Una cerimonia quasi ignorata in Italia quella che si è svolta lo scorso lo scorso 12 giugno nella provincia di Eskisehir, nel cuore dell’Anatolia. Il presidente turco Erdogan ha inaugurato il Tanap (trans-anatolian pipeline), il tratto turco del gasdotto che dai giacimenti dell’Azerbaigian arriverà fino alla Puglia, aprendo una nuova linea di approvvigionamento di gas per l’Europa. I 1.850 chilometri del Tanap, infatti, si congiungono ad est con i 700 chilometri del South Caucasus Pipeline e ad ovest con gli 878 del Tap, il gasdotto che termina nella località pugliese di San Foca.
L’importanza economica del Tanap è di tutta evidenza: “La sua capacità iniziale – ha sottolineato Erdogan – è di 16 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno, 6 miliardi dei quali per la Turchia e 10 miliardi per l’Europa”, con la possibilità di arrivare a 31 miliardi a pieno regime. Quanto basta per far dire al presidente turco – chiamato alla prova del voto il prossimo 24 giugno – che quella che sta nascendo è equiparabile ad una “via della seta” dell’energia. Dichiarazione solo parzialmente viziata dall’enfasi propria delle campagne elettorali.
E’ sotto il profilo più strettamente geopolitico, tuttavia, che il nuovo corridoio gasifero meridionale acquisterà, una volta completato, la sua maggiore importanza. Il percorso del nuovo gasdotto – dall’Azerbaigian alla Puglia – si snoda in territori al di fuori del controllo russo: dall’Azerbaigian alla Georgia, passando poi alla Turchia. Non solo il Caucaso russo è tagliato fuori, ma anche un Paese legato a Mosca da un rapporto tutto particolare come l’Armenia non è attraversato dal nuovo gasdotto. Evidente come l’entrata in funzione di questa nuova linea di approvvigionamento riduca la dipendenza energetica dell’Europa dalla Russia, per di più in un momento in cui i rapporti tra i Paesi della Ue e Mosca – sotto la crescente spinta di Washington – non sono certamente dei migliori. La rilevanza politica dell’inaugurazione del Tanap è evidenziata anche dalla presenza alla cerimonia dello scorso 12 giugno di diversi capi di stato: con Erdogan c’erano il presidente/padrone azero Ilham Aliyev (ovviamente), il presidente serbo Aleksandar Vucic ed il presidente ucraino Petro Poroshenko. Quest’ultimo certamente non un amico del Cremlino.