Ormai da anni violente reazioni e molteplici polemiche accompagnano la ricorrenza del Giorno del Ricordo. Fatti che, purtroppo non hanno mancato di ripresentarsi anche negli ultimi giorni. Divisioni, scontri, ma anche posizionamenti strategici e distinguo, si ripetono stancamente, assumendo la forma metrica di una litania noiosa e del tutto priva di originalità. Non mi addentrerò nella ricostruzione storica, consigliando tuttavia la lettura del pregevole contributo Verità infoibate di F. Biloslavo e M. Carnieletto, ma muoverò, invece, dal preciso intento di offrire una prospettiva differente al tema in oggetto, una chiave di comprensione altra e alta.
La vita umana, qualsiasi vita, anche quella gravata da scelte terribili e biasimevoli, non smarrisce mai la sua qualità intrinseca, il suo essere custode di una dignità e di un valore misteriosi e inviolabili. L’uomo è tempio di un’immagine che lo rende creatura nobile ed eccelsa. Nessuna ragione storica, culturale e religiosa giustifica la violenza e la sopraffazione nei confronti del proprio simile. La mano levata contro l’altro colpisce se stessi, deformandoci agli occhi del prossimo. Qualsiasi forma di odio, di riprovazione, di indifferenza, passata e presente, necessita di essere addomesticata mediante gli strumenti della serietà etica e dell’onestà intellettuale. Nel libro della Genesi, il Signore chiede conto del comportamento di Caino, del suo terribile crimine, ma è proprio da quest’ultimo che, inaspettatamente e provocatoriamente, si leva, in forma dilemmatica e non priva di ambiguità, la verità ultima sul compito proprio di ogni esistenza, cioè il farsi custode del fratello, soprattutto di quello detestato e respinto.
Le foibe e i campi di sterminio sono accomunati dal medesimo nichilismo morale, dallo stesso torpore della ragione, dal letargo infinito e terribile di ogni forma di carità. Le vittime della storia avocano rispetto storiografico, silenzio e ascolto. Tutte le vittime. Attendo fiducioso una pacificazione culturale, l’edificazione di una memoria infine condivisa, nonché l’emergere dalle acque torpide della sterile diatriba contemporanea di una rinnovata maturità storico-critica, generatrice di dialogo e a servizio della ricostruzione attenta e imparziale degli eventi passati: “Non sapere che cosa sia accaduto nei tempi passati, sarebbe come restare per sempre un bambino. Se non si fa uso delle opere delle età passate, il mondo rimarrà sempre nell’infanzia della conoscenza”. (Cicerone)
L’invito è quello di non martirizzare le vittime una seconda volta, di non lasciarle fagocitare dal vortice del qualunquismo di parte, di non deturparne il ricordo, privandole del nome e della propria storia, scaraventandole negli inferi, nell’oblio, nelle foibe della memoria.
Purtroppo per lungo tempo solo pochi hanno conosciuto queste tristi vicende che hanno riguardato i nostri compatrioti. Quasi come se ce ne dovessimo vergognare. Mi piacerebbe che un giorno si potesse parlare anche dei beni confiscati agli italiani nati in Libia.
La disinformazione sistematica, nella ricostruzione delle vicende storiche, è moda assai comune e diffusa. Grazie per il suo commento.