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I cattolici in politica? Una specie in via d’estinzione

di Domenico Bonvegna
17 Febbraio 2021
in Home, Pòlis
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I cattolici in politica? Una specie in via d’estinzione
       

Trovare dei cattolici impegnati e determinanti in politica è una merce rara, tra poco bisognerà andare per trovarli nel programma “Chi l’ha visto?”. La nascita del nuovo governo Draghi, ha ulteriormente certificato, se ne ce fosse stato bisogno, l’inconsistenza politica dei cattolici. Non è da ora che i cattolici non hanno più quel “peso” politico di un tempo. Del resto da quando si è scoperto che il cattolicesimo italiano non è più maggioritario nel Paese, (la prova, la sconfitta dei referendum sul divorzio e l’aborto) e con la fine del cosiddetto partito cattolico, la strategia politica dei cattolici è necessariamente cambiata.

A partire dal Convegno ecclesiale di Loreto nel 1995, con la felice intuizione del card. Camillo Ruini, chiusa l’esperienza della DC con la Prima Repubblica, «non poteva terminare l’impegno culturale e politico dei cattolici: doveva assumere forme e modalità operative differenti, più faticose ma nei fatti più incisive. Consapevole che il cattolicesimo italiano già 30 anni fa non era più maggioritario, egli lo ha reso egemone su temi fondanti, aggregante rispetto a sensibilità non confessionali, ascoltato e tutt’altro che elitario, se è vero che la legge 40 è stata difesa nel 2005 dall’aggressione referendaria, e quindi che vi era il consenso popolare». (Alfredo Mantovano, Senza indugi i laici facciano la lotta politica, 6.2.21, centrostudilivatino.it)

Il cardinale Riuni intorno ai principi non negoziabili è riuscito a coagulare, con fatica, cattolici, di diversi partiti. In particolare Mantovano pone l’attenzione sulla  strategia politica del cardinale, in occasione della Legge 40, del febbraio 2004, che pose ragionevoli argini alla fecondazione artificiale, riconoscendo – per la prima volta nell’ordinamento – il concepito quale soggetto di diritti. Allora i cattolici sono riusciti a giocare all’attacco.

Sostanzialmente Ruini metteva in pratica il richiamo di S. Giovanni Paolo II ad aprire, anzi a spalancare, a Cristo “i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo”. In questo modo il cardinale riunendo tutti i cattolici impegnati in politica, al di là degli steccati partitici,  ha ottenuto attenzione e risultati. Il suo metodo di lavoro era quello di non porre nessun partito in «una posizione di preferenza, poiché partiva da comuni presupposti antropologici, non declamati in slogan ma scientificamente articolati col supporto di uomini di cultura e di scienziati, per giungere alla loro coerente traduzione in proposte e in leggi: la legge 40 è nata così, dopo sette anni di lavoro condiviso al di là delle coalizioni». Anche se naturalmente si poteva fare di meglio secondo Mantovano.

Questa era la situazione sociopolitica dei cattolici, poi è arrivato il primo dei Family day, nel 2007, con il coinvolgimento formale della realtà ecclesiale, quindi gli altri due Family day del 2015 e del 2016, questa volta senza nessun appoggio formale dei pastori. Questi eventi per Mantovano, rappresentano, l’ultima modalità di presenza pubblica dei cattolici italiani. Ma già in questi ultimi dieci anni il peso politico dei cattolici italiani si era affievolito. «Nonostante il prezioso magistero di Papa Benedetto sul rapporto tra fede, cultura e politica», che cosa era accaduto? Si chiede l’esponente di Alleanza Cattolica. A questo punto occorre interrogarsi: Si può rendere di nuovo operativo il lavoro ben curato dal card. Ruini?

Certamente si. Attenzione però, devono essere i laici cattolici in autonomia a prendersi le responsabilità per operare nelle questioni sociali, «senza attendere deleghe o indirizzi, perché tanto non arrivano». I “vescovi-pilota” non esistono più. Del resto sull’impegno sociale dei laici, abbondano i documenti del Concilio Vaticano II e la ricca Dottrina sociale della Chiesa. Anche la nostra Storia ci viene sufficientemente in soccorso.

«Quando le armate di Bonaparte si allungarono verso Est e verso Sud per esportare la Rivoluzione, i capi fuggirono. Rimasero i popoli: che non si arresero all’imposizione di un regime che calpestava quel che costituiva l’essenza della loro vita quotidiana. E quando, poco meno di 80 anni fa, all’epilogo di una guerra che aveva ridotto in macerie le nostre città, il re dell’epoca se la diede a gambe, lasciando esercito e Nazione senza un comando, furono ancora le popolazioni italiane a prendere in mano il proprio destino e ad animare la ricostruzione, nonostante i lutti e le divisioni. Nella profonda diversità fra le epoche, il dato comune è che viene il momento in cui o te la vedi senza aspettare ordini e permessi, o con la tua inerzia accetti la corresponsabilità della rovina». Pertanto se non ci sono altri che si assumono le responsabilità, o addirittura passano dall’altra parte, tocca a noi, «mostrarsi uomini; di fiduciosa preghiera, ma anche di azione responsabile, in un momento di così accentuata irrilevanza, e quindi di sacrificio. Il nostro, non quello degli altri».

In un editoriale dell’ultimo numero della rivista Cristianità, Marco Invernizzi, invitava i cattolici a sconfiggere la mediocrità e l’indifferenza. «Vi è una tentazione che incombe soprattutto su chi da anni sostanzialmente combatte la stessa battaglia, quella con cui il diavolo suggerisce che è tutto inutile, che si sta perdendo tempo».  Per Invernizzi, occorre sconfiggere lo «scoraggiamento, che genera come conseguenza la mediocrità, quasi un escludersi dalla storia e dalla battaglia, rifugiandosi nel privato». Anche se venissero a mancare i capi o le forze politiche disponibili a combattere per i nostri valori, ci rimarrebbe lo stesso, un lavoro immenso da fare. Pensiamo come è nata la cristianità occidentale. «Quanti uomini, quante generazioni sono stati necessari per portare la fede cristiana dentro il cuore dei popoli europei?»

Tags: Alfredo MantovanoChiesa cattolica
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