Gottfried Benn lasciò gli studi teologici, per intraprendere quelli inerenti alla carriera di medico presso l’accademia militare di Berlino, dove completò il corso di laurea in medicina nel 1910 con profitto. E’ del 1912 la prima silloge di poesie tardo simboliste: “Morgue e altre poesie”, scritta nelle corsie ospedaliere e densa di immagini macabre e di morte. Il libro non passò inosservato e introdusse Benn negli ambienti culturali della Berlino d’inizio secolo. Il medico-letterato frequentava gli artisti del gruppo “Die Brücke” ed iniziò una relazione sentimentale con la poetessa ebrea Else Lasker-Schüler. Durante la prima guerra mondiale Benn esercita la sua professione di medico in qualità specialistica di sifilopatologo prestando servizio nell’esercito tedesco di occupazione in Belgio. Nel 1916 esce il romanzo breve “Cervelli” (Gehirne) seguito poi da “Le novelle di Rönne”. Opera autobiografica, dove le giornate di un medico dell’esercito vengono descritte attraverso un flusso di immagini oniriche. Alla fine della prima guerra mondiale Benn torna nuovamente a Berlino, dove apre uno studio professionale privato sulla Hermannstraße. Nel dopoguerra, avversario della Repubblica di Weimar, fece parte del movimento culturale della “Rivoluzione conservatrice”. Ebbe qualche simpatia iniziale per l’emergente movimento nazista. Nel febbraio del 1933 viene chiamato dai vertici nazionalsocialisti a dirigere la sezione di poesia dell’Accademia di Prussia, dai quali erano stati espulsi o si erano allontanati poeti e intellettuali ostili al nuovo corso politico del regime. Durante questi anni Benn scrive saggi e articoli, raccolti poi nel volume “Die neue Staat und die Intellektuellen” (1932), nel quale è presente una forte ammirazione estetizzante per il nazionalsocialismo, etichettato ai suoi albori in qualità di giovane forza impulsiva, vitale e potente, originata da un parto dionisiaco e assertore del culto dell’unità tra “forma e sostanza” politica, economica e culturale rivoluzionaria, sorta dalle ceneri ancora incandescenti, della Germania prussiana. Concetti ripetuti ancora in una serie di saggi raccolti poi nel volume “Kunst und Macht” (1935).
La fascinazione politica e culturale fra Benn e il nazismo ha presto fine. I vertici di regime leggono i suoi scritti giovanili, stigmatizzando le frequentazioni e le parentele culturali con L’Espressionismo, che Goebbels disprezza come “arte degenerata”, da qui la sua espulsione. Sarà Hans Friedrich Blunck a sostituirlo alla direzione dell’Accademia. Gottfried Benn prende così ufficialmente le distanze dal regime, praticando una sorta di esilio esistenziale e culturale in patria. Nell’estate del 1934 scrive alla poetessa Ina Seidel: “Il tutto mi comincia ad apparire come una sceneggiata che annuncia sempre il Faust ma la troupe è appena sufficiente per un’operetta. Con quali toni grandiosi ha esordito e come appare schifoso oggi!». Benn, avendo compreso la vera natura “demoniaca” prima del comunismo e poi del nazismo, amareggiato, esce dalla scena pubblica, per ritirarsi ad Hannover. In autunno manifesta l’intenzione di voler vestire nuovamente la divisa: “La Reichswehr è la forma aristocratica di emigrazione”. Nel 1937 viene violentemente attaccato da Wolfgang Willrich, ufficiale delle SS, nel libro “Säuberung des Kunsttempels” (Pulizia del tempio dell’arte), Benn è però inaspettatamente protetto da Heinrich Himmler. Ma l’anno seguente la Reichsschrifttumskammer, l’Associazione degli scrittori, vieta a Benn la pubblicazione dei suoi libri. “Poesie Statiche” . Nel secondo dopoguerra gli viene conferito il premio “Georg Büchner” (1951). Si è spento a Berlino Ovest nel 1956. E’ sepolto nel cimitero “Waldfriedhof”.
Ein später Blick
Du, überflügelnd deine Gründe,
den ganzen Strom im Zug zurück,
den Wurzelquell, den Lauf, die Münde
als Bild im späten Späherblick.
Da ist nichts jäh, da ist nichts lange,
all eins, ob steinern, ob belebt,
es ist die Krümmung einer Schlange,
von der sich eine Zeichnung hebt:
ein Großlicht tags, dahinter Sterne,
ein Thron aus Gold, ein Volk in Mühn,
und dann ein Land, im Aufgang, ferne,
in dem die Gärten schweigend blühn.
Ein später Blick – nichts jäh, nichts lange,
all eins, ob dämmernd, ob erregt,
es ist die Krümmung einer Schlange,
die sich zu fremdem Raub bewegt.
Erkenntnis – dir, doch nichts zu künden
und nichts zu schließen, nichts zu sein –
du, flügelnd über deinen Gründen,
und einer zieht dich dann hinein.
“Un tardo sguardo”
Tu, che sorvoli i tuoi mondi,
l’intero fiume in un tratto risali,
la sorgente, il corso, la foce
una forma nell’occhio tardo che guarda.
Non c’è nulla di rapido o lento,
tutto è uguale, sia vivo o di pietra,
è il contorcimento di un serpente
su cui si disegna un’immagine:
di giorno una gran luce, poi le stelle,
un trono d’oro, un popolo in pena,
e poi, lontano, una terra in ascesa
i cui giardini fioriscono in silenzio.
Un tardo sguardo – nulla è rapido o lento,
tutto è uguale, sia inerte o irrequieto,
è il contorcimento di un serpente
che si muove verso una rapina.
Tu – hai la conoscenza, ma nulla da annunciare
e nulla da concludere e da essere nulla –
tu voli al di sopra dei tuoi mondi
ed uno poi ti ci trascina dentro.
(Torino 1981 – Traduzione di Giuliano Baioni)