Durante la pandemia in tanti hanno scritto che eravamo in guerra contro un visus sconosciuto, ora siamo in guerra veramente, ma adesso non si tratta di un virus, ma è come se lo fosse. Il virus dell’imperialismo, del nazionalismo, il virus della “Santa Russia” che vuole salvare l’Europa dalla degradazione morale e religiosa, attraverso i carri armati e il ricatto delle bombe atomiche. Così almeno sembra pensarla l’ideologo di Putin, Aleksandr Dugin.
Di fronte a queste minacce c’è un mondo, quello occidentale, frantumato, diviso e confuso. Finita l’epoca delle ideologie (1914-1989) quando si contendevano il potere arrivando a farsi la guerra, “oggi ognuno è una banda, nel senso che le bande ideologiche tendono a scomparire a favore di un individualismo sempre più estremo”. (Marco Invernizzi, La divisione che ci fa male e un segnale di speranza, 10.3.22, alleanzacattolica.org)
Pertanto, scrive Invernizzi, troviamo, “individui arrabbiati si aggirano nelle società ardenti di rancori mai sopiti, e usano qualsiasi cosa per eccitare la propria “volontà di potenza”. Individualisti, divisi, litigiosi, gli uomini post-moderni sono tendenzialmente anche presuntuosi, nel senso che si fa fatica a fare accettare prospettive diverse dalla loro”. Una divisione e una litigiosità che parte da lontano, almeno dal 1968, quando sono state scardinate radicalmente tutte le “autorità”, da quelle familiari, religiose a quelle politiche.
Con la pandemia è arrivato il colpo di grazia, le divisioni si sono acuite: “si-vax, no-vax, si-green pass, no-green pass, è scoppiato un conflitto che ha diviso famiglie e movimenti, matrimoni e associazioni. Oggi la guerra in Ucraina rischia di ripetere lo stesso copione fra chi condanna l’aggressione militare russa e chi difende Putin, come se potesse essere il salvatore del mondo dal pensiero unico”. Le trasmissioni televisive repentinamente sono passate dal tema della pandemia alla guerra e così gli stessi che prima fungevano da esperti virologi, sono diventati di colpo esperti di geo-politica, conoscitori del mondo russo e del diritto internazionale.
Anche qui si fa molta confusione e spesso si ingigantisce tutto, perdendo anche il senso della realtà. Tutti a pontificare, si fanno grandi discorsi di geopolitica e ci si dimentica dei due milioni di profughi (destinati a crescere) e delle decine di migliaia di morti su entrambi i fronti, come se fosse un prezzo normale da pagare e non la conseguenza di una scelta politica e militare.
Ormai “I talk show stimolano nevrosi collettive. Il livello di litigiosità nel Paese scende nei mesi tra giugno e settembre, non perché andiamo in vacanza (chi è che sta in vacanza tre mesi??): scende perché, stanno in vacanza i talk show. Dunque, la gente non guarda questi programmi, si disintossica, recupera energie, recupera buonumore e pensa di più. Dunque a livello emotivo è più gratificata. Da settembre, questi talk show ricominciano la loro campagna di martellamento mediatico unidirezionale, con questi programmi urlati senza dibattito, dove c’è una continua ricerca del capro espiatorio e del colpevole da consegnare alle plebi inferocite. Così da settembre, ricominciano le conflittualità domestiche e le nevrosi” (Paolo Borgognone).
La confusione è totale, sono saltati i vecchi schemi di destra e di sinistra, della cosiddetta “guerra fredda”. Nel mondo della destra compaiono nazional-bolscevichi che mettono insieme nazionalismo e comunismo, e nel mondo cattolico appaiono cantori della purezza dell’Ortodossia rispetto al degrado dell’Occidente e della stessa Chiesa cattolica, dimenticando come quest’ultima abbia attraversato ben altre crisi nella sua storia e le abbia sempre superate grazie alla santità di alcuni suoi figli rimasti fedeli anche nei momenti più difficili.
Ma la perdita del senso della realtà non è l’unica conseguenza di questo atteggiamento. La divisione penetra in tutti gli ambienti, comprese famiglie e comunità religiose. E diventa polemica, che genera rancore e risentimento, senza che i protagonisti se ne rendano conto. Avviene che persone che hanno in comune ideali profondi mettano in discussione amicizie decennali per opinioni diverse sul green pass o sulla guerra in Ucraina.
Come uscirne da questo disordine? Gustave Thibon (1903-2001) auspicava un “ritorno al reale”. Significa superare la presunzione, l’ignoranza, mettere in discussione le nostre opinioni. Occorre ritornare alle nostre radici cristiane, amarle, e soprattutto, avere voglia di restaurare la civiltà che non c’è più a partire dalla cultura cattolica che ha costruito l’Occidente.