Il giro ciclistico di Lombardia che si è disputato nel Ferragosto del 2020 (114ima edizione) è stato rimarchevole per vari motivi: i bruttissimi incidenti in cui sono stati coinvolti due partecipanti, il belga Remco Evenepoel, caduto nel dirupo oltre il “muro di Sormano”, e il tedesco Maximilian Schachmann, travolto dall’idiozia di una intrusa che ha fatto irruzione col SUV nel tracciato della corsa; per la trovata di spostare la data da ottobre a Ferragosto; e perché si è trattato di uno dei primi grandi eventi sportivi nell’era del Covid. Con le complicazioni che ne sono conseguite.
I 231 chilometri della corsa si sono svolti da Bergamo a Como; ha vinto il danese Jakob Fugslang, del team Astana; sul podio l’australiano George Bennett (Jumbo-Visma) e il russo Aleksandr Vlasov (anch’egli Astana). Sesto Vincenzo Nibali, settimo Schachmann che nonostante l’infortunio ha terminato la gara.
Lo scrivente ha partecipato al servizio d’ordine, in qualità di soccorritore dell’Ordine di Malta e di redattore di Destra.it; è stato assegnato al Punto 5, ossia la rotonda di Piazza s. Teresa: tra la ferrovia che porta dalla stazione Como s. Giovanni alla Svizzera, e lo stadio Sinigaglia.
Il servizio d’ordine degli eventi sportivi è sempre a contatto con un pubblico nel quale gli esagitati difficilmente mancano. Dover esercitare la “deterrenza”, ossia impedire la presenza di pubblico, ha esasperato gli animi: tanto più che le regole erano chiaramente assurde. Perché vietare di assistere, anche se distanziati e con indosso la mascherina, a bordo strada non è legittimo, se nel resto della città gli assembramenti sono permessi. Gli spettatori che, avvicinandosi a vie e piazze in cui sarebbero passati i corridori, avevano visto consistenti gruppi di africani assiepati nei giardinetti del lungolago, non avevano alcun torto nel restare perplessi di fronte al divieto di guardare la corsa dal marciapiede.
Due carabinieri, un vigile e lo scrivente, con pettorina maltese (avrebbe dovuto esserci anche un alpino, ma non si presentava), avevano così parecchi problemi nel convincere già i primi sparuti spettatori appostatisi attorno alla rotonda di Piazza s. Teresa. Con l’arrivo di intere famiglie, la “deterrenza” diventava impossibile. Lo scrivente e i carabinieri convenivano con gli spettatori che il divieto fosse sbagliato; ma da qui a permettere scene d’isterica arroganza, ne passava. Un uomo in canottiera, boxer e ciabatte aggrediva lo scrivente, urlando che un poliziotto (“quindi, più importante di te”) gli aveva dato il permesso di stare lì. Vedendo che il suo sgarbo non smuoveva lo scrivente, si rifugiava dietro un paio di passanti, urlando “quello lì mi sta puntando”; alla risposta “no, lei per me non ha nessuna importanza” lo minacciava di ritorsioni non meglio precisate, al che il baldo portatore di pettorina crociata accettava di sfidare l’uomo in ciabatte; ma sopraggiungeva il maresciallo dei carabinieri a salvare, pur rimproverandolo, il campione di maleducazione, allontanandolo dalla rotonda.
Qui il discorso si complica. Perché si spera di poter sfatare il luogo comune dell’italiano medio insofferente alle regole, attaccatissimo al proprio capriccio, maleducato e arrogante, al contempo aggressivo e vigliacco, irrispettoso del lavoro altrui. Ma ahinoi, questo stereotipo vivente si incontra ogni angolo, e d’estate forse più frequentemente che mai. La complicazione sta nel fatto che la delusione dovuta alla conferma, a ogni piè sospinto, del fatto che chi smaligna alle spalle dell’italiano medio (detto anche, dai qualunquisti anti-italiani, “italiota”) o via dicendo ne ha ragione, si somma al fatto che la suddetta, stereotipata per le regole stavolta è… giustificata. “Dura lex, sed lex”… ma stavolta, più che dura, è ingiusta. Un pasticcio, piuttosto increscioso, molto inglorioso.
A me il “popolo delle discoteche” non sta simpatico, ma non vedo perché a loro vada applicata una restrizione che non tange gli extracomunitari che, ora più che mai, assaltano le coste italiane, spandendo il Covid. Così come non è chiaro perché nella stessa città, nello stesso giorno e persino nelle stesse ore, consistenti gruppi di allogeni possano stare addossati gli uni sugli altri sul lungolago (inavvicinabile il Tempio Voltiano), e tifosi non possano assistere dal vivo a un evento sportivo.
Al netto dell’esibizione di stupidità e inciviltà dell’ometto in ciabatte, il Giro di Lombardia ha segnato l’ennesimo momento di confusione nella gestione dell’emergenza Covid. Lo dimostrano il lampante contrasto fra le due situazioni, contigue, sopra riportate; e il fatto che chi stesse applicando la “deterrenza” ammettesse che gli spettatori da respingere avessero ragione. Un altro evento all’insegna del paradosso.