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Giulio Tremonti/ Dopo la globalizzazione il disordine globale

di Redazione
28 Marzo 2022
in Rassegna Stampa
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Giulio Tremonti/ Dopo la globalizzazione il disordine globale
       

Nei giorni scorsi, commentando l’attacco della Russia all’Ucraina, Larry Fink, presidente di BlackRock (come dice il nome stesso, la biblica pietra nera della globalizzazione), ha detto che “la globalizzazione non esiste più”. Professor Giulio Tremonti, è davvero così?

“Il rapporto tra la guerra in Ucraina e la fine della globalizzazione genera uno spettacolare e demenziale equivoco. Non è la guerra che ha posto termine alla globalizzazione ma è il termine della globalizzazione che ha portato la guerra.”

Dove sta l’errore?

“I ‘pensatori’ contemporanei confondono il dito con il cielo. Il dito degli stupidi proteso verso un cielo tempestoso. Il mondo della globalizzazione era un mondo in cui la costellazione del mercato stava sopra e gli Stati stavano sotto a competere pacificamente con le loro economie. Il mondo che sta venendo fuori, ma che era ben prevedibile con la fine della globalizzazione, è invece un mundus furiorus. Era difficile prevedere in che anno e luogo ma già da anni era evidente la curva fatale della Storia.”

Quando è iniziato tutto?

“La globalizzazione come ideologia prende avvio dopo il 1989, finita la Guerra Fredda, caduto il Muro di Berlino, e si sviluppa come ‘utopia’ negli anni successivi preparata nei circoli degli ‘illuminati’ che ritenevano imperativo cogliere il ‘momentum’: ora o mai più. Il poeta di corte era Fukuyama che poetava sulla fine della Storia, ma certo non solo questo: era l’incrocio tra interessi colossali verso l’Asia e nuovi ideali di pace.”

È accaduto tutto molto velocemente…

“La sequenza è stata accelerata in modo impressionante. Nel maggio 1994, al Wto di Marrakech, proprio la parola ‘trade’ concentrava la visione politica di un mondo dominato dal mercato.”

Poi il mondo come è cambiato?

“Si è spezzata la catena Stato-territorio-ricchezza. La ricchezza è entrata nella repubblica internazionale del denaro e internet è uscito dai forzieri militari. La combinazione della fine dei confini statali e la crescita verticale della rete, con l’aggiunta dell’ideologia globalista, hanno prodotto cambiamenti tanto veloci e intensi da non avere precedenti nella Storia.”

Di chi è stata la colpa?

“Google non perdona. Mentre crolla il tempio della globalizzazione, ne escono in cerca di salvezza sciamani e guaritori, monetaristi ed austeristi, profeti del giorno dopo. Già al principio del Novecento il mondo era internazionale, intensi erano gli scambi commerciali, strutturate su scala internazionale le industrie, le élite viaggiavano usando il francese come lingua veicolare e i traveler’s cheque come mezzi di pagamento. Ma poi è venuto il 1914 a riprova del fatto che quella era solo la Belle Époque ma restavano le differenze, le passioni, i miti, le Nazioni.”

Si poteva fare qualcosa per evitarlo?

“A differenza di tanti sopravvenienti pentiti, io credo che la globalizzazione fosse inevitabile. Ma evitabile è stato l’errore di concentrarla e sincoparla in un paio di decenni appena. Il mercatismo è stata l’ideologia terminale del Novecento, un secolo che nelle ideologie si è sinistramente specializzato. La cosa giusta in un tempo sbagliato si è rivelata sbagliata. Mai nella storia c’è stato un cambio così intenso in un tempo così breve. Non si pretende la longue durée di Braudel ma si può considerare demenziale quanto è stato fatto e pensato in un pugno di anni.”

Quando c’è stato l’urto?

“Per anni la globalizzazione è andata oltre, come utopia. E utopia vuol dire ‘assenza di luogo’, che è la quintessenza della globalizzazione stessa. La crisi di questa ideologia arriva già nel 2008, con la crisi finanziaria in America e nel Nord Europa. Parte dall’esplosione dei subprime ma è essenziale capire la ragione dei subprime. I capitali andavano in Asia alla ricerca di manodopera a basso costo, l’effetto perdita di reddito in Occidente veniva compensato appunto con i subprime. A quel punto si confrontarono due visioni: quella del Governo italiano che riteneva necessaria la stesura di regole per l’economia reale. Il trattato si chiamava Global legal standard ed era il passaggio dal free trade al fair trade. Fu votato all’assemblea dell’Ocse. Noti che all’articolo 4 c’era il rispetto di regole ambientali e igieniche…”

Cosa successe poi?

“Il Global legal standard fu battuto dal Financial Stability Board: non servivano più regole per l’economia, solo alcuni criteri tecnici per la Finanza.”

Al tempo il presidente era Draghi…

“Mi pare di ricordare qualcosa di simile… Da allora ed ancora è mancata la sperata stability ma, all’opposto, c’è stata una instability prodotta dalla creazione dal nulla di moneta: dall’helicopter money al ‘whatever it takes’, fino alle dottrine chigiane secondo cui il debito è un problema dei secoli passati. I numeri attuali sono terrificanti. La finanza sta alla realtà in rapporto di tre a uno, come mai nella Storia. L’unità di conto è passata dal billion al trillion. Su questa curva della Storia è arrivata la guerra in Ucraina.”

Può essere il colpo di grazia per la globalizzazione?

“Già la pandemia aveva hackerato il software della globalizzazione, poi è venuta la guerra. Ma, anche terminata la guerra, non sarà la fine ma temo il principio del disordine portato dall’inflazione, che c’era già prima e che da sempre è la tassa sui poveri, e poi la fine delle illusioni monetarie che hanno animato il messaggio governativo nell’ultimo anno: ci dicevano che saremmo stati la locomotiva d’Europa, i numeri veri sono stati ignorati, i numeri falsi sono stati inventati, il bus a due piani del trionfo calcistico, celebrato a Palazzo Chigi, si è schiantato subito dopo sull’angolo della Macedonia del Nord.”

Andrea Indini, Il Giornale, 28 marzo 2022

Tags: economiaGiulio Tremontiglobalizzazione
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