Mentre continua il rafforzamento dello schieramento militare siriano nelle province settentrionali controllate dal governo di Damasco – nuove unità della 25^ Divisione con carri e blindati sono state schierate a nord di Damasco -, si infittiscono le voci di un possibile accordo tra Siria e Turchia, grazie alla mediazione russa.
L’intesa vedrebbe il ritorno della regione di Manbij – o di parte di essa – sotto il controllo di Damasco, a seguito della ritirata delle forze curde. Condizione che soddisferebbe la richiesta di sicurezza di Ankara ed eviterebbe la fase terrestre dell’offensiva contro le Sdf in corso ormai da più di un mese.
Nelle ultime ore è circolata l’ipotesi di una “spartizione” della regione di Manbij lungo il tracciato dell’autostrada M4, destinata a segnare il confine tra l’area sotto controllo turco e quella controllata da Damasco.
Secondo fonti russe, Mosca avrebbe proposto il ritiro delle forze curde delle Sdf tanto da Manbij che da Kobani, così da consentire il ritorno delle regioni sotto il controllo del governo siriano ed eliminare alla radice i rischi per la propria sicurezza indicati da Ankara come motivo per la nuova offensiva nella Siria settentrionale.
Al momento il rientro delle forze siriane nelle regioni settentrionali è solo un’ipotesi, tuttavia testimonia sia dell’impegno russo nel tentativo di scongiurare il riacutizzarsi della crisi siriana, sia il mutato clima tra Ankara e Damasco: i due governi – archiviata l’ostilità nata con le primavere arabe del 2011 – hanno da tempo ripreso a dialogare alla ricerca di un accordo. Tanto che un incontro tra Erdogan e Assad sembra sempre più vicino.
A pagare il conto di un’intesa saranno quasi certamente i curdi, costretti a ritirarsi dalle regioni settentrionali per evitare lo scontro diretto con l’esercito turco. Curdi che, però, non sono esenti da responsabilità: più volte Damasco ha offerto loro la possibilità di lavorare ad un accordo, intesa sempre respinta al mittente.