Cresce di ora in ora l’impegno militare russo in Siria al fianco del governo legittimo di Damasco e gli equilibri sul campo iniziano finalmente a modificarsi. Le agenzie internazionali e gli analisti confermano che le milizie dell’ISIS (lasciamo perdere l’imbarazzante manipolo reclutato dagli americani: solo 4-5 “volonterosi”, secondo le cifre fornite dalla CIA al Congresso di Washington…) iniziano ad arretrare, allontanandosi da Aleppo, la seconda città siriana, e dalla capitale. La situazione resta in ogni caso complicata e l’annunciata riconquista di Palmira (luogo fortemente simbolico) non è per ora confermata.
In ogni caso, Pietro Batacchi, sull’ottima Rivista Difesa (RID), segnala che «grazie ad un gigantesco ponte aereo operato principalmente dai giganteschi cargo An-124 CONDOR ed alla spola delle navi russe tra il Mar Nero e la base di Tartus, il dispositivo militare russo si va rafforzando in quantità e qualità. Come RID vi aveva descritto negli ultimi giorni, la presenza russa in Siria si basa su 2 puntelli: l’hub di Mezzeh a Damasco e la base avanzata di Jableh a Latakia. In particolare in questa seconda base negli ultimi giorni sta prendendo forma progressivamente una robusta task force aereo-terrestre equipaggiata di tutto punto. Nelle ultime ore sono stati segnalati 12 aerei d’attacco al suolo Su-25 e 4 caccia multiruolo Su-30SM. I primi, che costituiscono i contraltari di produzione sovietica dell’americano A-10, sono appositamente concepiti per fornire supporto di fuoco alle truppe a terra. Sono equipaggiati con un potente cannone da 30 mm, bombe e razzi. Il Su-30SM, invece, è un moderno caccia multiruolo super-manovrabile che rappresenta un’evoluzione del Su-27 ottimizzata anche per le operazioni di attacco al suolo e che impiega un radar a scansione elettronica passiva in grado di scansionare il terreno e catturare immagini SAR (Sinthetic Aperure Radar) del terreno. Questi aerei hanno affiancato cacciabombardieri Su-24, si parla di un numero complessivo, per ora, tra i 4 e gli 8 esemplari, anche questi in via di dispiegamento a Jableh, e 6 MiG-31 (questi ultimi dovrebbero, invece, essere stati rischierati a Damasco/Mezzeh). I Su-24 sono cacciabombardieri biposto, sviluppati ai tempi dell’Unione Sovietica, con ali a geometria variabile ed ottimizzati per missioni d’interdizione e bombardamento a bassa quota. Sempre nella stessa base sono già stati segnalati anche una decina di elicotteri da trasporto Mi-17 e d’attacco Mi-24. Parallelamente, sta crescendo a dismisura anche il contingente terrestre di stanza a Jableh. Al momento sarebbe già stato dispiegato almeno un battaglione rinforzato di fanteria di Marina, 500-600 uomini, equipaggiato con carri armati T-90, almeno una quindicina, veicoli blindati trasporto truppe BTR-80 e BTR-82, una quarantina di esemplari, obici semoventi da 152 mm 2S3 e mortai semoventi da 120 mm 2S9».
La guerra di Siria è arrivata ad una svolta decisiva. Militare e politica. Per la prima volta dall’Ottocento — dopo la battaglia di Navarino e dintorni — le forze armate russe intervengono in modo aperto nel Mediterraneo. Si tratta di un salto di qualità storico: Mosca ha sempre minacciato un intervento nel “grande mare” e mai, men che meno durante la “guerra fredda”, lo ha attuato. La politica internazionale si basa sempre e solo sui rapporti di forza.
Oggi gli americani e loro alleati arabi (Sauditi e Qatar in primis) sono spiazzati, la Turchia di Erdogan rivede affacciarsi sulle sue frontiere “l’antico nemico storico”, l’Europa come al solito balbetta.
Israele, unica vera potenza militare dell’area e realtà pragmatica, ha subito aperto con lo zar una trattativa sulle prossime zone d’influenza nel Levante. Da posizioni di forza.