“Questo libro ha una sola pretesa, quella di essere un modesto contributo alla bibliodiversità in un momento in cui il pensiero unico dominante soffoca e strangola la circolazione del pensiero libero”. Così esordisce Gianfranco Peroncini nel suo ultimo lavoro che spiega le ragioni del conflitto tra Russia ed Ucraina.
“Prima di tutto una premessa – scrive Peroncini- , forse inutile ma doverosa. Non si può non denunciare l’aggressione russa contro l’Ucraina, Stato indipendente e sovrano. I problemi , come la sicurezza dei propri confini richiamata da Putin, sono questioni che non si risolvono con mezzi che violano il diritto internazionale.” Questo tuttavia non esime dalla necessità di considerare freddamente, dal punto di vista storico e geopolitico, i termini esatti della vicenda.
Il toponimo “Ucraina” viene abitualmente tradotto con “sul confine” a indicare un’estesa frontiera collocata al centro del continente europeo. Frontiera che, a seconda delle circostanze, può fungere da trincea o da collegamento. L’Ucraina, con un territorio grande due volte quello dell’Italia, è il paese più esteso d’Europa, secondo solo alla Russia. Uno dei paesi più poveri del continente, con un indice di corruzione molto elevato, nonostante le ricchezze di risorse naturali e di un suolo tra i più fertili del pianeta: “terra scura come pece e tanto fertile da poter sfamare il mondo.”
Milioni di ettari battezzati come “cernozem” (terra nera) che potrebbero dar da mangiare a circa 300 milioni di persone, circa 7 volte gli abitanti ucraini. Per le sue immense pianure l’Ucraina è uno dei maggiori esportatori di grano del mondo, granaio dell’impero zarista prima e di quello sovietico poi. In Ucraina è ancora vivo l’odio nei confronti di Stalin e del comunismo. A causa soprattutto del “Holodomor”, in ucraino sterminio per fame, la terribile carestia pianificata da Stalin con le requisizioni forzate dei prodotti agricoli, spietato e feroce strumento del dittatore georgiano per domare senza pietà la resistenza dei contadini ucraini alla colonizzazione agricola collettiva imposta dal partito comunista. Il cosiddetto Holodomor è considerato il più imponente sterminio della storia europea del XX secolo dopo la Shoa, pianificato disegno criminale che nei primi anni ‘30 provocò la morte per fame di milioni di ucraini, una cifra compresa fra i 3,5 e i 4 milioni.
Ancora oggi la Russia con Putin vuole confermarsi impero, come lo fu ai tempi degli zar e poi dell’Unione sovietica. La fuga dell’Ucraina dalla terra madre verso Occidente, frutto del collasso del comunismo nel 1991, è una ferita che ancora sanguina. Nel 1999 Polonia, Ungheria e Repubblica ceca entrarono nella Nato nonostante l’opposizione della Russia. Che anche lo facesse l’Ucraina non poteva essere tollerato. “Senza impero, la Russia non ha ragione d’essere. Storia, geografia e autocoscienza le vietano di scadere a Stato nazionale.” (Lucio Caracciolo)
L’Ucraina diventa il perno geopolitico del nuovo ordine mondiale , come descritto da Zbigniew Brzezinski , politico democratico statunitense di origini polacche, consigliere per la Sicurezza nazionale durante la presidenza di Jimmy Carter. Insieme all’Azerbaijan e all’Uzbekistan, l’Ucraina è per l’amministrazione americana un “geopolitical pivot”, Stato la cui importanza non deriva dalla loro potenza e motivazione quanto e piuttosto dalla loro collocazione strategica. Stati che come nazioni possiedono la capacità e la volontà di esercitare potere o influenza oltre i propri confini, alterando l’ordine geopolitico esistente. Ucraina come cerniera tra Asia ed Europa dove si infransero le truppe mongole di Gengis Khan.
In quest’ultimo ventennio la Federazione Russa ha reso il Vecchio Continente dipendente dal gas siberiano. Libero da pressioni, Putin si sente libero di intervenire in Siria e contro l’Isis, disorientando gli Usa e le loro confuse strategie medio-orientali.
Putin, l’ex fedele alleato nelle ore più cupe e difficili dell’11 settembre, diventa il nemico da colpire. A metà 2013 gli analisti statunitensi individuano nell’embtionale crisi ucraina l’occasione per colpire Putin e costringere la Merkel a scegliere tra fedeltà atlantica e Ostpolitik.L’optimum si raggiungerebbe se l’Unione europea cadesse nella trappola di integrare l’Ucraina, ma Obama si accontenta di sottrarre il paese all’influenza russa. Ne scaturisce uno scontro combattuto a colpi di operazioni sotto copertura, propaganda mediatica e ritorsioni finanziarie, portando l’Europa in un clima da guerra fredda e pone Russia e Germania sulla difensiva.
A questo punto, l’ingresso dell’Ucraina nella Nato sarebbe devastante: come se il Messico decidesse di aderire a un’alleanza militare guidata dalla Cina, ospitando manovre congiunte con l’esercito cinese e con armi puntate su Washington. Insistere sul diritto sovrano del Messico di poterlo comunque fare sarebbe un’idiozia e c’è solo da rallegrarsi che nessuno lo faccia. L’analisi di Peroncini si sofferma su questi ed altri punti per spiegare una guerra che non deve finire, con negoziati di pace che restano bloccati per interessi che vanno oltre quelli del popolo ucraino.
Ucraina la dottrina Brzezinski di Gianfranco Peroncini, Bioblu edizioni. Euro 23.00