Evgenij Viktorovič Prigožin in Russia (e non solo) è un nome pesante e decisamente solforoso. Nato a Leningrado (oggi San Pietroburgo) il primo giugno 1961, dopo un’adolescenza quantomeno problematica, costellata da furti e rapine, nel 1981 viene condannato a dodici anni di carcere. Nel 1990 l’Unione Sovietica evapora, Evgenij torna libero e si reinventa ristoratore affermandosi rapidamente nell’opaca Russia post comunista di Eltsin.
Proprietario di ristoranti, catering ma anche case da gioco e supermercati, nel 2001 l’ex ragazzo terribile entra nelle grazie del nuovo inquilino del Cremlino, il suo concittadino Vladimir Putin e ingrandisce in breve tempo il suo impero commerciale guadagnandosi un emblematico soprannome: “il cuoco di Putin”.
Ma oltre a deliziare i potenti con leccornie e vini raffinati dal 2012 Prigožin, tramite la sua società Concord Catering, diventa il principale fornitore alimentare delle forze armate russe con un contratto favoloso di oltre un miliardo di dollari. Tanti, tantissimi denari che Evgenij nel 2014 rinveste, con la benedizione dello zar, in un progetto ancora più ambizioso quanto micidiale: il gruppo Wagner, una compagnia di ventura che da allora supporta militarmente le strategie politiche di Mosca nel Donbass ma anche in Siria, Libia, Sudan, Mali e Repubblica Centroafricana.
In quest’ultimo Paese, uno dei più sfortunati e derelitti del Continente nero, gli uomini della Wagner assicurano la “prima cintura” di sicurezza del presidente Faustin-Archange Touadéra. In cambio il governo di Bangui ha concesso a due società di Prigožin — Lobaye Invest e la Sewa Security Service — lo sfruttamento dei giacimenti di Ndassim, Birao, Bouar e Bria. Diamanti, oro e uranio. Un regalo gradito e ben difeso.
Le attività africane dei foreign fighters russi rimangono infatti avvolte da una fitta coltre di mistero e cercare di forarla è pericoloso. Molto pericoloso. Nell’estate 2018 Kirill Radchenko, Alexander Rastorguyev e Orkhan Dzemhal, dipendenti dell’oligarca antiputiano in esilio Mikhail Khodorkovsky che indagavano in Centrafrica sugli affari del “cuoco”, sono stati accoppati. Per Mosca un caso d’incoscienza. I tre si erano rifiutati di seguire le indicazioni dell’ambasciata. Dunque…
In tutti questi anni Prigožin ha sempre smentito — con poca fortuna, invero — d’essere il patron della Wagner. Ogni volta ha preferito scaricare ogni responsabilità sul suo socio Dmitry Utkin, ex ufficiale del GRU – servizi segreti militari – e dichiararsi vittima di un malinteso, di una calunnia, di una manovra della CIA. Almeno sino allo scorso settembre.
Improvvisamente sul sito della sua compagnia Concord, Prigožin ha finalmente ammesso d’aver fondato la sua armata privata usando toni epici e molto patriottici: « Nel 2014, quando è iniziato il genocidio della popolazione russa del Donbass, quando la Russia è riuscita, all’ultimo momento, a bloccare l’arrivo dell’esercito ucraino in Crimea, io, come molti altri uomini d’affari, siamo andato nei campi di addestramento dove i cosacchi si erano radunati e abbiamo cercato di reclutare un gruppo che andasse a proteggere i russi. Io stesso mi sono messo a pulire vecchie armi, a recuperare giubbotti anti-proiettile e ho trovato specialisti che potevano aiutarmi», poi proseguendo nel racconto, «il primo maggio 2014 è nato un gruppo di patrioti che in seguito ha acquisito il nome di Wagner».
Una mossa non casuale e nemmeno avventata. Ormai inserito ai primi posti nelle liste di proscrizione occidentali l’imprenditore ha deciso di giocare in prima persona una partita tutta politica in casa cavalcando l’ondata di acceso patriottismo che, man mano la guerra prosegue, sta incendiando vasti settori dell’opinione pubblica. Oltre a rivendicare la partecipazione nel conflitto dei militi della Wagner — rafforzati per l’occasione da numerosi galeotti reclutati nelle galere —, il “cuoco” manda dai media continui strali contro le élites russe che «hanno scelto il confort piuttosto che il bene del popolo, rifiutandosi di mandare i loro figli al fronte. Indicativa l’accusa di “alto tradimento” al governatore di San Pietroburgo Alexander Beglov (un putiniano moderato) o le sue intemerate sui generali “incapaci e vigliacchi”.
Un messaggio rivolto alla Russia profonda, tradizionalista e profondamente nazionalista, che vive e approva senza riserve la guerra e che in prospettiva può costituire la base di quel nuovo “movimento conservatore e patriottico” che Prigožin ha annunciato al sito Meduza di voler costruire nei prossimi mesi. Accanto a lui due altri oligarchi, i fratelli Kovaltchouuk, e i dirigenti delusi del partito nazionalista “Rodina” (Patria).
Per gli osservatori più attenti la scesa in campo del “cuoco” va inquadrata nel riposizionamento politico generale che inevitabilmente seguirà agli eventi bellici. La fine dell’era Putin è considerata prossima e tutti gli attori in gioco cercheranno d’approfittarne in qualche modo. Soprattutto se hanno a disposizione tantissimi soldi, un largo consenso mediatico e, dato non trascurabile, un esercito privato, efficace e molto ben armato. Ed è, appunto, proprio il caso di Evgenij Viktorovič Prigožin.