Mentre il vecchio Jean Marie si cura le bruciature causate dall’incendio (fortunatamente casuale) che ha incenerito lunedì pomeriggio la sua casa a Rueil Malmaison (il nome non era proprio d’ottimo auspicio…), la sua bionda e indaffarata erede (il bruciacchiato padre si è rifugiato dalla sua bimba) festeggia la vittoria di Syriza in Grecia.
Per Marine, il successo dell’ellenico post comunista è un segno dei nuovi tempi, una vigilia della svolta tanto attesa: la rottura. L’accordo di Tsipras con il partito dei “Greci indipendenti” — un movimento apertamente di destra e decisamente sovranista — rappresenta per Marine Le Pen «la chiusura della dicotomia destra-sinistra, la fine dell’Europa sovranazionale, la vittoria della democrazia sull’Unione Europea».
La presidentessa del Front National e il suo concorrente Nicolas Dupont, leader di Debout la France, sono convinti che Panos Kammenos riuscirà ad impedire una deriva massimalista alla Grecia e imporre al neo primo ministro una politica d’indipendenza nazionale credibile e vincente.
Per il momento si tratta di ipotesi o auspici. Ogni previsione è azzardata e prematura. In ogni la rottura degli schemi ad Atene apre al Front National nuove, insperate prospettive. L’affermazione di Alexis Tsipras consente a Marine di superare la crisi mediatica post Charlie Hebdo, culminata con la sua esclusione da ogni manifestazione ufficiale. Paradossalmente, proprio nel segno dell’Ellade, Marine Le Pen ha ritrovato nuovamente le prime pagine dei quotidiani e nuovo carburante per la sua marcia trionfale nell’Est e nel Nord della Francia, le zone più colpite dalla crisi, gli antichi feudi del PCF.
Come avverte preoccupato Le Figaro, oggi la candidata all’Eliseo può presentarsi con sempre più forza (e nuovo ascolto) alle categorie sociali più fragili, più indifese. Per Marine il nuovo conflitto si combatte ormai«tra patrioti e europeisti, tra popoli e banchieri». Di certo in Francia, le vecchie categorie stanno saltando e le vecchie geografie politiche si rivelano sempre più obsolete.