Richard Nixon fu indubbiamente un presidente politicamente discutibile e incredibilmente un uomo di strette vedute e larghe iniziative. 50 anni fa però, nessuno era in grado di prevedere la mossa con la quale scatenò il delirio finanziario di cui ancora oggi paghiamo pesantissime conseguenze. Nel 1971, infatti, cancellò gli accordi di Bretton Woods che prevedevano l’accettazione, da parte di tutti i Paesi firmatari, di un sistema di cambi valutari fissi riferiti al dollaro che a sua volta avrebbe dovuto mantenere la parità col controvalore in oro. Questi accordi erano stati siglati nel 1944 per evitare che vi fossero crisi economiche come quella del ’29 ed evitare speculazioni in campo finanziario.
Pe finanziare la guerra del Vietnam, gli Stati Uniti utilizzarono dodicimila tonnellate d’oro delle loro riserve: questa fu la causa scatenante, ma non il reale motivo che spinse Nixon a compiere l’insano gesto dell’agosto ’71. In realtà la richiesta veniva proprio da quelle banche private americane che vedevano negli accordi di Bretton Woods un ostacolo alle loro speculazioni finanziarie sul territorio nazionale, ma soprattutto in campo internazionale. Fu l’inizio di quella che venne definita deregulation. Negli USA furono imposte nuove sanzioni sulle importazioni, l’inflazione schizzò alle stelle, la Federal Reserve portò i tassi di interesse al 20% e nel 1973, complice anche la guerra dello Yom Kippur, il prezzo del petrolio greggio (espresso in dollari) raddoppiò nel giro di pochi mesi. Nixon decise di stampare dollari come se piovessero.
La scelta del presidente creò danni incalcolabili. La possibilità di avere un dollaro “sganciato” dall’oro consentì la peggiore delle globalizzazioni finanziarie immaginabili. Nel 1971, negli USA, il rapporto debito pubblico/PIL era del 36% circa, oggi è oltre il 135%. Nel 1973, la conferenza di Parigi approvò il nuovo regime dei cambi fluttuanti e immediatamente i governi dei vari Paesi approfittarono per svalutare le loro monete in modo da poter rilanciare le esportazioni. Le moneti deboli però, furono attaccate dagli speculatori che diedero il colpo di grazie a decine di Paesi che venivano annoverati fra quelli in via di sviluppo. Nell’Europa Occidentale l’aumento di prezzi e salari non corrispondeva ad una reale crescita economica, in Italia tra il 1973 e il 1979 vi fu un’inflazione media del 16%. Una continua inflazione, non accompagnata da un incremento della redditività del Paese, segnò una perdita del potere d’acquisto della moneta nazionale.
Il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale, istituzioni nate dagli accordi di Bretton Woods proprio per vigilare sul sistema monetario e aiutare i Paesi in difficoltà, divennero strumenti in mano alla finanza più aggressiva per far inginocchiare la maggior parte delle Nazioni ai piedi dei colossi bancari.
Le libere fluttuazioni valutarie diedero il via libera all’aggressività dei banchieri e alla loro visione distorta di un mondo senza confini, senza limiti, senza vincoli e senza regole. La spregiudicatezza delle loro azioni è stata dettata esclusivamente dal loro fine ultimo che è quello del massimo profitto, costi quel che costi. La possibilità di creare moneta dal nulla concessa alle banche private ha, di fatto, creato un mondo finanziario che alimenta esclusivamente gli interessi di pochi, cancellando qualsiasi tipo di considerazione verso aspetti fondamentali come produzione e lavoro. Qualcuno l’ha giustamente definita come l’epoca dell’apologia degli eccessi.
Se possibile, le cose sono peggiorate ancora di più quando nel 1998 fu cancellato il Glass Steagal Act del 1933. Questa legge stabiliva la separazione netta tra banche commerciali e banche d’investimento, proibendo alle prime di utilizzare i depositi dei risparmiatori per operazioni speculative. Da quel momento fu caos USA.
Per garantire più equità e giustizia in ambito finanziario a livello mondiale andrebbe completamente riformato questo sistema che consente alle banche di stabilire, in termini monetari, cosa, come e quando. Sappiamo che sarebbe un’impresa titanica che rischierebbe l’immediato fallimento a causa del potere incontrastato della cupola finanziaria, ma si potrebbe iniziare da un nuovo accordo monetario internazionale, un accordo che possa magari stabilire un numero preciso di valute stabili in grado di evitare oscillazioni e svalutazioni per tutte le altre. Servirebbe che le valute fossero al servizio della produzione nazionale e delle famiglie e non di un pugno di speculatori autorizzati.