• Home
  • Cos’è Destra.it
  • La redazione
  • Newsletter
  • Contattaci
sabato 10 Aprile 2021
  • Login
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Newsletter
Destra.it
SOSTIENICI
  • Pòlis
  • Il Punto
  • Società & Tendenze
  • Economia
  • Europae
  • Estera
  • Mondi
  • Libri & Liberi
  • Altre
    • Terra Madre
    • Multimedia
    • Arte&Artisti
    • Televisionando
    • Appunti di viaggio
    • Al Muro del Tempo
    • Rassegna Stampa
  • Pòlis
  • Il Punto
  • Società & Tendenze
  • Economia
  • Europae
  • Estera
  • Mondi
  • Libri & Liberi
  • Altre
    • Terra Madre
    • Multimedia
    • Arte&Artisti
    • Televisionando
    • Appunti di viaggio
    • Al Muro del Tempo
    • Rassegna Stampa
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Destra.it
Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
Home Rassegna Stampa

Follie liberal/ La dittatura Twitter del pensiero perbene

di Redazione
16 Luglio 2020
in Rassegna Stampa
0

E poi non rimase nessuno, and then there were none, si potrebbe dire, se solo Dieci piccoli indiani fosse ancora un classico da spiaggia e non un impresentabile titolo che non tiene conto della sensibilità dei nativi americani.

Ieri pomeriggio, nel giro di poche ore, Bari Weiss si è dimessa dal suo posto nella redazione editoriali del New York Times (con una lettera, potete leggerne stralci qui, che assai eloquentemente descrive l’atmosfera da 1984 – inteso come romanzo di Orwell, non come estate in cui ballavamo Kalimba de luna – che si vive nei media nel 2020); e Andrew Sullivan ha annunciato che quello di venerdì sarà il suo ultimo editoriale sul New York Magazine.

(Qualcuno del NYT mi dice «Formeranno una media company insieme», ed è una battuta, ma viviamo tempi interessanti: è un attimo che una battuta diventi una notizia, e Sullivan ha promesso grandi annunci per venerdì).

Se non avete idea di chi siano Weiss e Sullivan, portate pazienza e ve lo spiego; se state sbuffando perché questo è il quattrocentesimo pezzo che leggete da queste parti sulla cancel culture, e nello specifico il centesimo che scrivo io, sappiate che poteva andarvi peggio: potevamo cominciare due anni prima.

Il grande non detto è che questo delirio collettivo è cominciato nell’autunno 2017, e a farlo cominciare è stato quel movimento vanesio e capriccioso denominato MeToo. È stato allora che si è stabilito che, se reclamavi per te l’etichetta di vittima, se la reclamavi a dispetto delle evidenze, se dicevi che a letto col produttore ci eri andata altrimenti la tua carriera sarebbe finita anche se ovviamente nessun produttore può distruggere la carriera di nessuna attrice, allora eri invincibile, allora tuo era il regno, tua la potenza, e la sospensione del senso del ridicolo.

Se però a quel gioco di appropriazione della fragilità ti sottraevi, eri il nemico, eri quella cui si poteva dare la caccia impuniti, eri quella che non si assoggettava al ministero dell’amore (che già dal nome non lascia dubbi: loro sono i buoni, la stronza sei tu) e quindi veniva inseguita dalla psicopolizia.

Partita dalle questioni sessuali, la dittatura della fragilità si è presto estesa ad altri àmbiti (la razza, il genere, qualunque dettaglio identitario vi venga in mente), e non poteva che essere così: garantendo spazio a chi è privo di qualità professionali se solo quel qualcuno si astiene dal dire cose diverse da ciò che la maggioranza dell’ambiente culturale ha deciso essere il punto di vista presentabile, essa rappresenta un irresistibile ascensore sociale per mediocri.

Nei primi mesi del 2018, Weiss e Sullivan sono stati tra i primi a capire dove stavamo precipitando.

Lei scrisse un articolo sulla resistenza al partito dell’amore (quello di Orwell, non quello di Cicciolina) in cui definiva il suo gruppo di amici “intellectual dark web”. Ve ne ricopio l’incipit: «Ecco alcune cose che sentirete se andate a cena con l’avanguardia dell’intellectual dark web. Ci sono fondamentali differenze biologiche tra uomini e donne. La libera espressione è sotto attacco. La politica identitaria è un’ideologia tossica che sta lacerando la società americana. E siamo in pericolo se queste idee sono considerate dark, oscure».

Lo so: sembra un articolo scritto nelle ultime settimane, a proposito del caso Rowling. Quelli bravi li riconosci perché si accorgono dei fenomeni prima che siano evidenti proprio a chiunque.

Ricordo che la mattina in cui uscì il pezzo aprii Twitter prima del New York Times, e quindi lessi i commenti indignati prima di leggere Weiss. I buoni dei social erano offesi che a una che non la pensava come loro fosse dato spazio per esprimersi, e determinati a dire che non c’era affatto un problema di monoliticità del pensiero a sinistra. Non sarai mai solo con la schizofrenia.

Un paio di mesi prima, Sullivan aveva scritto un editoriale sul New York Magazine spiegando che i suoi amici lo sfottevano per la sua fissazione col feticismo della fragilità praticato nelle università: erano dei ragazzini scemi, chi mai gli avrebbe dato retta su concetti come trigger (le cose che non vanno dette perché potrebbero dispiacere a qualcuno) e safe space (il diritto a non incrociare idee spiacevoli); lui però era convinto che ragazzi cresciuti così poi sarebbero diventati adulti ottusi che governavano i media e il mondo.

Avanzamento veloce.

Due anni dopo.

Un mese fa.

Quando il New York Times licenzia il responsabile delle pagine degli editoriali, colpevole d’aver pubblicato un articolo d’un senatore repubblicano, suscitando dispiacere nel collegio elettorale degli ex universitari di Twitter, Bari Weiss pubblica una serie di tweet piuttosto lucidi nell’analizzare la situazione.

Racconta un NYT diviso tra giovani smaniosi d’essere dalla parte giusta, e vecchia guardia ultraquarantenne. Il primo gruppo dà più importanza alla propria salvaguardia emotiva che ai principi giornalistici e liberali (cioè: quel che ci aveva spiegato Sullivan due anni prima sarebbe successo quando i nuovi studenti fossero usciti dalle università; un concetto che ribadisce anche Weiss nei suoi tweet).

Cita un caso del 2018 (ve l’avevo detto che quello era l’anno zero) che abbiamo dimenticato, sommerso da altri mille, ma che fu emblematico: la volta in cui il direttore del New Yorker dovette disinvitare Steve Bannon dal festival del giornale perché il collegio elettorale di Twitter aveva deliberato che noi siamo i buoni e coi cattivi non ci parliamo.

Il dettaglio interessante è che Weiss ha 36 anni (cioè: non è nel gruppo degli ultraquarantenni, dovrebbe essere una delle giovani beghine); d’altra parte Sullivan, che ha vent’anni più di lei, è un gay conservatore, uno che vent’anni fa era a favore della guerra in Iraq e del matrimonio gay. Le idee interessanti vengono sempre da quelli che sono un po’ laterali rispetto alla casella in cui ti aspetteresti di trovarli. (Conservo una mail di Weiss firmata «una femminista che sbaglia»).

Ieri il direttore del New York Magazine ha spiegato che il giornale e Sullivan non potevano più funzionare insieme, era una dichiarazione abbastanza confusa ma parlava di far scrivere gente che «perori i nostri valori». C’è da chiedersi se funzioni un giornale fatto per il collegio di Twitter, che sia il Times o il New York o il Vanity Fair americano che, da quando non è più diretto da Graydon Carter, si picca di mettere in copertina gente che corrisponda sempre ad almeno una quota gradita (lesbica, nera, se entrambe tanto meglio): qualcuno si è posto il problema che il collegio di Twitter non compra giornali, al massimo twitta che lui sì li farebbe meglio?

Ora Weiss farà causa al NYT, per la discriminazione sul luogo di lavoro cui già accenna nella lettera di dimissioni, probabilmente ingaggiando un avvocato che le somigli: repubblicano inviso ai repubblicani, democratico inviso ai democratici.

Sullivan aspettiamo che ci dica cosa farà, ricordando che a un certo punto smise di scrivere per i giornali e mise su un blog a pagamento. 20 dollari d’abbonamento l’anno, fatturava un milione l’anno. Ci sono testate prestigiose che ci metterebbero la firma, nell’anno della gratuità 2020.

Leggendo Bari Weiss dire che le esprimono solidarietà in privato perché temono di venire linciati se si collocano dalla parte sbagliata in pubblico, mi è tornata in mente JK Rowling, che ha detto la stessa cosa delle sue amiche trans, venendo accusata dal collegio di Twitter d’inventare amiche immaginarie. Giacché, nel mondo della psicopolizia, se racconti casi in cui la gente ha paura della psicopolizia stai sicuramente mentendo; giacché, nella dittatura del pensiero perbene, non c’è ragione di temere ritorsioni se dici una cosa non allineata.

L’altro giorno Repubblica ha scritto che “cancel culture” significava “cancellazione della cultura”. Sono stati molto irrisi (il collegio di Twitter dice che la cancel culture non esiste, ma saprebbe tradurla meglio); si sono scusati; hanno chiarito che significa invece “cultura della cancellazione”.

Ma io non credo fosse un errore. Credo fosse Freud che dalla tomba rideva di noi e ci faceva balenare il sospetto che sia esattamente quel che è in atto: la cancellazione della cultura. Della cultura del dibattito animato, della cultura del non essere d’accordo, della cultura del non pensarla tutti allo stesso modo. Dell’unica cultura degna di dirsi tale.

Guia Soncini, Linkiesta. 15 luglio 2020

Tags: iconoclastiaUSA
Articolo precedente

La pandemia rallenta, ma Pechino continua a mentire

Prossimo articolo

Ipocrisie britanniche/ Il caso Shamima imbarazza i giudici di Sua Maestà

Redazione

Correlati Articoli

Alain de Benoist/ La Nato non è morta, è l’Europa che muore
Rassegna Stampa

Alain de Benoist/ La Nato non è morta, è l’Europa che muore

di Redazione
2 Aprile 2021
0

Abbiamo già avuto occasione di parlare della NATO, un’organizzazione che avrebbe dovuto logicamente essere sciolta contemporaneamente al Patto di Varsavia,...

Leggi tutto
Un arresto molto “provvidenziale”. Cosa si cela dietro al caso Biot

Un arresto molto “provvidenziale”. Cosa si cela dietro al caso Biot

2 Aprile 2021
Scenette moscovite/ Biden tombola sulla scala e Vladimir ride di gusto

Scenette moscovite/ Biden tombola sulla scala e Vladimir ride di gusto

19 Marzo 2021
Il “diplomatico” Biden perde la trebisonda e insulta Putin

Il “diplomatico” Biden perde la trebisonda e insulta Putin

18 Marzo 2021
Carica altro
Prossimo articolo

Ipocrisie britanniche/ Il caso Shamima imbarazza i giudici di Sua Maestà

Lascia un commento Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ultimi articoli

Popoli in rivolta contro il turbocapitalismo

Popoli in rivolta contro il turbocapitalismo

10 Aprile 2021
Mio Italia/ Per coprire i costi fissi servono indennizzi al 30% del fatturato 2019

Mio Italia/ Per coprire i costi fissi servono indennizzi al 30% del fatturato 2019

9 Aprile 2021
Sulle rovine del mondo di ieri ritorna l’idea di Stato

Sulle rovine del mondo di ieri ritorna l’idea di Stato

9 Aprile 2021
Scienza & coscienza. La lezione di Galeno, medico e filosofo

Scienza & coscienza. La lezione di Galeno, medico e filosofo

9 Aprile 2021

Tag

Africa Berlusconi centrodestra Chiesa cattolica Cina comunismo coronavirus Donald Trump economia elezioni Europa fascismo forze armate Francia Fratelli d'Italia geopolitica Germania Giorgia Meloni Gran Bretagna guerre immigrazione clandestina ISIS Islam lavoro Libia Mare Marine Le Pen Matteo Renzi Matteo Salvini Mediterraneo Milano Partito Democratico petrolio Roma Russia Sicilia Siria sovranità nazionale storia terrorismo trasporti Turchia Unione Europea USA Vladimir Putin
Facebook Twitter

Newsletter

Iscriviti alla newsletter di Destra.it per restare continuamente aggiornato.
Ti segnaleremo novità, eventi ed accadimenti più interessanti!

Menu

  • Home
  • Cos’è Destra.it
  • La redazione
  • Newsletter
  • Contattaci

Destra.it

Un giornale telematico che raccoglie le idee, i contenuti, i confronti della comunità umana e intellettuale della destra europea, moderna, nazionale e sociale. Rappresenta l’accesso alla rete e la piattaforma di dibattito di chiunque, provenendo o aderendo a un lungo percorso storico, si riconosca in quei valori culturali e ideali su cui si è sedimentato nei secoli il pensiero di destra.

© 2021 - Destra.it periodico online indipendente; Registrazione Tribunale di Milano n. 30 del 9/2/2021; Sede: Viale Papiniano, 38 Milano.

Nessun risultato
Vedi tutti i risultati
  • Home
  • Chi siamo
  • La Redazione di Destra.it
  • Newsletter
  • Contattaci
  • Categorie
    • Pòlis
    • Il punto
    • Europae
    • Mondi
    • Estera
    • Guerre e pace
    • Economia
    • Levante
    • Libri&LIBERI
    • Arte&Artisti
    • Multimedia
    • Facite Ammuina
    • Al Muro del Tempo
    • Appunti di viaggio
    • Rassegna Stampa

© 2021 - Destra.it periodico online indipendente; Registrazione Tribunale di Milano n. 30 del 9/2/2021; Sede: Viale Papiniano, 38 Milano.

Welcome Back!

Login to your account below

Forgotten Password?

Create New Account!

Fill the forms bellow to register

All fields are required. Log In

Retrieve your password

Please enter your username or email address to reset your password.

Log In