Lo chiede l’Europa. Quante volte abbiamo sentito evocare questo spauracchio per coprire le più torbide campagne di svendita della sovranità nazionale? Ma spesso le grida di Bruxelles sono solo terribili noiosità, leggi inutili, editti ridicoli. Pensiamo alla misurazione delle banane o ai rapporti sui tassi d’acidità dei cetrioli, ricordiamo l’imposizione di scritte mortuarie sui pacchetti delle sigarette, l’obbligo di piste ciclabili in alta montagna e di piscine olimpioniche nelle isolette del Mediterraneo o la tutela dei licheni finnici e altre stupidaggini.
Lo chiede l’Europa. Questa volta chiede all’Italia di adeguare le condizioni delle carceri e della detenzione. Silenzio. Sul tema delle carceri non si muove foglia.
Perché? Forse perchè il sistema italiano sembra più un groviera di metallo ruggine piuttosto che un istituto austero ma giusto, come la nostra comunità dovrebbe pretendere?
Perché? Forse perché la giustizia italiana (con buona pace del severo ma geniale senatore Rocco) sembra sempre più un vascello impazzito, guidato non più dai nocchieri ma da cuochi di bordo, avidi e ottusi. Pensieri cattivi, certo, ma la magistratura sembra ormai spersa in una navigazione senza logica e senso, incuneata su rotte sbilanciate su cui s’alternano indulgenza e rigore, clemenza e ottuse persecuzioni. Condizionamenti politici e autoreferenzialità. La politica tace e, timorosa, approva. Con assoluta superficialità.
La stessa certezza della pena — un tempo forza deterrente — è sfigurata e lesa ogni giorno e di conseguenza quel poco che rimane della credibilità dello Stato. Da qui l’offensiva delle mafie sul territorio — un contropotere sempre più invasivo e minaccioso — e un’immigrazione disperata e ormai incontrollata. Ma, poi, chi controlla i controllori?
Lo chiede l’Europa. Ma qui manca tutto, anche una promozione di misure alternative di rieducazione funzionali a dare un senso alla reintegrazione del detenuto stesso, in primis in quei casi dove la contiguità con la comunità criminale è accertata o prevedibile.
Lo chiede l’Europa, ma il sistema giudiziario non prevede nemmeno la possibilità di far espiare la pena nei paesi di origine degli immigrati, tramite accordi internazionali. Un costo sociale ed economico che nessuno vuole o può contabilizzare.
Nulla si risolve, tutto si complica. Tragedia si aggiunge a tragedia. Il mercato del crimine ringrazia, con tanti saluti allo stato di diritto. Alla giustizia. Alla sicurezza.
Lo chiede l’Europa. Per una volta sarebbe bene darle ascolto.