
Lo scenario è tutt’altro che incoraggiante. Il mondo sta cambiando velocemente e l’Occidente si è crogiolato troppo a lungo su equilibri illusori, operando scelte miopi (l’Europa) o perseguendo interessi geopolitici nel mero interesse nazionale (Stati Uniti). Guerre e focolai di tensione si sono moltiplicati. Il conflitto in Ucraina dura ormai da 20 mesi, l’Africa è una polveriera, tra terrorismo islamico, guerre civili e colpi di stato, mentre in Nagorno Karabakh è ripreso lo scontro etnico-religioso tra l’Azerbaigian musulmano e l’Armenia cristiana. Infine, la recente deflagrazione del Medio Oriente, con conseguenze imprevedibili. Ci è sfuggito qualcosa?
Viviamo su una polveriera, dove nessuno può sentirsi al sicuro. L’attacco di Hamas al cuore di Israele non ha dimostrato solo le spietate capacità militari della milizia integralista, ma anche che potenze regionali come l’Iran possano, con un minimo sforzo, mettere sotto scacco l’intero Occidente. A poco servono le azioni deterrenti (come le due portaerei Usa nel Mediterraneo) e le dichiarazioni roboanti in base alle quali Washington è in grado di sostenere anche un secondo conflitto dopo quello in Ucraina. Qui si tratta di andare alla radice dei conflitti, e non solo a quello israelo-palestinese. La nuova guerra fredda (anche se non pare più tale) è frutto di scelte geopolitiche che nulla hanno a che vedere con la difesa dei diritti e della democrazia. I centri del potere economico e finanziario perseguono obiettivi (e profitti) che molto spesso cozzano con gli interessi degli Stati e dei popoli occidentali. I governi non possono far altro che inchinarsi alle loro volontà (qualcuno crede che sia davvero Joe Biden a definire la politica estera della Casa Bianca?), con conseguenze devastanti per la stabilità mondiale e per le economie più fragili, come quella italiana e di altri Paesi europei. Lo abbiamo detto più volte: l’atlantismo (ormai pensiero unico) non è un baluardo dei diritti. Se così fosse avrebbe tutt’altro atteggiamento. L’Arabia Saudita, grande alleato degli Usa, è forse culla della democrazia? E la Turchia, addirittura membro della Nato, è forse patria dei diritti? E se si perseguissero diritti e democrazia perché abbandonare il popolo afgano al suo triste destino dopo 20 anni di illusione? La risposta è sempre la stessa: obiettivi geopolitici, interessi più grandi. Ma di chi? Quello che accade davanti ai nostri occhi è che finora poco è stato fatto nell’interesse nazionale ed europeo. La Russia, per esempio, uno dei principali partner commerciali di Italia e Germania, è diventato un nemico. A vantaggio di chi o di che cosa? Della libertà? E perché allora mantenere stretti rapporti con Paesi in cui la libertà è carta straccia?
Il filosofo Seneca scriveva: “Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sappia dove andare”. E l’Europa, che ha varato una nave (l’Unione) per la quale non ha mai tracciato una rotta, segue solo il vento (da Washington) senza sapere dove questo la conduca.
Possiamo anche dire che il ritiro dall’Afghanistan due anni fa, dopo aver fatto ripiombare il Paese in un buio medio evo, ha rinvigorito il mondo integralista, dimostrando, non importa a quale prezzo, che l’Occidente non è invincibile. Certo, non è stata la fuga da Kabul a determinare tutto, ma anche questa ha contribuito a riprendere la partita scacchi tra le potenze e a far risorgere in ogni dove le azioni jihadiste. Sponsorizzate e fomentate da Paesi che hanno ora un solo scopo: destabilizzare l’Occidente. E ci stanno riuscendo. Non solo scatenando conflitti a macchia d’olio, ma anche facendo crescere l’insicurezza nelle nostre città. L’azione terroristica di Bruxelles ne è la dimostrazione. E forse non sarà l’unica.
Ci siamo creati dei nemici e ora, come fossimo tonti, ci domandiamo perché. Il sanguinoso attacco di Hamas aveva un elevato obiettivo politico: dare un colpo mortale agli Accordi di Abramo, cioè fermare il positivo cammino delle trattative per normalizzare i rapporti tra Israele e i Paesi arabi. Che Hamas abbia capacità militari e sia in grado di mettere sotto scacco Israele è indubbio, visto quanto è accaduto. Ma la tempistica e il coordinamento degli attacchi da Gaza e da Sud del Libano, fanno capire che ci sia anche un regista che non mira solo allo Stato ebraico ma pure ai suoi alleati. E c’è anche chi, pur di destabilizzare l’Occidente, coglie l’occasione per approfittare politicamente di ogni nuovo conflitto. L’instabilità crea incertezza, volatilità dei mercati, prezzi inarrestabili delle materie prime, crescita dei tassi d’interesse e quindi impoverimento. L’incapacità di prevedere e prevenire che le tensioni sfocino in guerre aperte dimostrano che il nostro mondo è in declino, distratto da interessi particolari che ci spingono, indifesi e impreparati, su strade pericolose per la sopravvivenza.
Spiegatelo alla Meloni ! Lei di interesse nazionale (USA) se ne intende.