Sull’ennesimo cruciale momento della politica nazionale, dal 2018, dalla nascita dell’infausto e finanche grottesco governo gialloverde a oggi, le ombre hanno prevalso e stravinto sulle luci introvabili, si sono cimentati 2 giornalisti ed uno studioso, le cui tesi si sono distinte senza soverchia fatica.
Aldo Cazzullo vede la Meloni, che riconosce leader, carente nella classe dirigente del suo partito, inesistente sul terreno culturale, mentre una invasione di campo da parte di Salvini con la trasformazione del suo raggruppamento da federalista a “nazionalista”. Si tratta di un’opinione assolutamente contestabile dal momento che l’autocrate della Lega ostenta in ogni occasione il simbolo vetusto e mai rinnegato del leggendario Alberto da Giussano e che i suoi seguaci, in base locale, provengono nelle regioni centrali e meridionali tutti da altre militanze (v. il caso eclatante pugliese).
Massimo Franco, dal canto suo, segnala sempre più tangibili di disunione nella maggioranza mentre individua disarticolazioni nell’opposizione, minata dai giochini di Berlusconi. Prende a campione del momento (?) equivoco, incerto e al solito inconcludente, una uscita di Di Maio , dalla quale è possibile concludere che “oggi più che mai la tenuta sociale e la ripresa economica dell’Italia dipendono da quanto dimostrerà di saper fare un governo al quale è vietato il narcisismo della popolarità” ma al quale sono consentiti di nuovo atti prevaricatori e prepotenti.
Come è naturale e scontato, di un ben altro livello è l’intervento di Sabino Cassese. Il maestro di diritto amministrativo apre con una considerazione, che sarebbe dispiaciuta al padre, Leopoldo risorgimentista. L’ex giudice della Corte Costituzionale considera erroneo l’orientamento prevalente sulle infrastrutture ferroviarie, reputate decisive per l’unità nazionale, e non per i loro benefici effetti sull’economia, all’epoca un concetto vago e da pochissimi posseduto.
Trasferendo il discorso al momento attuale, è impossibile, al limite addirittura assurdo, negare che oggi “né le forze politiche né le grandi organizzazioni rappresentative dell’economia hanno un progetto, e o rimangono in silenzio o fanno proposte disparate, ma senza un ideale o un obiettivo di fondo. Si capisce che così anche il governo [disorganico, disarmonico, con elementi più che mediocri — Azzolina e Bonafede primi — posti alla guida di dicasteri guida] si muova al buio”.
L’editorialista ancora centra l’obiettivo non confutabile, ma efficace flash, sancendo una sacrosanta sconfessione e una strameritata bocciatura delle forze politiche, tutte “oggi alla ricerca di programma”, della società “senza ideali”, dello Stato “incapace di agire” e delle grandi organizzazioni di categoria, prive di una progettualità logica e pratica di fronte all’ “ingente quantità di risorse”.