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Giuseppi…com’è buono lei! Fracchia al tempo del virus

di Domenico Bonvegna
28 Aprile 2020
in Home, Società&Tendenze
1
       

 

 

La conferenza stampa dell’altra sera del presidente del Consiglio ha suscitato profonde delusioni in quasi tutti i settori della società a cominciare dai vescovi italiani. Interessante la descrizione quasi plastica che fa di Conte Del Papa, «un presidente del Consiglio, legittimato da nessuno, creato in laboratorio da una società di profilazione dati che ha generato un movimento-setta, blindato da un capo dello Stato assai indulgente con le sue oscillazioni di potere, il quale si rivolge a me ed altri sessanta milioni di connazionali con toni che neanche il dittatore cinese a vita, ma forse dai mesi contati, Xi Jinping:“Io vi concedo… io vi autorizzo… nessuno si creda libero… nessuno pensi di… Lo faccio per voi… Sono preoccupato quanto voi ma è per il vostro bene… Attenzione: concedere [la passeggiatina] non significa poterne abusare…”. Precisa Del Papa, «Siamo allo stato etico, il tutto a mezzo di decreti personali ampiamente fuori dalle facoltà previste in Costituzione». (Max del Papa, “Un autocrate da reality: strage della Costituzione per cinici calcoli politici, nel silenzio-assenso del Colle”, 28.4.2020, Atlanticoquotidiano.it)

Non si era mai assistito a nulla di simile, neanche nella vecchia Repubblica, siamo arrivati addirittura alla sospensione della Costituzione dice Stefano Cappellini a ”Quarta Repubblica” da Porro.

Se i sondaggi sono veri, sembra che il 54% degli italiani abbia cieca fiducia in Conte, allora è appropriata la curiosa descrizione che ho trovato sulla pagina facebook di Danilo Quinto, “Com’è buono lei !”. Il giornalista utilizza la parodia di Fracchia, il “Ragionier Fantozzi”, di Paolo Villaggio, per descrivere tutti noi che stiamo ascoltando il presidente Conte.

«Mentre il Capo parlava, con quel suo tono insieme suadente e fermo, Fracchia rimaneva sprofondato nella sua poltrona, remissivo. Non si chiedeva nulla. Gli bastava ascoltare, obbedire e servire. Era disposto ad annullarsi completamente in quest’obbedienza cieca, in questa – diciamolo pure – adorazione. Ripeteva sempre: “Com’è buono lei”».

Fracchia era convinto che il suo capo era l’uomo giusto che gli avrebbe risolto tutti i problemi. Del resto usava solennemente sempre il “Noi”.

Il capo, «ribadiva che le decisioni erano state ben ponderate, citava comitati che si erano riuniti, anzi che erano costantemente riuniti, anche di notte – gli straordinari erano diligentemente annotati – che avevano studiato, che avevano proposto, che avevano indicato tutte le soluzioni, emanato “protocolli” e “linee guida”».

Addirittura questo capo «Gli prescriveva persino come, quando e in che modo incontrare i suoi familiari, consigliandogli – previa autocertificazione – che s’impegnava ad andarli a trovare coprendosi bocca e naso con una mascherina, venduta al “prezzo giusto”, calmierato, che avrebbe consentito un margine di guadagno a chi la produceva, ma non troppo».

Ecco in questo modo Fracchia era rassicurato, quindi accettava tutto, non chiedendosi mai “perché”. «Non voleva conoscere e non voleva sapere nulla. Gli bastava ricevere comandi, che si rinnovavano ogni 15 giorni ed ogni 15 giorni veniva convocato nella stanza del capo e pendeva dalle sue labbra». Magari durante la notte pensava, prima o poi il mio capo mi consentirà «di andare in spiaggia, tenendo la distanza dagli altri (magari mi industrierò tenendo i bambini al guinzaglio) […]Di sicuro, il mio Capo ci avrà pensato – lui pensa a tutto e a tutti – e provvederà». Provvederà a tutto, al riassetto del territorio, alla manutenzione e alla pulizia della strade, alla sanificazione degli ambienti, a garantire un sistema sanitario smantellato in dieci anni per assecondare i voleri dei potenti d’Europa.
«Ogni 15 giorni, il Capo s’interessava alla vita di Fracchia. A volte, gli dava dei consigli. Altre volte, faceva delle prediche. Altre volte ancora, con fare bonario, ma deciso, imponeva obblighi. Comprendeva sempre e fino in fondo i suoi problemi e i suoi sacrifici, le sue angosce. Come quella di non avere il denaro per pagare le bollette, il mutuo, l’affitto, il mangiare e i vestiti per i suoi figli, le cartelle esattoriali che erano in giacenza e che presto sarebbero state consegnate o l’incertezza assoluta per il futuro. Il Capo gli diceva che presto tutto sarebbe andato a posto, che tutto sarebbe tornato come prima, anzi meglio di prima. E lui ci credeva».

“Andrà tutto bene”, è la frase che Fracchia ascoltava «dai balconi o la leggeva sui muri, spesso accompagnata da altre frasi (“Tutto tornerà come prima”, “Riprenderemo ad abbracciarci”), con il sottofondo di “Bella, ciao”, una canzone ormai imposta all’attenzione di tutto il mondo e tradotta in tutte le lingue, che qualche prete, ormai defunto, anni fa cantava dall’altare, con accanto le bandiere rosse e quelle dell’arcobaleno e che era diventata, nel tempo, l’inno della Liberazione, cantata nelle piazze durante la quarantena imposta agli “altri“».

Insomma il Capo, insieme a tanti altri uomini d’ingegno e di qualità, riuniti in comitati scientifici, lavorava giorno e notte per risolvere tutti i problemi e presto avrebbe trovato soluzioni adeguate per far sopravvivere Fracchia e la sua famiglia.
Prima o poi, Fracchia qualche euro l’avrebbe visto, così da impedire di recarsi – lui, che pur aveva una sua dignità – alla mensa dei poveri e a diventare povero anche lui. Forse sarebbe riuscito anche a non rivolgersi agli usurai, che l’avrebbero strozzato e magari indotto al suicidio».

Ma il Capo si occupava anche del suo rapporto con Dio, era come Giuseppe II, imperatore d’Austria (giuseppinismo), che disciplinava minuziosamente anche la liturgia della Chiesa, «per ora, gli avrebbe concesso di ricevere un funerale in Chiesa se fosse morto, alla presenza dei suoi parenti stretti. Massimo 15. E’ lo stesso numero pensato per le “direttive”, rifletteva Fracchia. Qualche logica ci sarà. “Com’è buono lei”, ribadiva». Inoltre il Capo stava studiando un protocollo per vedere come tornare a celebrare le messe, superando il diniego del comitato scientifico. Lui devoto di padre Pio, l’aveva sottolineato, non dipendeva da lui.

Si profilava, dinanzi a Fracchia un “mondo nuovo”, un “Nuovo Umanesimo”, come amava chiamarlo il suo Capo. «Fatto di tante sorprese. Una di queste, sarebbe stata , prima o poi, la regolarizzazione di 600.000 immigrati clandestini. Finalmente – diceva tra sè e sè, Fracchia – i miliardi a loro destinati a fondo perduto avrebbero portato frutti copiosi e avrebbero risolto il problema della natalità, oltre a contribuire alla raccolta di frutti e ortaggi o a badare ai vecchi, per i quali non c’è tanto tempo da dedicare». Ma le sorprese non sarebbero finite, c’era quella della «scarcerazione di uomini che si erano macchiati di terribili delitti di mafia. Il dialogo è sempre prezioso ed era, poi, la prova provata della funzione rieducativa e riabilitativa della pena, pensava Fracchia. Anche i familiari delle vittime di quei delitti, entusiasti, l’avrebbero finalmente riconosciuto».

Infine un’ultima sorpresa per Fracchia, tratta dai romanzi di fantascienza, «tra un pò avrebbe ricevuto l’invito a installare sul suo telefonino una APP, che avrebbe consentito ad un cervello informatico di immagazzinare tutti i dati della sua vita». Ci avrebbe pensato tutto il Capo, anche per i vecchi, quelli sopravvissuti dalla strage avvenuta nelle Rsa o nelle case.
«L’APP sarebbe stata volontaria, ma già si profilava l’idea di introdurre incentivi a chi l’avrebbe utilizzata. Una specie di “premio di produzione”. Il dibattito su questo era serrato all’interno del potere di comando, delle centinaia di persone che facevano parte delle task force e Fracchia era contento di tanto interesse che veniva dimostrato per il benessere dell’umanità. Voleva dire che tutti si stavano adoperando per il suo bene, per quello dei suoi simili, per una vita più civile e più umana».

Insomma Fracchia era disposto a tutto, gli importava solo obbedire. Screening sierologici, poter sperimentare vaccini di ultima generazione, magari sponsorizzati dal fondatore di Microsoft Corporation, «l’uomo più filantropico e appassionato nel mondo sulle sorti dell’umanità. Quanto era contento, Fracchia, di sapere di poter essere marchiato per sempre. Quanto era confortato dal fatto di poter vivere in un mondo in cui i filantropi, come Bill Gates o come George Soros, che dedicano le loro vite all’affermazione dei diritti umani, sono tanto buoni e partecipi del destino dell’umanità».

 

Tags: coronavirusGiuseppe Conte
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Commenti 1

  1. Giovanni says:
    3 anni fa

    Conte più che un dirigente della Megaditta mi ricorda di più Calboni

    Rispondi

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