dalla formazione del governo. Una postura accomodante ed equilibrato, ben diverso dal vecchio leader leghista battagliero e di lotta, che sempre ha ballato sul filo di una politica molto rivolta alla pancia degli elettori e che ha contribuito a creare un clima di tensione intorno a sé e al partito.
Vinte le elezioni, con un risultato tutto sommato modesto, memore della lezione del passato governo con i cinque stelle, Salvini è stato molto abile a cambiare pelle e entrare nei panni dell’alleato affidabile e benevolo della futura premier, Giorgia Meloni, vera trionfatrice delle elezioni, al contrario invece di un riottoso e pretenzioso Silvio Berlusconi. Il risultato è stato quello di raccogliere molto di più di Forza Italia in termini di posti e peso politico, all’interno dell’esecutivo, rispetto all’alleato forzista, pur avendo ottenuto praticamente la stessa percentuale di voti.
A questo è seguito un comportamento al governo, pur in mezzo a qualche piccola tensione, molto collaborativo e concreto. E questo ha certamente aiutato a far crescere, in questi primi tre mesi, la credibilità e la fiducia in un elettorato evidentemente stufo delle polemiche e delle liti continue. La compattezza del partito intorno al suo leader è stata certamente un altro elemento fondamentale, per smentire sul nascere le tante voci che preconizzavano una prossima scissione del partito o uno spodestamento di Salvini, la cui guida invece non sembra essere mai stata veramente in discussione.
Ed è proprio nel momento forse più difficile e delicato del partito, che è uscita la solidità, la forza e l’organizzazione di un partito, che è comunque l’unico riuscito a sopravvivere allo tsunami politico provocato da Tangentopoli. Alla fine gli elettori hanno evidentemente apprezzato questo nuovo corso leghista, che ha puntato più sulla concretezza e sul lavoro e meno sui proclami e sui facili messaggi propagandistici. Gli errori fatti dal segretario e dai vertici leghisti, in questi ultimi anni, sono stati incamerati, elaborati, analizzati e sono serviti per cambiare tutti insieme, perché la compattezza e l’unità della Lega non sembrano mai essere stati davvero in discussione, al di là della narrazione di certa stampa.
Ed è proprio da qui, come in una sorta di catarsi collettiva, che ha preso corpo una prima risurrezione della Lega, che forse troppi prematuramente davano ormai per spacciata. Ed è anche per questo che il risultato della Lega è forse uno degli aspetti più interessanti da analizzare in questa poco entusiasmante e un po’ troppo scontata tornata elettorale, vinta trionfalmente dal centrodestra.
Perché proprio il dato del voto della Lega era quello che maggiormente destava preoccupazione nel governo e speranza in quel che resta delle opposizioni. Salvini ha saputo, in un eloquente silenzio (mai un simile ossimoro sembra più indicato per rappresentare la postura di questi mesi del segretario leghista), rappresentare quello che la sua gente chiedeva da tempo: lavoro, idee chiare e concretezza. Il tempo dei sogni e delle battaglie, forse perse in partenza, sembra ormai alle spalle, la Lega è tornato il partito che crede nelle sue storiche istanze e le vuole portare avanti con coraggio e determinazione.
In un momento in cui l’astensione record ha dimostrato come la gente sia sempre più sfiduciata da una politica, troppo distante dalla vita e dai problemi reali della gente, tornare ad essere un partito che ha una sua forte identità, che non a caso, ha contribuito in grande parte al successo di Fratelli d’Italia, può essere un fattore decisivo per far crescere il consenso di chi ancora ha la speranza che solo con il voto si contribuisce alla vita democratica del paese. E al di là di come la si pensi, questo risultato è un’ottima notizia non solo per la Lega, ma anche per il governo, e di conseguenza per tutto il paese, che mai come in questo momento, ha bisogno di stabilità, concretezza e solidità.