A Bologna c’è un regista che, poco prima di compiere 84 anni, e pur avendo un film ancora in sala (la biografia del padre della lingua italiana: grandi incassi accompagnati da stroncature), ha cominciato a girarne un altro (il quarantaduesimo). Con buona pace di qualche menagramo babbeo che credeva che con “il suo ultimo film” si intendesse quello definitivo, e non soltanto il più recente.
Lo scorso 31 ottobre, Giuseppe Avati in arte Pupi (nato nella città felsinea il 3 novembre 1938), ha cominciato le riprese di “La quattordicesima domenica del tempo ordinario”: una travagliata storia d’amore raccontata lungo un arco di trentasette anni, con gli immancabili riferimenti autobiografici (lui, un aspirante jazzista, che considera lei inarrivabile). Nelle scene ambientate al giorno d’oggi, i due protagonisti sono interpretati da Edwige Fenech (la superstar italo-maltese-algerina del cinema di genere, diventata produttrice, non recita per il cinema da quindici anni) e Gabriele Lavia (assai più attivo a teatro che non al cinema, e sinora protagonista d’un solo film di Avati – ma di vaglia: l’horror del 1983 “Zeder”, originalissima storia di zombie e alchimia con epilogo nella Colonia Varese, mostro di cemento armato a Milano Marittima). Del cast fanno parte anche Anna Safroncik e Massimo Lopez.
Lo scorso 31 ottobre per l’appunto, un lunedì limpido e un poco fresco (la terribile estate prolungata accenna a finire), le riprese sono cominciate: dopo aver ambientato i suoi film più recenti soprattutto tra Ferrara, il Polesine e Roma, il grande cineasta torna a filmare la sua città natale (gli interni del film però saranno girati per lo più in teatri di posa a Cinecittà). La scena è un doppio funerale: un padre si è suicidato non accettando che un cancro abbia stroncato il figlio. Si trattava di personaggi eminenti nell’economia bolognese, perciò ci sono le autorità cittadine accompagnate dal gonfalone, e lo scenario è la bellissima chiesa di San Michele in Corso. Tra mattina e pomeriggio si filmano gli interni; gli esterni (quando i personaggi della Fenech e di Lavia si rincontreranno) sono previsti per sabato 5. Quaranta figuranti (tra i quali lo scrivente, come già in due scene ferraresi di “Lei mi parla ancora”) in gramaglie, che saranno dimezzati al momento di filmare al di fuori della chiesa. Gli attori che partecipano sono Anna Safroncik (che saluterà i defunti dal pulpito) e Lavia (che offrirà un omaggio musicale, suscitando la perplessità di un chierichetto, che andrà a chiedere alla vedova se lo ritiene opportuno); la Fenech apparirà all’esterno.
L’atmosfera è meravigliosa: la chiesa è uno splendido ambiente rinascimentale (fu completata nel 1523), nonostante sia stata depredata in epoca napoleonica (un Guercino non è mai stato restituito), e assieme a un ex convento olivetano (che fu anche residenza del re d’Italia) forma un complesso, collegato all’Istituto Ortopedico Rizzoli (fondato nel 1896 dal medico e senatore Francesco Rizzoli). Il contesto diventa addirittura magico, vedendo i movimenti della macchina da presa e delle luci. Contribuisce l’abbondante incenso diffuso tra i vari ciak.
Pupi lamenta stanchezza e malessere, il suo leggendario grido “Azione!” a volte è un po’ strozzato: è il preludio di quel che succederà mercoledì 2, il giorno prima del suo compleanno, durante le riprese davanti allo storico Caffè Zanarini, quando accuserà delle fitte al torace. Portato al Policlinico Sant’Orsola, gli sarà diagnosticato uno scompenso cardiaco: festeggerà il compleanno in ospedale, in attesa di essere dimesso domenica. Il fratello, Antonio, dirà ai giornalisti che, quando Pupi starà meglio, cominceranno le riprese romane: gli attori coinvolti hanno impegni teatrali, e si dovrà trovare una data che ci si incastri, per recuperare le scene bolognesi. Soprattutto, si aspetterà che Pupi stia meglio: ma la sua smania creativa fa pensare che la ripresa sarà tutt’altro che remota.
Il suo segreto, commenta, è pensare sempre di non aver ancora fatto “il film della vita”. Non è dato sapere se “La quattordicesima domenica del tempo ordinario” lo sarà: ma ci si augura che, vedendolo compiuto, Pupi pensi di no, che ancora non è il film che completa la sua carriera. E che si troverà così obbligato a dover riallestire un altro set, e a sedersi dietro il monitor per lanciare quel grido così caratteristico: “Azione!”.
Forza Pupi! Il set bolognese attende il suo maestro.