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Home L'Editoriale

Geopolitica del virus. Vincitori e vinti

di Gian Micalessin
20 Febbraio 2021
in L'Editoriale
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Geopolitica del virus. Vincitori e vinti
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Un tempo c’era la diplomazia delle cannoniere, oggi va forte quella dei vaccini. Ma fino alla riunione virtuale del G7 di ieri in vista del summit di giugno in Cornovaglia – che ha stanziato risorse per 7,5 miliardi – né l’America, né l’Ue sembravano averlo capito. Bruxelles, incapace persino di garantire le forniture ai propri cittadini, aveva definitivamente abbandonato i buoni propositi della scorsa estate quando pianificando (male) le proprie dotazioni di vaccini prometteva di «renderle accessibili ad ogni regione del mondo».

Joe Biden – preoccupato di rispettare le promesse e immunizzare cento milioni di americani nei primi cento giorni di mandato – s’era scordato di guidare una potenza globale. E così in loro assenza si son mossi Russia e Cina. Sfruttando la cannoniera Sputnik capace – secondo la rivista scientifica Lancet – di garantire una protezione pari al 91,7%, Mosca ha fatto approvare il suo vaccino in una trentina di Paesi. E nel farlo ha prestato particolare attenzione alle zone grigie dell’Ungheria, dei Balcani e a quelle secessioniste dell’Ucraina Orientale dove la credibilità europea è già in grossa crisi. La Cina, in linea con le sue mire neo-coloniali, ha, invece, stretto accordi con Ethiopian Airlines per garantire il trasporto da Shenzen ad Addis Abeba del vaccino Sinofarm con cui inonderà il Continente Nero garantendosi ulteriori vassalli africani.

E così a rompere il glaciale silenzio dell’Occidente ci ha pensato Emmanuel Macron. In un’intervista pubblicata ieri dal Financial Times il presidente francese ha chiesto ad America ed Europa di destinare ai Paesi poveri una quota di vaccini pari al 5% per cento delle dosi acquistate per i propri cittadini. Il sostanziale spiazzamento di un Occidente preso in contropiede dalle strategie vaccinali di Cina e Russia è così diventato uno degli argomenti centrali del G7 in cui Biden s’è confrontato per la prima volta non solo con Mario Draghi, ma anche con Boris Johnson, Angela Merkel ed Emmanuel Macron oltre al premier canadese Justin Trudeau e a quello giapponese Yoshihide Suga.

Ne è emerso un panorama tutt’altro che roseo per l’America, la Nato e l’Europa. La Serbia dimenticata da Bruxelles ha già effettuato oltre mezzo milioni di vaccinazioni sfruttando forniture russi e cinesi. E altrettanto si prepara a fare la Bosnia. E a Mosca e Pechino guardano pure Montenegro, Albania e Nord Macedonia, tre Paesi Nato decisi – fino a poche settimane fa – a far affidamento soltanto su Ue e Usa. Difficile biasimarli. Il loro impegno sarebbe, infatti, assai difficile da rispettare. Biden ha già fatto sapere di non voler regalare una sola dose di vaccino fino a quando non avrà vaccinato tutti gli americani. Macron ha confermato un’offerta del 5% di dosi assolutamente insufficiente a soddisfare le esigenze dei paesi poveri. Mentre all’Europa – incapace persino di garantire le dosi ai propri cittadini – non è rimasto altro che tacere.

Tags: coronavirusgeopolitica
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