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Forte con i deboli, umile con i potenti. La parabola di Colin Powell, il “generale antrace”

di Emiliano Calemma
22 Ottobre 2021
in Home, Mondi
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Forte con i deboli, umile con i potenti. La parabola di Colin Powell, il “generale antrace”
       

Il 18 ottobre 2021, presso il Walter Reed National Military Medical Center di Bethesda, è deceduto Colin L. Powell. Il più giovane Capo di Stato Maggiore congiunto della storia USA e anche il primo afroamericano, fedele servitore di ben tre presidenti e “volto rassicurante” dell’ala militarista del Partito Repubblicano.  

Nacque nel 1937 ad Harlem, famoso quartiere nero di New York. Dopo il liceo scelse la facoltà di geologia, senza eccellere però in nessuna materia. In compenso si distinse tra gli ufficiali della riserva e nel 1958 entrò come effettivo nell’esercito americano, nel quale è sempre riuscito a farsi affidare incarichi di prestigio, raramente rischiosi (a parte la breve parentesi in Vietnam). Divenne consigliere per la sicurezza nazionale già sotto l’amministrazione di Ronald Reagan. Quella sua capacità intrinseca di mettere a proprio agio i suoi interlocutori, unitamente ad un fascino ed un’eloquenza invidiabili, lo aiutò a fare una carriera velocissima nei ranghi della diplomazia militare.

Come alto ufficiale al Pentagono si occupò di restituire lustro alle truppe, dopo la disfatta vietnamita e si rese conto della necessità di riorganizzare le forze armate al termine della Guerra Fredda. Sviluppò le nuove linee guida per le guerre americane: sostegno popolare, obiettivo chiaro e preciso, forza schiacciante sul campo di battaglia; questa era la sua formula vincente, la dottrina Powell.

Tra il 1972, anno in cui entrò per la prima volta alla Casa Bianca, e il 1999 divenne consigliere di quasi tutti i politici di tutte le amministrazioni, divenne un protetto di Frank Carlucci che, passateci la definizione, ne tutelò la carriera quasi fosse il suo manager.

Frank Carlucci, entrò al Dipartimento di Stato come Ufficiale di Marina e nel 1970 iniziò una sfavillante carriera politico-diplomatica: ambasciatore in Portogallo a gestire sottobanco la rivoluzione dei garofani, vicedirettore della CIA con Jimmy Carter, vicesegretario alla Difesa con Ronald Reagan, poi Consigliere per la sicurezza nazionale e Segretario alla Difesa. Al termine della carriera politica divenne direttore della banca d’investimenti Carlyle Group, una delle meno trasparenti e più losche company americane.

Nel 2000 Powell divenne Segretario di Stato con l’avvento di George W. Bush alla Casa Bianca. Si rivelò senza dubbio l’incarico più complicato nella sfolgorante carriera di Mr. Powell. Il suo pragmatismo mal si conciliava con l’interventismo dei falchi neocon che appoggiavano il presidente ed espresse dei sinceri dubbi sull’intervento in Iraq del 2003. Alla fine, prevalse proprio il suo spirito pragmatico e si ritrovò ad appoggiare l’invasione del martoriato Stato del Golfo. Fu una scelta di cui si pentì amaramente.

Nel 2001, dopo il famoso attacco al WTC, suggerì al presidente di rimanere concentrato sulle operazioni in Afghanistan e per tutto il resto del 2002 continuò a tergiversare sugli ordini di attacco all’Iraq, spiegando che un nuovo intervento avrebbe pericolosamente destabilizzato il Medio Oriente e costretto gli USA ad una ricostruzione ben più onerosa di quanto preventivabile. Poi cedette e anni dopo dichiarò che essere alle dipendenze di un presidente è come essere nell’esercito, si può discutere, ma quando il comandante in capo prende una decisione, questa va portata avanti fino alle estreme conseguenze.

Nel suo famoso discorso durato circa 75 minuti in cui “portò le prove” dell’esistenza di armi di distruzione di massa in possesso degli iracheni, racconto tante di quelle bugie che dopo anni, lo stesso Powell, si definì imbarazzante, dicendo che quelle parole sarebbero rimaste una macchia indelebile sulla sua carriera.

Donald Trump, dopo che Powell espresse la sua volontà di sostenere Joe Biden, lo definì “responsabile per averci coinvolto nelle disastrose guerre in Medio Oriente.” Il mentore Carlucci disse: “Quando trovi una persona così astuta, vuoi usarla per cose più grandi”. Come Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, durante la prima guerra del Golfo, affermò che la strategia in Iraq era molto semplice: “prima lo spezzeremo e poi lo uccideremo”.

Questa modalità di atteggiarsi a duro contro i deboli e umile verso il potere, lo resero un servitore di tutte le cause e gli valse quattro stelle, tante medaglie e una carriera difficilmente ripetibile da un altro figlio di Harlem.

Tags: Colin PowellguerreIraqUSA
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