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Finis Italiae/ La paura del futuro e la “carestia di culle”

di Vincenzo Pacifici
29 Novembre 2017
in Home, Società&Tendenze
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Finis Italiae/ La paura del futuro e la “carestia di culle”
       

Di fronte ai dati previsti ma pur sempre drammatici del decremento demografico (-107. 142 in 8 anni, 2008 – 2016, e -19.15, tra il 2014 e il 2016) i discorsi della “Leopolda” fiorentina e della “controLeopolda” milanese risultano miseri, vacui e pericolosamente lontani dalla realtà.

Sia l’uno quanto l’altro dei presunti e sedicenti primattori si sono mostrati o meglio dimostrati una volta di più disattenti sulle necessità della collettività, in particolare dei giovani e degli anziani.

Per i primi la posizione lavorativa è lontana dall’avere soluzioni stabili e serie (non lo Jobs act) mentre per i secondi si è arrivati a rimproverarli per continuare ad esistere dopo aver recato per decenni il loro contributo alla società.

Nel momento in cui si leggono da un giornalista, al solito misurato e non fanatico, come Antonio Polito, frasi, intinte nel rammarico, come “l’85% dei contributi assistenziali vanno agli over 65 anni” , oppure preoccupate per il fatto di non “avere abbastanza lavoratori giovani per pagare le pensioni al numero crescente di anziani”, l’allarme sull’impreparazione raggiunge il limite di guardia.

Il titolo dell’editoriale “La paura del futuro nel Paese dove non ci sono più fratelli” è più efficace delle considerazioni svolte, come ad esempio quella, politicamente conformista e quindi sostanzialmente infondata” dei “primi segni di ripresa” e quella sulla “persistente arretratezza che caratterizza da noi i rapporti tra i sessi”. Un caso tra i mille: domenica scorsa, in una speciale ricorrenza, nel centro commerciale “Roma Est”, la fila delle persone intervenute per assaggiare una superreclamizzata torta ha raggiunto i 3 chilometri

Polito, senza i dovuti approfondimenti, in “questa carestia di culle”, individua “cause culturali forse anche più profonde di quelle sociali”.

Del resto anche mons. Vincenzo Paglia nel suo ultimo volume, con una impostazione non giornalistica, sottolinea la crisi senza, però, dispiace notarlo, compiere un esame di coscienza attento e completo sulla linea seguita dalla Chiesa soprattutto nella vita quotidiana delle parrocchie e delle comunità, inaridite e abbagliate dalle mode televisive, poco attente alle necessità e ai disagi delle famiglie, cellule naturali della società. La Chiesa non si accorge che un bambino su 3 nasce da coppie non sposate.

Se poi le misure, le mance propagandistiche del governo prima Renzi, poi Gentiloni, sono state ridotte e ridimensionate a livelli irridenti, anche le proposte dei partiti, avanzate in questa campagna elettorale anticipata, sono improbabili, al limite dell’assurdo ed economicamente irrealizzabili.

Infatti il progetto di “Forza Italia” per le pensioni a 1000 euro costa 4 miliardi, mentre ben più pesanti, utopistici e demagogici sono i fardelli prospettati dal M5S con il reddito di cittadinanza (quasi 15 miliardi) e dal PD, al solito confuso, arruffone e parolaio (fino a 10 miliardi).

E’ impossibile accettare una “società civile”, condotta dal vento e non dalle idee e principalmente dai principii di coerenza e di linearità, e un “Paese reale” pronto    a stringere, finchè non giungano novità o si creino situazioni magari antitetiche, “accordi e patti nazionali e territoriali che rendano ancora più vincolante il riavvicinamento” con quel centro – destra , per anni trascurato, calpestato e magari tradito negli anni critici.

Ma è il quadro d’insieme ad allarmare e a disgustare per una caduta morale, in cui i furbi cercano di avvantaggiarsi ed in cui gli onesti ed i corretti sono sempre più tentati dall’astensione, intesa come inequivocabile bocciatura, come disgustata repulsione.

Galli della Loggia ha sensatamente richiamato l’attenzione sull’”Italia del 58%, che non è possibile ignorare”, che boccia le politiche degli ultimi 2 decenni, che sente il bisogno “di un profondissimo rinnovamento delle varie istituzioni”, che “considera insopportabile” l’incancellato divario tra Nord e Sud, che rifiuta il meccanismo della cooptazione familiare nella sfera pubblica (l’ultimo caso potrebbe essere quello della Reichlin), che rigetta classi dirigenti irresponsabili ma strapotenti, che “desidera politiche dell’occupazioni più incisive” etc. etc..

Visto l’indirizzo, tanto sbandierato in casa F.I., è impossibile vedere gli italiani stanchi, delusi, irrisi dirigere il loro consenso verso un “centro – destra” così impostato. Agli alleati forzati, svogliati, tutt’altro che concordi (Meloni e Salvini) l’occasione o ancora più impegnativamente l’onere di una revisione di linea drastica, di una inequivocabile inversione.

Tags: Antonio Politodemografia
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