Assai di recente, negli scorsi mesi, sono stati presentati i due volumi dell’ultima appendice della “Treccani”, che abbracciano e comprendono gli avvenimenti e le vicende svoltisi nel mondo intero nell’ultimo decennio. L’opera è “attenta – segnala il direttore scientifico Tullio Gregory – a offrire non solo informazioni aggiornatissime ma anche strumenti critici di comprensione della realtà d’oggi”.
Se indubbia sono la qualità e l’eleganza dell’apparato iconografico, ugualmente da elogio è l’analisi “dei grandi processi di globalizzazione non solo dei mercati, ma anche dei gusti e delle mode”, così come “ della pervasità delle reti informatiche che della globalizzazione sono lo strumento e in qualche modo il simbolo”.
In questo passaggio storico, assolutamente cruciale – continua Gregory – “esplodono le evidenti contraddizioni: ai processi di globalizzazione corrisponde la rinascita di particolarismi e nazionalismi, ma anche la riscoperta del valore di tradizioni perdute; alla penetrazione delle reti informatiche si oppone la necessità di salvare i valori della persona e dei suoi diritti dai rischi di una uniformità imposta da chi gestisce le reti non sempre a vantaggio comune, spesso a fini puramente affaristici o per il controllo delle informazioni e dei comportamenti”.
Ora è proprio in questo versante come in quello della “comprensione della realtà d’oggi” che gli “strumenti critici” appaiono insufficienti, banali, scontati o semplicemente e semplicisticamente notarili.
Se gli aspetti indicati da Gregory sono centrati, non può essere negato che essi non tocchino l’Italia nell’ambito della rinascita nazionale e tanto meno patriottica, visti gli errori compiuti e le pessime figure fatte dai governi fino al recentissimo caso della Libia e a quello incancellabile e doloroso dei marò. Come una lettura più densa ed accurata va fatta per le tradizioni locali, delle quali tutti si interessano agli aspetti folcloristici e demoantropologici e nessuno, a partire dal clero, proiettato verso orizzonti universalistici, spesso utopistici, custodisce nel rispetto letterale della parola, religioso e responsabilmente cultuale.
Sul piano delle singole voci, nel I volume riguardo particolare va posto sul composito articolo riguardante l’Italia. Condivisibili, anche se incomplete, sono le considerazioni espresse sull’ istituto delle città metropolitane, ancora del tutto evanescenti, inconcludenti e territorialmente incongruenti.
Indubbiamente sbilanciate a sinistra, in alcuni passi, è l’analisi del collega Vittorio Vidotto. Valgano alcuni esempi: è enfatizzato il ruolo di Napolitano, è pesante la sconfessione sul voto del dicembre 2010 per i parlamentari rientrati nella maggioranza “per opportunismo o tornaconto personale” e su questo fenomeno di malcostume sarebbe interessante sentirla ripetere per i verdiniani e gli alfaniani. Manca poi qualsiasi approfondita critica sul metodo seguito per l’ascesa di Letta e l’impossessamento del potere da parte di Renzi, portavoce, e sull’abuso dei voti di fiducia e dei decreti delegati. Sulla scheda di presentazione si parla “della sua opposizione alla vecchia politica del suo partito”, che è invece ripresa ed esaltata sul piano del cinismo (vedi le primarie di questi giorni) e dell’impossessamento sulla scia della lezione di Gramsci delle fonti di informazione. Così come pure appare del tutto incompleta, cioè parziale, la sintesi sulla ridicola misura degli 80 euro e sui costi per la collettività dello Jobs act.
Nel II volume alcune schede destano perplessità, altre scetticismo, altre ancora piena e convinta riprovazione, per altre (non molte) il consenso è debole e appena sufficiente. Suscitano interrogativi le schede squisitamente cronachistiche su Renzi, sulla riforma della scuola e del lavoro, di cui sfuggono e non si sottolineano le ripercussioni, le pretese e le velleità. Dubbi sostanziali merita il bilancio nella voce riguardante i partiti politici con un PD, presentato come inesistente nel 2006, come se non fosse la meccanica sintesi di due partiti addirittura tradizionali e non fosse diventato “il perno centrale del sistema politico italiano” grazie agli errori di Berlusconi e all’esplicito sostegno delle grosse industrie, di associazioni vive e ben ramificate nella società e della simpatia delle gerarchie ecclesiastiche.
Sopravvalutato poi è il ruolo, in realtà verboso, confusionario, programmaticamente dozzinale della Lega e del M5S. Irrita nell’articolo sulla pena di morte la mancanza di interrogativi sul numero delle condanne pronunziate ed eseguite, tenuto inaccessibile, in paesi mantenitori come Cuba e la Corea del Nord.
Termine di misura efficace sull’impostazione generale dell’opera è la voce “regione”, in cui non si lega la crisi della valorizzazione delle identità regionali, che hanno pesantemente coinvolto quasi le circoscrizioni territoriali italiane con una caduta della spinta delle forze separatiste o decentratrici, impoverite nella loro stessa ragione di essere. Eloquente delusione traspare nell’ammissione delle difficoltà insuperabili emerse “per istituzionalizzare la cooperazione transfrontaliera”.
Uniche schede accettabili per la loro obiettività, rilevabile peraltro faticosamente, sono quella sul fallimento dei programmi di rigenerazione cittadina, cavallo di battaglia per decenni degli urbanisti di sinistra, e quella del pessimo funzionamento della moneta unica, causato dalla mancata integrazione politica impossibile da conseguire per le ovvie resistenza di nazioni serie, non certo dell’Italia.
Quanti protagonisti della scena parlamentare, tutti di destra, nei decenni trascorsi sono stati fautori incondizionati di un’intesa internazionale basata sulle ineliminabili patrie ?
IX Appendice dell’Enciclopedia Italiana
(vol.I, A-I, pp. XIII + pp.768, vol. II, J – Z, pp. 889),
Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2015.