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Giuseppi come Luigi XVI? Gli Stati generali: corsi e ricorsi della storia

di Alfonso Indelicato
11 Giugno 2020
in Home, Pòlis
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Le prossime gesta del governo si dipaneranno all’insegna dei ricorsi storici: battezzando “Stati generali” la vasta e composita congerie di esperti incaricati di pianificare i prossimi passi dell’ economia nazionale, però, si evocano vicende tutt’altro che liete. Ne saranno consci i politici che hanno rispolverato tale formula, o i loro ricordi di scuola sono talmente sbiaditi da non ricordare il paragrafo iniziale della Rivoluzione Francese sul libro di testo?
La convocazione dei rappresentanti dei tre Stati – anche allora centinaia e centinaia, provenienti da ogni luogo della Francia – diede luogo, nei vasti saloni di Versailles, a interminabili, verbose,  inconcludenti concioni. Le settimane passavano, e nulla di concreto si quagliava sulla materia, che era poi l’eterna questione delle imposte – chi dovesse pagarle e in che misura – per tappare i buchi del disastrato bilancio nazionale.

Andò come tutti, o almeno molti, sanno: i rappresentanti del terzo stato, sessantottini ante litteram, “occuparono” una sala contigua autonominandosi Assemblea Nazionale. Il re, che era un bonaccione, accettò il fatto compiuto. Ne seguirono varie vicende, molte delle quali sanguinose, tanto che pochi anni dopo lo stesso Luigi XVI fu ghigliottinato fra il giubilo dei sanculotti e delle tricoteuse.
Oggi nessuno, per fortuna, pensa di ghigliottinare il capo del governo: al massimo si gradirebbe tornasse a fare il civilista nel Foro di Foggia, occupandosi di tamponamenti (non di tamponi) e liti condominiali. Ma mutatis mutandis la situazione attuale ha diversi punti di contatto con quel tempo lontano. Per esempio il carattere meramente consultivo delle due assise. Per esempio il loro sovrapporsi a istituzioni ben più legittimate ad occuparsi della materia: il parlamento elettivo  nell’ Italia moderna e il Conseil du Roi nella Francia della monarchia capetingia.

È vero che  nella Versailles dell’ ’89 non era prevista l’epifania di una Von der Leyen in videoconferenza, di fronte alla quale genuflettersi come dinanzi a un’ icona sacra e mormorare preci laiche e politicamente corrette. Ma a pensarci bene anche qui un’analogia si trova: non troppo diversamente i membri del Terzo Stato, di lì a poco, avrebbero bruciato l’incenso davanti alla statua della Dea Ragione. E qui verifichiamo quanto avesse ragione quel noto ebreo tedesco il quale scrisse che la storia si ripete sempre due volte: prima come tragedia, poi come farsa.

Intanto filtra già  qualcuna delle mirabolanti idee dei nostri cervelloni. Per esempio la tassa sui prelievi al bancomat, che pare sia stata partorita direttamente dalla mente di Colao, colui che nell’ infuriare del covid aveva proposto di chiudere in casa tutti gli italiani dai sessantacinque anni in su. Insomma si tratterebbe di pagare per spendere il proprio denaro. Davvero geniale:  un’idea così non sarebbe venuta neppure al Necker.

Tags: Giuseppe ConteRivoluzione francese
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