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Governo Draghi 4/ Chi conta e chi no: ministri pesanti e ministri affondati o affondabili

di Massimo Weilbacher
14 Febbraio 2021
in Home, Pòlis
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Governo Draghi 4/ Chi conta e chi no: ministri pesanti e ministri  affondati o affondabili
       

Archiviato in men che non si dica e senza scosse il reality show di Giuseppi e del suo famiglio-mentore da Grande Fratello ecco arrivare, rapido ed invisibile (ai media e ai gossip), il primo governo Draghi. Lo smaltimento del rottame governativo Conte bis è stato inaspettatamente veloce ed indolore, rivelando anche in questo la sua assoluta inconsistenza. Quello che veniva dipinto dai media, dai talk show e dal baraccone di opinionisti ed intellettuali più o meno asserviti come insostituibile ed indispensabile, unica soluzione possibile per uscire dall’emergenza e dai guai (da lui stesso amplificati a dismisura) si è invece dimostrato una finzione e si è afflosciato su se stesso svanendo praticamente senza lasciare tracce. Nessuno sente più la mancanza del presunto caro leader che ancora pochi giorni fa pseudo sondaggi manipolati e compiacenti dipingevano come il più popolare del paese, capace di arrivare di botto e da solo al 15% delle intenzioni di voto. Quelli che fino a ieri lo osannavano e difendevano tartufescamente a dispetto dell’evidenza dei fatti sono gli stessi che oggi sbeffeggiano senza pietà lui e il suo Sancho Panza con articoli al vetriolo che se fossero stati scritti solo un settimana prima avrebbero potuto significare qualcosa, ma che scritti oggi quando il duo che ha indegnamente occupato palazzo Chigi per 527 lunghi giorni si appresta a rientrare ingloriosamente nel nulla dal quale proviene confermano solo la antichissima e meschina attitudine italiota al conformismo, alla piaggeria e all’opportunismo.

Detto questo, il governo Draghi tra sin troppi ed inutili osanna e titoli giornalistici da cinegiornali Luce, altro vecchio vezzo mai morto (anche se il leggendario loden di Mario Monti resta inarrivabile), ha giurato ed è entrato in carica suscitando tra l’altro un discreto nervosismo in Germania. La Bild, il tabloid che parla alla pancia dei Tedeschi e ne raccoglie gli umori più triviali, ha subito ripreso il suo vecchio ritornello del Draghi Dracula, il vampiro che avrebbe succhiato ai tedeschi i loro risparmi per favorire i pigri Italiani. Una posizione ridicola, cara anche a molti collaborazionisti nostrani, falsa e fuori dalla realtà, visto che Draghi salvando l’Euro ha fatto prima di tutto un favore alla Germania, e che tradisce il nervosismo di chi potrebbe trovarsi di fronte non più servizievoli camerieri come Gentiloni né pittoreschi e spaesati dilettanti come Conte e Gualtieri, ma qualcuno in grado di trattare da pari a pari con la Merkel parlando nella sua lingua, che conosce a menadito, ad esempio, le molte e gravi magagne del sistema bancario tedesco, dai grandi malati Deutsche Bank e Commerzbank sino alle opache e poco efficienti Landesbanken.

Impossibile per ora il giudizio sui fatti, che ancora non ci sono, è possibile invece quello sulle scelte. Al di là delle apparenze, che già hanno suscitato mugugni, la linea seguita da Draghi appare piuttosto chiara se solo ci si sforza di guardare oltre l’apparenza. Apparentemente diversi ministri sono stati più o meno confermati e parrebbe esistere una sorta di continuità. Ma è proprio così?

Ovviamente non è al numero dei ministri che bisogna guardare ma al loro peso, tenendo ben presente il rompicapo che Draghi ha dovuto risolvere: tenere insieme una compagine che più eterogenea non si può avendo dalla propria parte solo l’autorevolezza personale, l’emergenza e l’appoggio del Quirinale. Le patetiche convulsioni del PD quando Salvini ha dichiarato il suo appoggio la dicono lunga sull’atmosfera delle consultazioni; chissà cosa avevano capito Zingaretti e i suoi quando Mattarella, da loro sempre glorificato, aveva rivolto, senza fare distinzioni, “alle forze politiche un appello per un governo di alto profilo per far fronte con tempestività alle gravi emergenze in corso”. Molto più rapida la conversione a U dei grillini terrorizzati dall’idea di tornare a casa, cioè al call center, allo stadio o sul divano del salotto di casa, la cui resistenza in nome di Conte è durata una manciata di minuti, il tempo di rendersi conto di quello che rischiavano.

Nella scelta dei ministri tenendo ben presente il dato politico, sempre rilevante anche se di qualità scadente, Mario Draghi ha operato chirurgicamente sottraendo tutti i ministeri chiave, tranne uno, agli incompetenti che li occupavano facendo danni. Ecco quindi, finalmente, il benservito all’indecente Gualtieri sostituito da un uomo di fiducia ben sapendo chi sarà il vero ministro dell’economia; via la pessima e inutile De Micheli accompagnata dalla Azzolina; via anche l’incapace e inconsistente DJ Fofò dalla giustizia, sostituiti da persone di fiducia del premier tutte dotati di solidissimi CV. In pratica tutti i ministeri chiave per la necessaria ripresa economica sono stati sottratti a personaggi improbabili ed incapaci e sono ora saldamente in mano a figure ben più solide ed affidabili. L’ultimo, quello dello Sviluppo Economico, è finito alla Lega in persona di Giancarlo Giorgetti, ovvero il portavoce della sua base elettorale più produttiva e, in genere, dei ceti produttivi del nord, sottratto ad un inconsistente ed insignificante grillino dirottato all’Agricoltura, dove certamente non potrà fare peggio della pittoresca Bellanova.

Conserva la poltrona del Viminale la Lamorgese, debole tecnico che con Giuseppi si limitava ad eseguire disposizioni per lo più inefficaci o velleitarie, e che continuerà a farlo ricevendo verosimilmente altre istruzioni, verosimilmente più sensate, che dovrà comunque eseguire. Rimasti a loro posto i notabili PD Guerini e Franceschini, è approdato al governo un terzo capataz del Nazareno, il grandemente sopravvalutato Andrea Orlando che col sui CV da oscuro funzionario di partito dovrà occuparsi del Ministero del Lavoro, cioè l’area che sarà investita più fortemente dalla tempesta sociale che si scatenerà tra pochi mesi, quando, ad esempio, finirà il blocco dei licenziamenti. Una bomba ad orologeria che rischia di scoppiargli in mano.

Se questo è l’assetto dei ministeri importanti, agli altri rimangono solo giocattolini coi quali baloccarsi senza fare troppo danni. E’ lì che sono finiti, ad esempio, i grillini superstiti e qualche redivivo come la macchietta Brunetta piazzato alla Pubblica Amministrazione (un ritorno alquanto sgradevole); la Carfagna al Sud e la Gemini agli Affari Regionali dove però non si può non registrare il sacrosanto benservito al patetico Francesco Boccia, uno dei peggiori del Conte bis (il che è tutto dire), e lo spostamento verso Nord del baricentro, segno che i problemi di gestione della pandemia hanno lasciato il segno. Registrata la rivincita di Vittorio Colao, usato e gettato da Conte e ora recuperato come ministro dell’innovazione tecnologica, resta da dire dei pedaggi che Draghi ha dovuto inevitabilmente pagare. Il più evidente ed esoso è quello che ha lasciato Luigi Di Maio al Ministero degli Esteri confermando l’enorme sproporzione tra quella poltrona e chi continuerà ad occuparla indegnamente. Scelta evidentemente necessaria per imbarcare senza problemi i grillini, così come la assurda conferma del mediocre Speranza alla salute, indispensabile per calmare i quattro gatti di LEU e i piddini a loro collegati. Probabilmente entrambi i ministeri finiranno sotto la tutela del PdC.

Stavolta Matteo Salvini se l’è cavata piuttosto bene: fatta (quasi certamente non per merito suo) la scelta di imbarcarsi sulla caravella di Draghi, ha ritrovato un ruolo politico di primo piano scompaginando gli avversari e portando a casa un ministero chiave, altri due molto utili (Turismo e Politiche per la disabilità) e la possibilità di dire la sua all’interno del governo. Non altrettanto si può dire di FdI, rimasta fuori dai giochi per scelta riparandosi dietro allo scudo di slogan (“mai al governo col PD i 5 Stelle e Renzi”) buoni per compattare ma non per incidere sulla realtà. L’idea è, evidentemente, di lucrare sul malcontento altrui per migliorare i risultati dei sondaggi a spese degli alleati di centro destra. Un calcolo abbastanza azzardato, specialmente se Draghi riuscirà ad ottenere risultati apprezzabili.

Il tempo e i fatti ci diranno chi ha visto giusto e, soprattutto, lontano.

Tags: centrodestraMario Draghi
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Commenti 1

  1. Gabriele Baraldi says:
    3 anni fa

    Ma come avrebbe inciso un gruppo di 19 senatori e 33 deputati dove l’attuale maggioranza presumibilmente prevederà una maggioranza alla camera di 343 deputati e 186 senatori ? Anche considerando che una maggioranza c’è ed è quella dell’ex maggioranza. Al contrario penso che l’opposizione debba dare da subito battaglia nella nazione contro questo governo rimanere in una posizione di attesa questo sarebbe un errore, opposizione totale altro che valutare i provvedimenti, hanno una maggioranza bulgara che se li votino i provvedimenti per “salvare L’Italia”, e dalla caduta del primo governo Conte che si sarebbe dovuto votare, si sono inventati il Conte bis e ora la destra dovrebbe togliere le castagne sul fuoco a Mattarella e soci. Draghi conosce i punti deboli del sistema bancario tedesco ? E questo dovrebbe essere un vantaggio ?

    Rispondi

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