Da più di tre settimane le piazze della Grecia sono nuovamente in ebollizione. Da Atene a Salonicco, da Patrasso a Larissa un’onda di manifestazioni, con una partecipazione di popolo pari a quella del 2012, sta investendo il governo del premier Mitsotakis. Tutto è iniziato all’indomani del terribile incidente ferroviario di Tempe, una vera e propria mattanza che nella notte del 28 febbraio, è costata la vita di 57 persone, per lo più studenti universitari che rientravano dopo il ponte della Quaresima ortodossa. Una carneficina causata da una disattenzione fatale: un operatore si è scordato di azionare il meccanismo di spostamento dei binari e l’intercity Atene-Salonicco si è schiantato con un treno merci che viaggiava sulla stessa linea.
Al di là delle colpe del singolo, una tragica ma diretta conseguenza del dissesto dei trasporti ferroviari greci, frutto avvelenato delle dissennate politiche economiche imposte dalla Commissione Europea e dal Fondo Monetario al Paese ellenico. Non a caso a manifestare non vi sono solo le variegate opposizioni — un disordinato mosaico di anarchici, vetero comunisti e sinistri assortiti — ma anche e soprattutto gente comune, donne e uomini di ogni età.
Una protesta trasversale che imbarazza il governo conservatore, suo malgrado erede della svendita a prezzi stracciati degli asset strategici della Grecia. Le responsabilità sono plurime: prima i socialisti del Pasok, poi il centrodestra e, infine, i populisti gauchisti di Syriza. Insomma, tutta la classe dirigente ellenica degli ultimi 30 anni. Su ordine degli eurocrati i vari governi hanno “regalato” il porto del Pireo ai cinesi di Cosco, i più redditizi aeroporti ai tedeschi di Fraport e (per soli 45 milioni di euro) i treni alle Ferrovie dello Stato italiane. Apparentemente un salto di qualità. Le F.S hanno immesso nuovi e più confortevoli convogli rilanciando così il negletto trasporto su ferro ma la gestione delle infrastrutture è rimasta all’azienda pubblica TrainOCSE, una combriccola d’incompetenti che ha dilapidato nel nulla i 700 milioni di euro ricevuti nel 2014 per modernizzare il vetusto sistema ferroviario nazionale e hanno preferito licenziare il personale, riducendolo ai 2500 effettivi ai miseri 700 d’oggi.
Un disastro pieno e, purtroppo, ora insanguinato che ha scatenato una protesta massiccia a cui il governo non sembra capace di dare risposte concrete. In Grecia si vota tra poche settimane e i poveri morti di Tempe peseranno assai sull’esito delle urne.