È la guerra più fredda di sempre: Cina, Russia e Stati Uniti si contendono la primazia sulle grandi rotte del Polo Nord. Mentre Pechino si è rivelata l’attore più generoso nell’Artico con 89,2 miliardi di dollari investiti dal 2012 al luglio 2017, Mosca mira al controllo del pedaggio della «Northern Sea Route», la rotta Asia-Europa, che dai porti cinesi attraversa lo stretto di Bering, percorre l’Artico e termina a Rotterdam. Con l’abbattimento dei tempi rispetto alla rotta opposta, che da Rotterdam arriva ai porti cinesi passando per Gibilterra e Suez.
Su queste coordinate il governo russo ha avviato una riorganizzazione delle competenze conferendo al gigante statale Rosatom la delega per le attività marittime sull’Artico. A questo si aggiunge il potenziamento delle rotte ferroviarie con il maxi progetto Bel-Komur, che dal 2023 collegherà Mar Bianco, Komi e Urali, e la costruzione della ferrovia Vorkuta-Ustkara nella stessa repubblica di Komi. C’è poi lo Yamal Lng, un progetto da 27 miliardi di dollari per la produzione di gas liquefatto realizzato in collaborazione con la Cina. La gestione è affidata a Novatek ed è finanziata in parte dai cinesi con una partecipazione della francese Total: consentirà di produrre 16,5 milioni di tonnellate di gas «super-cooled» entro il 2019 con l’obiettivo di eludere le sanzioni americane ed europee per diventare un leader nel mercato del gas naturale liquefatto. Gli Usa, da parte loro, hanno lanciato in orbita il primo di quattro «satelliti polari» che monitoreranno l’Artico al fine – ufficialmente – di studiare lo scioglimento dei ghiacci. In realtà il monitoraggio potrebbe essere ben più ampio.