Di fronte al caso dei professori universitari di diritto tributario, specializzazione fruttuosa, coinvolti in una megascandalo concorsuale, la riprovazione non può che essere netta, aperta e decisa, anche se negli atenei, sottoposti ad un ministro competente e qualificato come la Fedeli, sarebbe auspicabile un controllo approfondito e dettagliato anche nelle facoltà scientifiche, in cui dominano le “scuole”, senza attendere le denunzie di candidati sfortunati.
Ma una bocciatura altrettanto solenne e severa va espressa per il progetto di legge presentato alla Camera da un relatore equilibrato e lucido (?) come Fiano, un progetto tale non risolvere due nodi essenziali e portanti, quello della governabilità e della rappresentatività del Parlamento.
La posizione critica e quindi quasi totalmente condivisibile è stata espressa in un interessante intervento da Stefano Passigli, già deputato repubblicano e poi dei Democratici di sinistra, già sottosegretario con i secondi gabinetti di D’Alema (poverino!!) e di Amato. Unico vuoto trascurato nell’ottica di una tutela degli elettori, la sottolineatura del rilievo delle preferenze sostenute dalla Meloni e demonizzate da Berlusconi.
Il docente universitario in quiescenza di Scienza della Politica segnala la gravità della scelta dei capilista bloccati, tanto a cuore da Renzi e dal suo amico lombardo ottantunenne, infaticabile e non da oggi nelle manovre disgreganti e corrosive degli alleati .
E’ una proposta – insiste Passigli – che “consentirebbe a Renzi, Grillo, Berlusconi e Salvini di nominare i propri fedeli nei collegi più sicuri del maggioritario , ed inoltre 100 capilista, riducendo così il numero degli eletti con voto di preferenza con una ulteriore perdita di rappresentatività del Parlamento”.
L’editorialista segnala anche un effetto conseguente a questa opzione, l’estromissione dalla rappresentanza delle minoranze, d’altra parte già annientate nel PD, incompatibili al minestrone berlusconiano e presenti solo nella Lega, come è noto fortemente supportate dall’ex presidente del Milan calcio.
Passigli individua un’ulteriore minaccia, già questa concretizzatasi con i perentori dispotismi dei due egolatri, rappresentata dai partiti personali, meglio ancora aggregazioni di potere, tombali per la vita democratica e per lo sviluppo della dialettica politica.
I quattro “signori della guerra” “si accingono ancora una volta a scegliere il proprio interesse particolare rispetto all’interesse generale”. Non avvertono il declino della classe politica, costituita unicamente da yesmen, in altri termini da uomini e donne figurine.
Di fronte a momenti politici o economici cruciali, stilando un pronostico tutt’altro che arduo, ad avviso di Passigli “un Paese senza governo o con maggioranze fragili, e con istituzioni delegittimate – come il nostro rischia di essere dopo le prossime elezioni – correrebbe seri rischi [sic!] di tenuta sia economica che democratica”.