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Gli italiani. Un popolo di santi, poeti e navigatori respinti

di Nicola Silenti
7 Giugno 2022
in Home, Società&Tendenze
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Gli italiani. Un popolo di santi, poeti e navigatori respinti
       

«Un popolo di poeti, di artisti, di eroi, di santi, di pensatori, di scienziati, di trasmigratori e di navigatori». Questa brillante sintesi dell’italianità, estrapolata dal celebre discorso di Mussolini del 2 ottobre 1935 in risposta alla condanna delle Nazioni Unite inflitta all’Italia per l’aggressione all’Abissinia, è impressa a caratteri cubitali sul Palazzo della civiltà a Roma. Un manifesto, un proclama e una sintesi che tuttavia, alla luce di questo infausto presente, costringe tutti noi a una mesta e amara riflessione a proposito dell’appellativo “navigatori”.

Da anni ormai l’Italia è una nazione che ”volta” le spalle al mare e rivolge il suo sguardo verso la terraferma a settentrione, avendo paura se non addirittura repulsione per la propria, pur innata, dimensione marinara.

Certo è che dalla fine degli anni ’90 la guida del Paese ha deciso di consegnare il Mare nostrum alla teoria del “Mediterraneo allargato” per meglio sviluppare il concetto dello sviluppo degli interessi nazionali nell’epoca della globalizzazione verso l’Oceano Indiano, nelle cui acque si moltiplicano sempre più dispute e conflitti di ogni sorta.Invertendo la tendenza degli ultimi anni invece gli studiosi di geopolitica degli spazi marittimi prediliggono parlare oggi, per usare la definizione più in voga coniata dalla rivista “Limes””, di  “Medioceano”, cioè di un bacino da considerare non più “incastonato tra Europa, Africa e Medio Oriente” bensì come via acquatica di collegamento tra due diverse sezioni dell’Oceano Mondo.

 Una rivoluzione analitica e un cambio di paradigma che vede il Mediterraneo per quello che è davvero, ossia una via di comunicazione globale unica al mondo in preda a una crescita esponenziale, in termini numerici, dei traffici commerciali e delle rotte marittime lungo le quali transita la gran parte delle materie prime, delle derrate alimentari, delle risorse energetiche e dei prodotti finiti del pianeta. Detto altrimenti un vero e proprio Eldorado dalle potenzialità infinite, se si considera che il 90 per cento delle merci e il 50 per cento dei passeggeri a livello globale viaggia oggi su nave.

Eppure, a dispetto di una simile evidenza e dell’interminabile corollario di analisi, studi, proiezioni e articoli di stampa che da anni insistono sull’argomento, chi prende le decisioni nel nostro Paese è riluttante ad abbandonare la sua visione terragna e abbracciare la naturale attitudine di un Paese votato al ruolo di potenza marittima.

Un ruolo naturale e un destino ineluttabile per l’Italia, quello del mare, espresso in modo mirabile nel quanto mai attuale libro “Patria senza mare. Perché il mare nostrum non è più nostro. Una storia dell’Italia marittima” (Signs Books, euro 25,00) dell’amico Marco Valle, un’opera di segno universale che fa breccia, come mai nessuna prima, nell’anima e nella coscienza di chi oggi si ostina a definirsi afflitto da “marittimità acuta”. Opera unica nel suo genere dove viene narrata la storia nazionale “del mare” piena, in 514 pagine, di aneddoti, curiosità, ritratti e vicende del Mare Nostrum nella quale tra l’altro troviamo lo splendore di Amalfi, Pisa, Genova e Venezia, capitali mondiali della globalizzazione medioevale. E ancora, la vittoria di Lepanto, la supremazia marittima, tra il Seicento e il Settecento, di Livorno, Trieste e Napoli ed infine il pensiero di Camillo Benso di Cavour, la luminosa stagione dei transatlantici, i conflitti del Novecento e tanto altro ancora per arrivare alle parabole parallele dei Costa e di Achille Lauro.

Un’opera che ha il valore inestimabile di un lascito a futura memoria, un vero e proprio testamento ideale per i marittimi di oggi e di domani, un patrimonio di saperi e sentimenti affidato al fluire di ogni riga e di ogni pagina grazie alla consapevolezza di chi non vuole rassegnare il suo racconto alla gloria delle gesta passate ma tracciare una rotta chiara e netta in questo oceano presente di ignoranza, inadeguatezza e ottusità.

Un libro da citare in ogni discussione e in ogni occasione, davanti agli allievi e ai docenti, da promuovere in ogni tavola rotonda, dibattito e consesso e da divulgare ovunque in tutta la sua poderosa portata sociale. Un libro di cui da oggi, io per primo, orgoglioso di essere stato citato nella parte relativa ai “Ringraziamenti”, sarò cantore e portavoce, rinfrancato e spronato dall’eterna ammirazione e gratitudine che il mondo del mare deve a un pensatore che ha saputo farsi interprete di un universo vessato e calpestato ma che, lo dimostra il suo sforzo, ha ancora voglia di combattere.

Tags: Marco ValleMaremarina mercantileMarina militareSigns Books
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