Il Governo presieduto da Enrico Letta e che ha come vice Antonino Alfano ha iniziato il suo cammino, con un programma denso, in parte condivisibile ma anche con qualche perplessità.
Tuttavia, il tema che vorremmo esaminare non è tanto il programma di questo governo, le promesse che ha fatto, quello che riuscirà a mantenere, il tempo che durerà. Avremmo tempo e modi per intervenire sui singoli aspetti.
La vera questione sta nella domanda di fondo: cosa rappresenta questo governo? Ed esso costituisce una svolta, come si dice da tante parti, nella politica nazionale per i prossimi anni?
In primo piano vi è ovviamente l’intesa tra i due maggiori – e finora acerrimi nemici – partiti delle coalizioni avversarie durante le ultime elezioni politiche, il Partito Democratico ed il Popolo della Libertà. Ma quali “parti” di questo partito sono coinvolte?
La prima osservazione che viene formulata è il fatto indiscutibile che nel governo, sia per la “parte PD” che per la “parte PDL” sono presenti personaggi che o provengono dalla Democrazia Cristiana o ne sono culturalmente vicini. Basta fare i nomi di Letta, Alfano, Lupi, Mauro, ed altri cosiddetti “tecnici”, per trovarvi quella origine, cui fa da contrappeso l’esclusione di personaggi appartenenti da un lato all’area comunista o socialista e dall’altro a quella di “destra” per come si era manifestata per esempio in Alleanza Nazionale.
Ed allora, a nostro parere, si sta profilando un futuro politico in cui una parte piuttosto consistente dei due partiti contrapposti sono stanchi del conflitto permanente e, ricordandosi delle loro origini o culture di riferimento, stanno riscoprendo il ruolo del “centro”: un centro che ipoteticamente in futuro vedrà nascere un agglomerato politico che vuole governare. Come sarà composto? Potrebbe avvenire che nel PD ci sia una scissione per spingere gli ex-comunisti ad un alleanza con il SEL, con parte dei “grillini” e con quello che resterà di Rifondazione Comunista e simili; nel PDL invece, visto che la maggioranza del partito è d’accordo con quelle posizioni, vi sarà un’ulteriore e magari definitiva esclusione degli esponenti provenienti dalla Destra (ridottisi ormai al 6% degli attuali deputati) e una sempre più spinta marginalizzazione anche degli ex-socialisti (Brunetta, Cicchetto, Sacconi, ecc.).
Se questo scenario si realizzerà in tempi più o meno lunghi, si ritornerà ad una situazione di “prima repubblica” (come commentava euforico Cirino Pomicino) che, avvalendosi anche dell’apporto di una legge elettorale con collegi maggioritari, escluda le “estreme”: da un lato ex-comunisti ed alleati, dall’altro la Destra cui potrebbe essere assimilata anche la Lega.
Ed allora, cosa fare in vista di questa ipotesi non tanto peregrina?
Sarebbe grave se un movimento politico di destra non fosse più presente in Parlamento dopo quasi settant’anni: nel passato abbiamo avuto l’Uomo Qualunque, il Msi, AN, rappresentati da personaggi autorevoli, competenti, coerenti ed appassionati.
Oggi, l’unico gruppo politico alla Camera dei Deputati che in qualche modo rappresenta e continua quell’esperienza è Fratelli d’Italia con la sua pattuglia di nove deputati (il Msi iniziò con sei…).
I suoi dirigenti dovrebbero comprendere l’importanza e la gravità della possibile svolta storica qui ipotizzata, ed attrezzarsi organizzativamente ed anche culturalmente per raccogliere questa sfida. Certamente non su basi nostalgiche, ma con coerenza rispetto ad una visione politica nazionale e sociale che non era venuta mai meno nei diversi passaggi. Gli altri movimenti, a cominciare dalla Destra di Storace, peraltro indebolita anche dalla dolorosa scomparsa del suo animatore appassionato Teodoro Buontempo, ed altri gruppi minori, anziché continuare a percorrere vie elettorali individuali senza alcuno sbocco, dovrebbero cominciare a porsi questo problema per cercare di riunire le forze ed i militanti. Quei militanti che poi ritroviamo sempre compatti ai funerali, ma anche ad iniziative pubbliche come la contestazione alla possibile elezione di Prodi ed alla difesa dei nostri “Marò” prigionieri in India, i quali forse gradirebbero sentirsi tutti appartenenti alla stessa organizzazione.
Sono spunti sui quali bisognerebbe riflettere.
Giusto.. magari però Fratelli d’Italia, appunto per farsi rappresentante di questa Destra, contraria ad una svolta centrista democristiana, dovrebbe in primis uscire dal Partito Popolare Europeo, partito democristiano, con tutto ciò che tal decisione implicherebbe..