La vita dei cattolici cinesi prosegue all’ombra della persecuzione del governo di Pechino. I fedeli della Chiesa cattolica in Cina sono ufficialmente stimati in 4 milioni, ma contando solo gli appartenenti alla Associazione patriottica cattolica cinese, nata nel 1957 con lo scopo – da parte del regime comunista – di controllare le attività dei cattolici. A questa associazione si affianca la cosiddetta “Chiesa sotterranea”, composta da clero e fedeli (sarebbero più di 15 milioni) rimasti segretamente fedeli al Papa. Pechino e la Santa Sede, che non hanno rapporti diplomatici formali dal 1951 (dopo il riconoscimento di Taiwan da parte del Vaticano), hanno siglato un accordo provvisorio nel 2018 – rinnovato fino al 2024 – sulla nomina dei vescovi: sostanzialmente, quando Roma propone un candidato, Pechino si riserva di confermare il suo insediamento a capo di una diocesi. Come riportato da National Catholic Register, dopo il rinnovo siglato nello scorso ottobre, il Partito Comunista Cinese ha violato l’accordo per due volte. A novembre, il vescovo John Peng Weizhao è stato nominato vescovo ausiliare per la diocesi di Jiangxi, che non è riconosciuta come tale da Roma. Ad aprile, poi, il vescovo della diocesi di Haimen, mons. Giuseppe Shen Bin, è stato trasferito su disposizione delle autorità cinesi a capo della diocesi di Shanghai. Della decisione, il direttore della Sala Stampa Vaticana, Matteo Bruni, aveva riferito che la Santa Sede era stata informata solo pochi giorni prima, “apprendendo dai media dell’avvenuto insediamento”. La nomina del vescovo di Shanghai da parte di Papa Francesco è avvenuta sabato scorso, in un quadro ancora poco edificante per le relazioni Pechino-Santa Sede e per gli stessi cattolici cinesi.
L’accordo sino-vaticano – scrive ancora National Catholic Register – ha infatti coinciso con una maggiore persecuzione dei cattolici in Cina, con vessazioni crescenti verso la libertà di culto (anche nei confronti dei minorenni, a cui è vietata la frequentazione delle chiese) e i vescovi espressamente fedeli a Roma. Secondo l’ultimo rapporto ACS (Aiuto alla Chiesa che soffre), fondazione pontificia per i cattolici perseguitati, il livello di persecuzione in Cina ha subìto un sostanziale peggioramento negli ultimi due anni mediante arresti indiscriminati (come nel caso del novantenne Cardinale Joseph Zen), chiusura forzata delle chiese e uso di sistemi di sorveglianza oppressivi. Per fare un esempio, nella provincia di Henan (Cina centrale), il dipartimento religioso del governo ha deciso di regolamentare la vita dei fedeli attraverso un’applicazione chiamata “smart religion”, letteralmente “religione intelligente”, ovviamente nel senso dell’intelligenza artificiale. Come svelato a marzo da ChinaAid, tutti i credenti (compresi i musulmani e i buddisti), “devono ora scaricare l’applicazione, compilare tutti i campi personali che li riguardano – nome, età, numero di telefono, numero di identificazione imposto a tutti i cittadini dal governo, professione, residenza, ecc. – e, dopo un ultimo test della temperatura che dovrebbe dimostrare che non si è affetti da Covid 19, l’iscrizione sarà convalidata da un codice QR che dovrà essere necessariamente presentato prima di varcare la soglia della chiesa parrocchiale”. Attraverso un soffocante controllo sociale, il regime comunista cinese prosegue il suo piano di “sinizzazione” delle religioni adottato nel 2015 da Xi Jinping. E non c’è accordo che tenga se all’occhio di Pechino non si può sfuggire.