
L’antifascismo isterico e molesto tanto in voga di questi tempi a volte fa brutti scherzi. E’ il caso di Concita De Gregorio prodotto tipico, ad origine garantita, del premiato allevamento sottoculturale di Repubblica-Espresso. Cresciuta professionalmente nel foglio scalfariano, diventa direttore dell’Unità nel 2008 nominata, non senza polemiche, da Veltroni. Ci rimane fino al 2011, quando viene sfrattata da Bersani e torna al gruppo Repubblica-Espresso, dove si trova tutt’ora dopo essere passata anche da RAI 3.
L’altro ieri la signora Conchita se ne esce su Twitter con questo post:
“Voi, fascisti, mi potete anche sequestrare i conti correnti, impedirmi di pagare l’acqua e la luce, ma non è così che avrete la mia testa e mia voce, poveri illusi. Che ne sapete voi della libertà”
Cosa è successo?
Un’altra “vile aggressione fascista” come quella, un po’ farlocca, montata dall’Espresso poche settimane fa al cimitero del Verano?
Niente di tutto ciò.
Accade che la Nuova Iniziativa Editoriale Spa, editore dell’Unità ai tempi in cui la De Gregorio era direttore, è fallita e quindi non paga più i debiti, tra i quali spiccano 400.000 euro dovuti per una serie di condanne per diffamazione nei confronti di vari personaggi tra i quali “Dell’Utri, Miccicché, La Russa, Taormina, Previti, Angelucci, Paolo, Silvio e Piersilvio Berlusconi e altri” come racconta la stessa De Gregorio. Venendo meno l’editore, i risarcimenti restano solidalmente a carico di direttori e giornalisti che infatti in questi giorni vengono bersagliati da pignoramenti e ingiunzioni.
Ma i fascisti cosa c’entrano? chiederete voi.
Il “fascista” sarebbe Stefano Andrini, a suo tempo nominato dall’allora sindaco di Roma Alemanno AD di AMA Servizi (poi licenziato da Ignazio Marino) suscitando l’indignazione dell’Unità diretta dalla De Gregorio che il 31 agosto del 2009 titolava “Alemanno nomina un ex naziskin al vertice Ama”, descrivendo così l’Andrini: “il nuovo amministratore delegato della società Ama che si occupa dei rifiuti a Roma è Stefano Andrini. Perché il sindaco Alemanno ha scelto proprio lui? Evidentemente per il suo curriculum: una condanna a 4 anni e otto mesi per tentato omicidio, una militanza ventennale tra i naziskin romani, una aggressione (in compagnia di suo fratello) a colpi di spranga ai danni di due ragazzi finiti in ospedale e in coma, la convinta celebrazione nella città di Wunsiedel del delfino di Hitler Rudolf Hess….”.
Solo che le cose non stavano affatto così, come ha stabilito la Corte d’Appello di Roma secondo la quale il racconto fornito dall’Unità “non consente di configurare la verità, neppure putativa della notizia” condannando giornale, direttore ed autore del pezzo.
Nel 1989 Andrini, allora diciottenne, era rimasto coinvolto in una rissa con estremisti di sinistra rimediando una condanna con la condizionale per concorso in lesioni. Tanto era bastato, venti anni dopo, per scatenare la cagnara diffamatoria nei suoi confronti.
Ora che le conseguenze della poco professionale condotta di giornalisti e direttore dell’Unità, che avevano omesso di controllare “un dato di agevole verifica”, come dice testualmente la Corte d’Appello, la Concita, forse un po’ frastornata dalle carte bollate, è andata su tutte le furie.
Evidentemente convinta che diffamare un “fascista” sia lecito e magari opportuno (d’altra parte una volta non era reato ucciderli, i fascisti, figuriamoci diffamarli) la De Gregorio invita tutti a leggersi la biografia di Stefano Andrini, come se fosse una causa di giustificazione: “Gentili signori. Chi mi ha sequestrato il conto corrente si chiama Stefano Andrini. Cercate bio. Non è diffamazione, non è penale. Sono cause civili” scrive ancora su Twitter.
Omettendo di precisare che il conto corrente non lo ha sequestrato Andrini ma la Corte d’Appello con una sentenza di condanna proprio per diffamazione.
Se si tratta di una condanna in sede civile è solo per una scelta della parte lesa che si è dichiarata contraria a “perseguire penalmente ogni tipo di opinione” e non certo per la natura dell’illecito: diffamazione era e diffamazione rimane. Un comportamento, dunque, quello della Concita piuttosto squallido e anche un po’ patetico.
Il vero problema della esagitata Concita, in realtà, non sono le opinioni politiche, vere o presunte, di Stefano Andrini. Sono, casomai, i post comunisti del PD, vero editore del giornale, dileguatisi lasciando al loro triste destino la società editrice, schiacciata da 32 milioni di debiti dopo avere ricevuto oltre 60 milioni di fondi pubblici per l’editoria, e quindi i giornalisti che ora si vedono pignorare case e stipendi.
Un problema di tribunali, creditori e debiti non pagati, più che di politica.
L’inviperita Concita, però, invece di prenderne atto la butta in caciara richiamando i massimi sistemi: “si rischia di minare profondamente la libertà di stampa nel nostro Paese” tuona evocando persino l’errore giudiziario: “non sono mai stata chiamata in tribunale, né mi è mai stato chiesto di produrre carte con una difesa adeguata, se fossimo stati in grado di produrre le carte sulla base delle quali si fondavano gli articoli avremmo vinto e sono sicura che vinceremo in appello” [ma quella di condanna è già una sentenza di appello, ndr].
Un vero peccato che in nome di questa tanto comoda e personale “libertà di stampa” nessuno abbia mai pensato di istituire una speciale immunità giornalistica.
“Che ne sapete voi della libertà”, tuona la giornalista democratica, antifascista e pignorata.
Giusto, signora Concita, ma di quale libertà parliamo? Quella di evitare le conseguenze delle proprie azioni sbagliate?
Che sia incavolata per il pignoramento della casa ci sta, ma perché invece di blaterare a caso contro il “fascista” di turno (passatempo prediletto della tribù dei Repubblicones) che ha solo fatto valere i propri diritti in un Tribunale della democratica Repubblica Italiana (risparmiandole oltretutto il processo penale) non se la prende con i veri responsabili, con quelli che l’hanno messa nei guai?
Perchè non spiega chi c’è dietro la Nuova Iniziativa Editoriale Spa, perché non fa nomi, cognomi e partito di chi ha lasciato col deretano per terra lei e i giornalisti della sua redazione?
Fermo restando che si potrebbe anche fare giornalismo senza diffamare nessuno… prevenire è meglio che curare, come diceva una vecchia pubblicità.